Caramelle. I ricordi d'infanzia dei grandi cuochi

6 Gen 2019, 13:30 | a cura di
Abbiamo chiesto a 7 grandi chef quali ricordi li lega alle caramelle e quali piatti, ispirati a queste, hanno messo in carta.

Nel mensile di dicembre del Gambero Rosso abbiamo fatto un'indagine tutta dedicata al mondo delle caramelle, nella quale abbiamo chiesto a 7 chef di dirci quali ricordi e quali proposte in menu sono legate a questi dolciumi.

Andoni Aduriz, chef

Andoni Aduriz

Il pensiero: “Per noi le caramelle sono un elemento estremamente creativo per il quale la forma e il contenuto non devono per forza coincidere. Pensateci, possiamo andare in un negozio di caramelle e comprare un coccodrillo blu al gusto di ananas! E nessuno se ne sorprende”.

La proposta: Al Mugaritz ha servito un piatto ispirato alle caramelle, si chiamava “Beef candy” ed era una grande gommosa a forma di testa di mucca fatta con brodo di carne, grasso, vino dolce e sciroppo di zucchero: l’aspetto e il colore suggerivano qualcosa di dolce, il sapore rimandava alla carne. “I clienti lo consideravano un piatto davvero sorprendente, ma in realtà non lo era. Ci abbinavamo un bicchiere di vino, per sottolinearne la dolcezza”.

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Il ricordo: “I miei mi davano cinque pesetas con cui potevo comprarne un bel po’. Di solito optavo per una gomma da masticare e delle caramelle verdi ricoperte di zucchero alla menta, con un cuore di liquirizia nera. Adoravo la combinazione di questi due sapori, non le ho mai ritrovate. Tra quelle più interessanti che ho assaggiato da adulto ci sono dei pescetti dolci mangiati in Giappone, rendono bene l’idea che la percezione culturale del dolce varia in ogni Paese”.

 

Corrado Assenza, pasticcere

Corrado Assenza

Il pensiero: “Non è facile fare caramelle a livello artigianale, e non so se l’idea di una caramella “gourmand” abbia un senso commerciale. Richiederebbe impianti costosi o lavorazioni lunghe e complesse. Sarebbe interessante riprendere il discorso delle melasse, lavorando su freschezza, pulizia di gusto e una dolcezza non zuccherina. Ma bisognerebbe stare attenti a non usare temperature troppo alte che bruciano zuccheri e aromi, usando appunto strumenti complessi e costosi”.

La proposta: “Quando ero giovane, con il mio maestro ci cimentammo nella preparazione tradizionale delle mitiche caramelle di carruba: bisogna estrarne gli zuccheri con un procedimento lento, condotto da mani sapienti, fino a ottenere il mosto di carruba cui si aggiunge lo zucchero. Una volta si faceva cuocere a fuoco di legna per 4 giorni e 4 notti, facendo i turni. Oramai non ha più senso, in pochissimi ne apprezzano ancora il gusto”. Oggi, con il mosto di carruba Corrado prepara invece dei frollini o un dessert squisito, il Paesaggio Ibleo: pan di Spagna di mandorle, mousse di carrube e cioccolato e ganache di cioccolato e olio extravergine d’oliva

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Il ricordo: “Da piccolo mi piacevano molto le Sanagola, che scoprii con grande stupore, le mou e le gloriose Rossana che hanno segnato l’infanzia di tutti noi. Sono cresciuto in un contesto in cui le caramelle le facevamo in autunno e inverno, quando mancava l’elettricità e bastava un po’ di fuoco per scaldare lo zucchero. La mia è una memoria ancestrale, direi. Ma non così remota, a pensarci bene”.

 

Roy Caceres, chef

Roy Caceres

Il pensiero: “Ho cercato spesso di fare delle caramelle al ristorante ma non è facile, non amo le dolcezze troppo marcate a fine pasto. Se oggi dovessi immaginarne una, giocherei con qualcosa di aromatico e sul contrasto dolce-amaro di erbe come achillea, assenzio o ruta. Mi piacciono molto gli odori della macchia mediterranea; mia moglie è sarda, sono molto legato a quella terra e ai suoi aromi come il lentisco, di cui uso un olio buonissimo che mi ricorda le passeggiate in spiaggia a Sant’Antioco. Sarebbe bello usarlo per farci una caramella”.
La proposta: Nella piccola pasticceria del Metamorfosi, tra i vari assaggi c’è anche un patè di frutta dalla consistenza appena gommosa, riprodotta usando insieme pectina e agar agar. “Non è elastica come un orsetto ma si taglia con i denti”.

Il ricordo: “Da piccolo adoravo delle caramelle a metà tra le gommose e le gelatine che vendevano in Colombia, sfuse. Andavo al negozio coi venti pesos che mio nonno mi dava e ne compravo un sacchetto. Che svuotavo subito. Per me le caramelle sono sempre state una droga e ho pagato questa passione con infinite visite dal dentista, ancora oggi ne ho una paura matta! Le ho dovute eliminare, l’unica deroga me la concedo al cinema, ne compro almeno un etto e mezzo prima di sedermi davanti allo schermo”.

 

Moreno Cedroni, chef

Moreno Cedroni

Il pensiero: “Non ho mai lavorato in maniera specifica sulle caramelle, forse perché mi sembra una cosa già approfondita dall’industria che non serve prenderla in considerazione dal punto di vista gastronomico. Se mi chiedessero di studiarne una la vorrei non troppo dolce, con un po’ di salato e di piccante: per esempio una al gusto lime e peperoncino, con un pizzico di sale”.
La proposta: Una gelatina in cui viene messa in evidenza la parte croccante dello zucchero, la “Regina di Cuori” è l’ultima pralina della piccola pasticceria della Madonnina del Pescatore, dedicata ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Ha la forma di un cuore alla rosa e pepe rosa che viene messo nell’essiccatore per cinque giorni per farne disidratare la superficie restituendo il crock di una caramella.
Il ricordo: “Mia madre aveva sempre una scorta di Rossana: non erano le mie preferite, erano troppo dolci per i miei gusti, non le si poteva però dire di no! A me piacevano quelle alla menta. Che bello quando facevi entrare l’aria nella bocca per amplificarne la sensazione di freschezza!”.

 

Giuseppe D’Aquino, chef

Giuseppe D’Aquino

Il pensiero: “Non è facile utilizzare le caramelle come ingrediente di un piatto, né ricrearne in pieno il sapore, Il modo migliore è scioglierle e poi riportarle allo stato solido in altra forma. Più che un cibo a tutti gli effetti, sono qualcosa che restituisce una sensazione piacevole, una forma di ringraziamento e riverenza”.

La proposta: Con le Dietorelle al limone sciolte per riportarle allo stato iniziale di sciroppo, ha creato una sfera d’isomalto riempita di mousse di limone, un’inedita versione di tiramisù limone e menta.

Il ricordo: “Non sono mai riuscito a ritrovare delle caramelle svedesi sottilissime, tipo ostia, che si facevano sciogliere sotto la lingua. Davano un’incredibile sensazione di freschezza”.

Isabella Potì, pastry chef

Isabella Potì

Il pensiero: “Nella piccola pasticceria la sperimentazione è d’obbligo e l’avanguardia, soprattutto (ma non solo) d’ispirazione contemporanea spagnola, traina nuove forme di alta cucina. Vale per molti segmenti, caramelle incluse. Il consumo a fine pasto non è ancora uno standard ed apre un nuovo fronte, perché no?”.

La proposta: “Qui da Bros a Lecce abbiamo iniziato con le caramelle alla menta selvatica. È stata poco dopo la volta di altre tre: all’aneto, dolci ma fresche, classiche all’amarena di Conversano. E al limone, essendo noi profondamente legati alle note acide in equilibrio e dialogo con sapori diversi”.

Il ricordo: “La mia memoria è, direi, quasi tattile: rammento le dita appiccicate. E visiva, quegli spicchi di Caramelle Finazzi agli agrumi fanno parte del mio bagaglio di ricordi e sapori d’infanzia. Idem per quelle all’anice”.

 

a cura di Federico Geremei e Luciana Squadrilli

foto di apertura di Edoardo Mirabella Roberti

Articolo uscito nel numero di dicembre del Gambero Rosso, che potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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