Dopo aver pubblicato il video della Pasta all'amatriciana di Max Mariola sulla nostra pagina Facebook, si è scatenato l'inferno (ça va sans dire!) perché il nostro Mariola ha osato mettere la… cipolla nel sugo. E così abbiamo messo a confronto 30 ricette storiche per capire se effettivamente la cipolla ci vada o meno. Abbiamo ottenuto un risultato sorprendente.
L’amatriciana di Carlo Cracco
Nel 2015, durante la trasmissione “C’è posta per te”, Carlo Cracco suggerì una ricetta dell’amatriciana con un aglio “vestito” tra gli ingredienti. Ne seguirono una serie di interventi indignati su televisioni e giornali, una vera e propria gogna mediatica per il povero chef. Tra questi Bruno D’Alessio, il fondatore della pro loco di Amatrice, dichiarò: “Non è un problema di ricetta, se un grande chef vuole metterci l’aglio, l’alloro, la cipolla, il rosmarino, magari fa anche un piatto buonissimo. Perché la cucina è fantasia e tutto si può sperimentare. Però, per favore, non la chiamino amatriciana”.
La tradizione evolve nel tempo
Questa dichiarazione si potrebbe applicare anche a tanti altri piatti, come per esempio alla carbonara, al ragù alla bolognese o ancora alla parmigiana di melanzane. Ma molto spesso le dichiarazioni in difesa di queste ricette mitiche partono da convinzioni sbagliate, ovvero che i piatti della tradizione siano immutabili nel tempo, e dunque ideati in un lontano passato e rimasti identici fino a oggi. Non sempre (per non dire quasi mai) è così. Ve lo abbiamo dimostrato quando abbiamo indagato sull'origine e la storia della carbonara, ma anche prendendo in esame l'evolversi della stessa amatriciana, che in questa sede snoccioliamo ulteriormente prendendo in esame 30 ricette storiche e le più comuni diatribe che riguardano questa mitica ricetta.
Amatriciana: con cipolla o senza?
Nel 1974 il famoso attore e comico romano Aldo Fabrizi pubblicò un libro dal titolo “La pastasciutta”. Fabrizi era conosciuto anche per essere un grande buongustaio (oltre che fratello maggiore di Sora Lella, la celebre cuoca capitolina) e aveva raccolto in questo libretto una serie di poemetti giocosi. All’interno si può leggere anche un componimento intitolato “La matriciana mia”.
Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.
Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.
Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.
E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.
Riassumendo, gli ingredienti sono: cipolla, olio, zenzero (che però nel parlato popolare romano indicava il peperoncino fresco), guanciale affumicato, pancetta arrotolata, aceto, concentrato di pomodoro, dado da brodo, pomodori freschi, basilico, pecorino e parmigiano. Non risulta che all’epoca ci siano state delle rivolte popolari, né dei roghi di libri e sembra addirittura che Aldo Fabrizi potesse circolare per le vie di Trastevere senza scorta!
Cosa è successo negli ultimi quarant’anni? La risposta implica l’analisi di fenomeni sociali davvero molto complessi, ma andiamo con ordine e cerchiamo intanto di capire cosa fosse l’amatriciana fino a pochi anni fa.
La nascita dell’amatriciana
La prima ricetta dell’amatriciana che abbiamo rintracciato risale al 1914 ed è pubblicata da Amedeo Pettini nel “Manuale di cucina e pasticceria”. Non un cuoco qualunque, bensì lo chef di Vittorio Emanuele III e autore di altre importanti pubblicazioni. Tra le versioni più antiche ne esiste una pubblicata nel 1921 su una rivista statunitense per campeggiatori dal titolo “Outing magazine” all’interno di un articolo in cui si descrivono varie specialità culinarie che possono essere facilmente cucinate all’aria aperta. Ma il ricettario che la fece entrare in tutte le case fu certamente “Il talismano della felicità” di Ada Boni nel 1927, un vero e proprio best sellers della cucina italiana.
A partire da queste prime pubblicazioni, ne abbiamo scelte un totale di trenta per ripercorrere l’evoluzione dell’amatriciana fino a oggi e per capire finalmente quali sono i suoi ingredienti tradizionali.
Amatriciana: guanciale o pancetta?
Oggi sarebbe impensabile sostituire il guanciale stagionato con la pancetta senza incorrere del delitto di lesa maestà, ma nel primo mezzo secolo di vita della ricetta la scelta era affidata più che altro alla volontà del cuoco e alla disponibilità del prodotto.
Dal 1914 al 1964 solo quattro ricette su quindici consigliano esclusivamente il guanciale, mentre altre quattro citano la pancetta come alternativa – pur preferendo il guanciale - e ben cinque prescrivono di utilizzare direttamente la pancetta. Le due rimanenti indicano un generico “salted pork” (nella ricetta americana del 1921) e il capocollo - con l’alternativa del “lardo magro”- (per il francese Pellaprat nel 1937).
Dopo gli anni Sessanta le cose cambiano decisamente e nelle quindici ricette successive diventa assolutamente preponderante l’utilizzo del guanciale.
Amatriciana con il guanciale: tritato, a cubetti o a listarelle?
Altra differenza importante è come vengono tagliati guanciale o pancetta: sempre nel primo mezzo secolo di vita, sei ricette su quindici indicano di tritarli finemente, mentre le altre nove li riducono a cubetti. Il battuto fine scompare definitivamente a metà degli anni Sessanta, mentre il taglio a listarelle, il più utilizzato oggi, prenderà il sopravvento negli anni Novanta, con un’anticipazione da parte di Pellaprat nel 1937.
Amatriciana: pecorino o parmigiano?
La scelta del formaggio risulta invece più uniforme tra gli autori e la stragrande maggioranza esprime una decisa preferenza verso il pecorino con ventidue ricette su trenta. Altre cinque suggeriscono l’alternativa del parmigiano o un misto dei due formaggi e due preferiscono direttamente il mix. Solo una ricetta del 1939 non fornisce alcuna indicazione. Se si esclude la ricetta di Aldo Fabrizi del 1974, le alternative all’uso esclusivo del pecorino scompaiono alla metà degli anni Sessanta.
Amatriciana: la cipolla (e l’aglio)
Eccoci alla questione principale sollevata spesso dai “gastropuristi”: la cipolla fa parte degli ingredienti dell’amatriciana? Delle 30 ricette raccolte, ben 23 utilizzano la cipolla tritata come base per il sugo, due delle quali la indicano come facoltativa. Tra queste, otto suggeriscono un misto di aglio e cipolla. Anche in questo caso, fino alla metà degli anni Sessanta tutte le ricette adoperano la cipolla, ad eccezione della primissima formulazione di Pettini del 1914.
A partire dalla metà degli anni Sessanta la presenza della cipolla inizia a venire meno per subire un arresto definitivo negli anni Novanta. Tra gli autori che non la ammettono sono da citare Anna Gosetti con il suo “Le ricette regionali italiane” del 1967, una delle pubblicazioni più complete e accurate del genere, ma anche Livio Jannattoni con “La cucina romana e del Lazio” del 1991 (ricetta accolta dal disciplinare del sugo all’amatriciana del 2015) e infine i siti web Cookaround.it e Giallozafferano.it, rispettivamente nel 2003 e nel 2007. Praticamente nessuna ricetta che circola attualmente in rete contempla la cipolla.
L’evoluzione dell’amatriciana
Riassumendo, fino alla metà degli anni Sessanta la ricetta è piuttosto variabile, includendo anche la pancetta al posto del guanciale, il parmigiano al posto del pecorino - o un misto dei due - mentre la cipolla è un ingrediente costante. Ovviamente a questa lista va aggiunto il pomodoro che viene utilizzato sempre fresco.
Dopo il primo mezzo secolo di vita l’amatriciana inizia ad avere una forma più definita, con una scelta di ingredienti che favorisce pecorino e guanciale. La cipolla non è più una presenza fissa e in alcune ricette diventa facoltativa, ma mantiene ancora un proprio ruolo.
L’ultima evoluzione si registra alla fine degli anni Novanta con una scelta costante e univoca di guanciale e pecorino. La cipolla scompare definitivamente e diventano più frequenti le alternative al pomodoro fresco, sotto forma di pelati o di passata.
A proposito della cipolla, se si fa un calcolo puramente statistico, con 23 ricette su trenta che la utilizzano tra il 1914 e il 2007, risulta che questo ingrediente, non solo è storicamente presente, ma è il più rappresentativo della ricetta, secondo solo al pomodoro.
Amatriciana. Il disciplinare e i “gastropuristi”
Non c’è dubbio che la linea evolutiva lungo un secolo di ricette abbia portato a eliminare pancetta e parmigiano, oltre a estromettere definitivamente la cipolla, ma ciò non significa che questi ingredienti non siano mai esistiti, come molti tendono a pensare oggi.
Una delle cause di questa rimozione si può imputare alla nascita dei disciplinari o delle ricette depositate che, in qualche modo, hanno sancito in maniera “ufficiale” la forma della ricetta all’interno di un panorama gastronomico estremamente variegato. Come è successo per le due celebri ricette del tortellino (di cui vi abbiamo parlato qui) e del ragù alla bolognese (di cui vi abbiamo parlato qui), depositate alla Camera di Commercio di Bologna rispettivamente nel 1974 e nel 1982, anche il Disciplinare dell’amatriciana del 2015 ha contribuito a fissare i caratteri della ricetta e creare un punto di riferimento per tutti gli interessati.
Ovviamente le finalità di questo documento è quella di tutelare la denominazione di un prodotto tipico, senza la pretesa di normare la realizzazione delle ricette casalinghe. E all’interno del disciplinare è spiegato bene da dove proviene la ricetta a cui si ispira, ovvero “quella divulgata dalla Pro loco di Amatrice” contenuta in origine all’interno del volume “La cucina romana e del Lazio” pubblicato nel 1991 dal giornalista e scrittore romano Livio Jannattoni. Per quanto la fonte sia autorevole, si tratta di una versione con pari dignità rispetto a tante altre, scritta al termine di 75 anni di evoluzione della ricetta.
L’unica e vera amatriciana tradizionale
Dunque: come si può stabilire quale sia la vera ricetta dell’amatriciana? La scelta può ricadere sulla più antica, quella del 1914 senza cipolla, ma con salsa di pomodoro, pancetta, brodo e nessuna indicazione del formaggio da utilizzare; oppure su quella della romana Ada Boni del 1927 che l’ha portata al successo, con cipolla e guanciale tritati, strutto e pomodoro fresco spolverati di pecorino grattugiato. Altrimenti è necessario fare un salto di mezzo secolo dalla nascita e optare per la lombarda Anna Gosetti del 1967 che si avvicina alla sensibilità odierna utilizzando solo pomodoro fresco, guanciale e pecorino; ma allora perché non optare per l’opulenta versione di Aldo Fabrizi del 1974? Insomma, privilegiare una versione anziché un’altra è una scelta personale, l’importante è non volerla imporre per forza a tutti gli altri.
a cura di Luca Cesari
La lista dei 23 ricettari che contemplano l’uso della cipolla nell’amatriciana:
- Outing magazine "Camping and cooking in Italy" (LXXVII) 1921
- Ada Boni “Il Talismano della felicità” 1927
- Adolfo Giaquinto “Il mio libro: cucina di famiglia e pasticceria” 1931
- Dario Fornari, “Il cuciniere militare” 1932
- Ada Bonfiglio Krassich “Almanacco della cucina regionale” 1937
- Henri-Paul Pellaprat “L’arte nella cucina l’eleganza della mensa” 1937
- Rosa Maria Grillo, “Mangiar bene e spender poco” 1939
- Giuseppe Oberosler “Il tesoretto della cucina italiana” 1948
- Ada Boni “Il piccolo talismano della felicità” 1950
- “Il cucchiaio d'argento” 1950
- Felix Dessì “La signora in cucina” 1955
- “Il talismano della massaia” 1955
- Luisa De Ruggeri “La pentola magica” 1959
- Luigi Carnacina “Il Carnacina” 1961
- Vera “Annabella in cucina” 1964
- Henri-Paul Pellaprat “La cucina familiare” 1965
- Carlo Santi e Rosino Brera “Il grande libro di cucina” 1966
- “In cucina con allegria” 1971
- Aldo Fabrizi “La pastasciutta” 1974
- Vincenzo Buonassisi “Il cuciniere italiano” 1979
- Luigi Veronelli “I grandi menu di Luigi Veronelli” 1981
- Gualtiero Marchesi “La cucina regionale italiana” 1989
- Giovanni Nuvoletti “La Cucina d'oro” 1996
L’elenco delle ricette prese in esame è lontano dall’essere esaustivo: se qualche lettore volesse contribuire con una propria segnalazione nei commenti è sufficiente indicare la pubblicazione con nome e cognome dell’autore, titolo del volume, luogo e anno di edizione e pagine in cui compare la ricetta.