Investimenti pazzeschi hanno già radicato solide realtà, molti sono in arrivo sulla scia di Expo. Una tendenza che giunge in ritardo rispetto alla Francia che già da fine ‘800 lanciò Escoffier al Ritz. E arriva anche dopo i fasti romani di Heinz Beck alla Pergola del Rome Cavalieri.
Ma ora nel capoluogo lombardo si fa sul serio: business e leisure s’alleano e il fine dining affascina sempre di più. Sul numero di dicembre del Gambero Rosso abbiamo fatto un excursus storico sulla ristorazione d'albergo a Milano, descrivendo la crescita negli ultimi anni. Qui un'anticipazione.
La prima stella per un albergo di lusso è del 2012
Per tutto il Novecento, Milano e l’alta ristorazione d’hotel sono due rette parallele: non si incontrano mai. Per avvertire i primi bagliori, occorre attendere il novembre del 2012, praticamente ieri, l’anno in cui la Guida Michelin assegna una stella al ristorante Vun di Andrea Aprea, ingemmato nel Park Hyatt a tre passi dalla Galleria. È la prima in assoluto per un albergo di lusso in città. Gioia e gaudio, ma c’è poco da gioire se si pensa che già nel 1933 la leggendaria Pyramide di Fernand Point a Vienne vantava già 3 stelle. E così, pochi anni dopo, l’Auberge du père Bise a Talloires-Montmin o la Côte d’Or di Saulieu.
Per tacere del fatto che nel 1889, mezzo secolo prima ancora, la proprietà del Savoy di Londra chiese a Cesar Ritz di farne l’hotel migliore al mondo. L’albergatore svizzero pensò subito che doveva portare con sé Georges Auguste Escoffier, il provenzale che avrebbe rivoluzionato la cucina del Novecento, e non solo quella degli hotel (sulla magnifica liaison di Ritz & Escoffier si legga il volume recente di Luke Barr).
Storicamente, gli hotel in Francia sono regge, corti complesse, cittadine fatate che incantano la città con la loro ospitalità eccellente, unita a una ristorazione degna di questo nome. Una lezione che Roma ha appreso prima di Milano (La Pergola di Heinz Beck ha il massimo dei voti nelle guide da anni) agevolata certo dalla sua identità di città d’arte, percorsa cioè da gente che si trattiene a lungo per vivere una favola, con l’esperienza a tavola che non può fare eccezione. Non come i clienti d’albergo della metropoli del Nord, manager d’azienda storicamente inclini a dare forchettate distratte, concentrati più che altro a tirare giù il prezzo della merce, schiacciare un pisolino e tornare velocemente a casa.
La crescita di Milano negli anni duemila
Ma il nuovo millennio testimonia di un cambiamento di pelle importante: chiuse diverse industrie e indebolito lo strapotere del manifatturiero, Milano ha cominciato a sviluppare il terziario e i servizi, a fasciare di luce le sue bellezze nascoste. A sviluppare il turismo d’alta fascia e il leisure (il tempo libero degli anglosassoni) un’inedita vocazione amplificata da Expo. Un dato è eloquente: nell’ultimo ventennio sono nati in città più hotel a 5 stelle che in tutto il secolo precedente.
E il quadro è ancora molto parziale, se consideriamo il dedalo di aperture imminenti, alimentato dagli appetiti crescenti delle grandi catene alberghiere del mondo. Per prevalere in uno scenario di concorrenza sempre più agguerrita, la ristorazione gioca un ruolo fondamentale. A patto di non sottovalutare la complessità del segmento perché, sappiamo bene, un conto è parlare di alta ristorazione, un altro di alta ristorazione d’hotel.
Ristorazione d’hotel? Un mondo a parte
“Sono due mestieri completamente diversi – sottolinea il napoletano Andrea Aprea, uno che ha lavorato quasi solo negli alberghi – Il ristorante gastronomico è solo un aspetto di una macchina complessa che va dalle colazioni agli eventi, dal lounge bar al room service… Credo che la nostra scelta vincente sia stata quella di chiudere il ristorante gastronomico a pranzo. Nel centro di Milano, sono troppo diverse le necessità del cliente di mezzogiorno da quello della sera; non potevamo offrire due carte distinte per i due pasti. Abbiamo allora cominciato a separare le offerte in due ambienti diversi e lentamente, a testa bassa, disegnato un’identità precisa al Vun, non solo nella linea di cucina ma anche negli arredi. Volevamo offrire sempre più un’esperienza e non un semplice pasto”.
Nel frattempo, novembre 2017, le stelle sono raddoppiate, due come due sono le forchette che assegna il Gambero Rosso con una valutazione di 88, a pochi passi dall’empireo delle Tre Forchette: “Nell’ultimo anno abbiamo il 15% di gente in più che prenota contemporaneamente la stanza e il tavolo al Vun”.
Viene dal sud anche l’altro asso della ristorazione d’albergo cittadina, il pugliese Antonio Guida, al timone del Seta al Mandarin hotel, altre due stelle Michelin arrivate in tempo record dopo l’apertura dell’agosto 2015, l’estate di Expo, e Tre Forchette piene sul Gambero Rosso. Un altro asso dell’hotel-food, insieme a Niko Romito, la fresca new entry più importante nell’hotellerie cittadina di pregio grazie all'accordo con Bulgari.
Per leggere tutta l'inchiesta, sfogliate il numero di dicembre del Gambero Rosso.
a cura di Gabriele Zanatta
disegni di Marcello Crescenzi
QUESTO È NULLA...
Nel numero di dicembre del Gambero Rosso, in questi giorni in edicola, trovate l'indagine completa con la testimonianza di Nicola Ultimo, al Park Hyatt dal primo giorno di apertura (2003). Un servizio di 11 pagine che include anche una timeline che mostra l'evoluzione del settore a Milano, dal 1863 a oggi, i pro e i contro della ristorazione d'albergo secondo Giancarlo Morelli, una mappa che mostra tutte le tavole d'albergo premiate dalla guida Ristoranti d'Italia 2019 del Gambero Rosso, e ancora i progetti futuri sempre a Milano.
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