Impossible Burger: l’hamburger del futuro prodotto nei laboratori della California

14 Lug 2017, 15:00 | a cura di

Il sapore viene riprodotto con l’eme, consistenza e sostanza con le proteine di grano e patate, i grassi provengono dall’olio di cocco e dalla soia: è l’Impossibile Burger, l’hamburger 100% vegetale prodotto in laboratorio dalla Impossibile Food, startup che promette di rivoluzionare il futuro della carne.


Un hamburger 100% vegetale, l’Impossibile Burger

Non sono alimenti per vegetariani, ma per tutti: l’hanno spiegato già diverse volte Patrick Brown e Josh Tetrick, i due ideatori di Impossible Food, l’azienda di Redwood City, California, che vuole “eliminare una colossale inefficienza”: quella della carne ottenuta da animali che hanno mangiato piante. E passare, così, “direttamente dalle piante alla carne”, bypassando l’allevamento.

In un articolo apparso sul Venerdì di Repubblica l’inviato Riccardo Staglianò sperimenta in prima persona l’assaggio, raccontando il processo che ha portato a ideare l’Impossible Burger. Pat Brown e Josh Tetrick spiegano: “Non vogliamo fare proselitismo per il veganesimo, ma dare a tutti la possibilità di mangiare carne prodotta in laboratorio, con tutte le caratteristiche della carne vera, ma con un notevole taglio all’inquinamento e allo spreco di risorse”. Il primo è un 60enne biologo di Standford, fondatore della start up; il secondo è un 35enne ex borsista Fullbright, proprietario della Hampton Creek, azienda con cui ha prodotto in laboratorio il “neouovo”, creato con preparati prodotti a partire da proteine del pisello giallo canadese e da una varietà statunitense di sorgo: un esperimento che ha attirato diverse critiche in passato.

Non sono certo i primi a intraprendere questa strada: l’idea di produrre cibo a impatto ridotto annovera diversi esempi, fra cui Modern Meadow, che stampa in 3D le bistecche sintetiche, Beyond Meat, Bright Farms, Unreal Candy, Nu-teck Salt. Una prospettiva, quella di ricreare in laboratorio sapori, consistenze e aromi, perseguita anche dalla cucina Note by note, che però al momento, si limita al campo degli aromi.

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Gli ingredienti dell’Impossible Burger

Ma com’è fatto esattamente l’Impossible Burger? Il primo ingrediente fondamentale per riprodurre la consistenza di un hamburger sono le proteine che vengono estratte dal grano e dalle patate, mentre per riprodurre sapore e, in particolare la parte di emoglobina che contiene ferro, si usa l’eme: dà al burger il colore rosso e il tipico sapore metallico derivato dal sangue dell’animale. Proprio questo uno degli aspetti più criticati: l’eme, infatti, viene estratto da batteri che vivono in simbiosi con alcune piante - il giornalista del Venerdì fa l’esempio degli agretti - ed è modificato in laboratorio a livello genetico per aumentare la concentrazione e modificarne la consistenza.

 

L'impossible burger della Impossible food: un burger 100% vegetale creato in laboratorio, identico a quello tradizionaleL'impossible burger 

 

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Nell’elenco degli ingredienti base compaiono ancora emulsionanti come xantano e konjac, per ricreare la compattezza delle fibre, e infine i grassi, quelli che fanno “sfrigolare l’hamburger durante la cottura”, riprodotti a partire da cocco e soia. E Staglianò non si fa mancare la degustazione: al primo assaggio non percepisce differenze, al secondo però qualcosa nell’armonia del prodotto si incrina, tanto da spingere il giornalista a descriverne il sapore come “stonato”, senza riuscire però a spiegare bene perché (“l’unica cosa che mi ricorda è il dado per il brodo, ma è un’approssimazione”, racconta sul Venerdì).

I proprietari della startup promettono che riusciranno a scardinare i “vecchi sistemi” per produrre carne, ma sono diverse le critiche piovute in questi anni su progetti simili: troppo enfatici rispetto ai risultati, troppo distanti dalle esigenze di alimentazione quotidiana, di difficile realizzazione a livello economico.

Ed è proprio qui che si apre la voragine del dubbio: mettendo da parte le caratteristiche organolettiche - sicuramente migliorabili - e il discorso etico che vede la cucina come deposito di un patrimonio inestimabile - si pensi alle ricette antiche, alle pratiche rurali di macellazione, ai legami e alle relazioni che la cultura della carne ha creato - la cosa evidente è la sproporzione fra intenti dichiarati dagli ideatori e realtà effettiva. Lo scopo dichiarato della startup, infatti, è cambiare le abitudini della gente, “impiegando il 95% di terra e il 75% di acqua in meno” per produrre carne, e farlo con due elementi decisivi: “quello del sapore e quello del costo”. E dato che, attualmente, l’hamburger viene venduto alla modica cifra di 18 dollari, ci sembra che i risultati raggiunti fin ora siano ben lontani dagli obiettivi prefissati.

Un’ultima considerazione: siamo davvero sicuri che creare carne per una popolazione mondiale in costante crescita a partire dalle piante sia davvero così sostenibile, in un’ottica di equilibrio globale delle risorse prodotte sul pianeta?

 

a cura di Francesca Fiore

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