Partito dalla Sicilia e approdato nelle colline della Val d'Elsa, Gaetano Trovato ha creato uno dei tempi più solidi della cucina italiana: nella realizzazione dei piatti, ma soprattutto nella capacità di formare i giovani chef che sono diventati i protagonisti della nuovissima cucina italiana. Mentre lo chef sta preparando la nuova spettacolare sede del suo ristorante Arnolfo, abbiamo indagato le sue doti di autentico “maestro”, con una mappa e con i pensieri dei suoi allievi migliori.
Gaetano Trovato
Che lo chef Gaetano Trovato sia uno dei maggiori artefici della grande cucina italiana è inconfutabile da decenni. Come un signore rinascimentale con modi da mecenate, accoglie ogni giorno i suoi ospiti nel suo palazzo nel centro storico di Colle Val d’Elsa, tra i dolci declivi della provincia senese. Una casa in cui regna l’eleganza, data anche da certi dettagli che insieme alle persone rendono un luogo unico e accogliente. Tra i lampadari di cristallo Baccarat, gli immensi quadri con le fotografie di Nicola Bertellotti, i mobili antichi, spiccano fiori freschi ovunque, una delle passioni di Giovanni, fratello dello chef e suo alter ego in sala e che prima di raggiungerlo ad Arnolfo nel 1988 ha vissuto per 22 anni in Olanda. “I fiori sono un mio pallino, ci arrivano freschi e sono uno dei nostri elementi caratterizzanti, ricordano la casa in cui siamo cresciuti da bambini, e danno eleganza. Sono un gesto di amore e gentilezza”.
Arnolfo – Casa
La casa. Sì, perché è così che i fratelli Trovato definiscono il proprio ristorante Arnolfo – nome che vuole omaggiare l’architetto duecentesco Arnolfo Di Cambio originario proprio di Colle Val d’Elsa – ma anche perché tale è stata in passato quando sono arrivati qui con la madre Concetta da Scicli. “È qui che nostra madre nel 1978 ha iniziato a lavorare in una trattoria come cuoca, e fino a due anni fa ci aiutava in cucina a fare la pasta fresca”racconta ancora Giovanni Trovato. Una donna forte, che ha abbandonato la propria terra – in tutti i sensi: a Scicli lavorava in un’azienda agricola – reinventandosi una vita e un lavoro e contemporaneamente portando avanti una severa educazione per i figli. Ma è grazie a tanta amorevole severità che Gaetano ha tracciato il proprio percorso partendo dal diploma alberghiero e attraversando le folgoranti cucine di chef del calibro di Roger Vergé – uno dei padri della nouvelle cuisinee ideologo della cuisine du soleil, fondamentale per il successivo pensiero di Trovato – nel provenzale Moulin de Mougins, e Gaston Lenôtre – maître patissier amico e sodale di Vergé – ma anche di Angelo Paracucchi nell’omonima Locanda di Ameglia.
La storia degli inizi
Erano anni rivoluzionari quelli tra i '70 e gli '80, anni in cui la Francia tracciava un percorso alternativo ai dettami rigidi di Escoffier, per cui la nouvelle cuisinefaceva scalpore per i suoi principi di eleganza, leggerezza, cotture rapide e ingredienti stagionali, imponendosi rapidamente come nuovo modello di riferimento grazie a chef come Bocuse, i fratelli Troisgros, Chapel, e lo stesso Vergé. E l’Italia non stava a guardare: Marchesi ne aveva capito il potenziale abbracciandone il pensiero che dal 1977 aveva concretizzato in via Bonvesin de la Riva conquistando la critica e guadagnando riconoscimenti. E a fare da controcanto c’era la Linea Italiana in Cucina, “una straordinaria operazione di restaurazione gastronomica”, come l’hanno definita i critici Trabucco e Bolasco, un’associazione di ristoratori uniti nell’intento di riportare in auge e valorizzare i piatti della cucina regionale, “nel rifiuto di una creatività intesa come estrosità e sperimentalismo pasticcione”. E poi c’erano gli outsider, chi sfuggiva alle classificazioni restando talvolta nella periferia della Storia, come nel caso di Angelo Paracucchi, pioniere e precursore di tanta cucina di oggi che meriterebbe di essere rivalutato, fautore di quella nuova cucina mediterranea che predilige il vegetale, il pesce e soprattutto l’olio extravergine d’oliva al posto degli allora dominanti grassi animali, in nome di una concezione salutare, digeribile ma mai priva di sapore. È questo l’alveo in cui prende forma la personalità di Trovato e che ancora oggi si riverbera nel suo pensiero di cucina che si staglia saldamente tra queste coordinate tridimensionali: semplicità, eleganza e toscanità. Una cucina che da sempre poggia sulla materia prima, indagata e auscultata con rispetto e classe. Eppure tanta continuità di valori non significa staticità. Da quel 1984 in cui Arnolfo ha trovato la sua attuale dimora, sono arrivati riconoscimenti – le due stelle Michelin, la prima nel 1986, e la seconda nel 1997, le tre forchette del Gambero Rosso, il premio Chef Emergente del Gambero Rosso, le tre stelle di Veronelli, la menzione “Eccezionale” sulla Guida Espresso – che hanno sancito ogni volta la ricerca sul duplice asse della cucina e dell’accoglienza.
Un Arnolfo tutto nuovo
E a distanza di 34 anni sono già iniziati i lavori che nel marzo 2020 porteranno all’apertura di una nuova sede. “Tutto l’Arnolfo è in fibrillazione per questa nuova avventura. Questo nuovo progetto è il raggruppamento di idee e concetti estirpati dai miei 35 anni di attività, soprattutto per quanto riguarda la comodità sul posto di lavoro. Il lavoro in cucina è già molto pesante, il mio fine principale è poter creare un buon ambiente per me, la mia famiglia e per tutti i ragazzi che vorranno condividere la passione per il cibo in futuro. Il mio amore per l’architettura, che ha sempre influenzato il mio modo di fare cucina, ha avuto la possibilità di esprimersi al 100%. Insieme al team di architetti che mi sta seguendo, ho disegnato una struttura moderna, che allo stesso tempo rievoca la storia di Colle Val D'Elsa: la torre, infatti, è in onore allo scultore e architetto Arnolfo di Cambio. Proprio come per il passato, abbiamo deciso di avere un occhio per il futuro, creando una struttura ecosostenibile, la struttura è in cristallo e corten, materiale illimitatamente riciclabile. Ilriciclo evita il consumo di altro petrolio e la diminuzione del carico ambientale e delle emissioni di CO2. In un momento come questo, ci è sembrato più che doveroso porre più attenzione alla salvaguardia ambientale. Sono contento inoltre di esser riuscito a ricavare un laboratorio separato, dove poter mostrare e insegnare al meglio ai ragazzi la lavorazione della materia prima. La linea guida di Arnolfo rimarrà sempre la stessa, è quello che siamo, quello che ci piace fare, ma sono convinto che questo sarà uno stimolo ulteriore a dare il meglio di noi”. “Finalmente, dopo tanti anni di duro lavoro, sono riuscito a creare “il ristorante dei miei sogni” – racconta impetuoso Gaetano Trovato – quello che sognavo quando ho iniziato questo lavoro, che riesca, insomma, in colpo d’occhio a trasmettere la mia filosofia”.
Un cuoco insegnante
Sono tanti i punti di forza di questa realtà, ma c’è un aspetto nella personalità di Gaetano Trovato che lo rende davvero unico. In un anno in cui mai come prima la riflessione di critici e addetti ai lavori si è concentrata sull’importanza dell’ospitalità e della necessità di creare un team affiatato non solo sul piano professionale ma anche personale, e in cui Massimo Bottura ha fatto del fattore umano la propria bandiera spandendone il verbo ai quattro venti, è il momento di evidenziare quanto questo valore da sempre accompagni la pratica ed il lavoro di chef Trovato. “Sono certo che ogni chef del mondo sia concorde sul fatto che i ragazzi che abbiamo il piacere di avere nelle nostre cucine diventano come dei figli per noi. Rivedo in loro la voglia e la determinazione che avevo io alla loro età, all’inizio di questo lungo viaggio che mi ha accompagnato per gran parte della mia vita. Questo è un lavoro molto duro, fatto di grandi sacrifici, ma se una persona riconosce che potrebbe essere la propria via, non deve esitare un momento e lavorare duro per raggiungere la gratificazione personale, che è, a mio avviso, la più pura e intensa soddisfazione possibile”. E tutti oggi convengono sul fatto che Trovato sia non solo un grande chef, ma anche un grande maestro, inteso anche nel senso più autenticamente didattico del termine, capace di dare insegnamenti fondanti ma non dall’alto, in una direzione univoca, bensì traendone a sua volta importanti spunti di riflessione e crescita collettiva.
a cura di Sara Favilla
foto di Lido Vannucchi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di ottobre del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate il racconto completo con un'utile timeline che mostra tutte le tappe fondamentali della vita professionale dello chef Trovato. Un servizio di 10 pagine che include anche dei focus sui suoi dieci allievi più conosciuti, da Eugenio Jacques Boer a Matteo Lorenzini, da Simone Cipriani a Filippo Saporito.
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
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