Mi Coltivo. L’orto sociale nel polo tecnologico di Rovereto che piace anche agli chef

25 Giu 2021, 15:29 | a cura di
Il progetto avviato dalla cooperativa sociale Villa Maria al Polo Meccatronica è un esempio virtuoso di agricoltura sociale che punta alla qualità. A coltivare ortaggi ed erbe ci sono 14 ragazzi con fragilità e disabilità. Con loro collabora anche Alfio Ghezzi.

L'orto di Mi Coltivo a Rovereto

Mi Coltivo è l’orto sociale avviato qualche mese fa dalla cooperativa sociale Villa Maria di Calliano a Rovereto, su settemila metri quadri di terreno incolto di pertinenza del Polo Meccatronica, nell’area assegnata da Trentino Sviluppo (tutto a partire da un bando di Fondazione Cariplo). Un progetto virtuoso di inclusione che parte dalla terra per coinvolgere e formare ragazzi con disabilità, con il sostegno di professionisti del settore ed educatori. Un’operazione, dunque, che fa del lavoro agricolo un momento di condivisione e professionalizzazione che favorisce l’inserimento sociale, affine alle iniziative che sempre più numerose stanno moltiplicandosi in Italia, associando alla finalità sociale anche un impegno alla responsabilità ambientale nell’approccio al settore agricolo. Ecco perché in pochi mesi l’orto nato nell’hub ipertecnologico di Trentino Sviluppo è già diventato un punto di riferimento per chi cerca prodotti di qualità.

Lavoro in campo da Mi Coltivo

La collaborazione con Alfio Ghezzi

Come lo chef Alfio Ghezzi, che a Rovereto gestisce la ristorazione del MART, e con Mi Coltivo ha stretto un accordo per la fornitura di ortaggi da utilizzare nella sua cucina, coinvolgendo i ragazzi in un processo di riscoperta e selezione di varietà altrimenti difficili da trovare sul territorio. Il cuoco trentino è stato partecipe dell’iniziativa sin dall’inizio, coinvolgendo tutto il suo staff, come ha raccontato di recente a Radio Dolomiti – Trento: "Noi siamo una piccola realtà ristorativa che cerca continuamente la relazione sul territorio con piccoli produttori perché pensiamo che il ruolo del cuoco sia anche sociale, il cuoco si deve preoccupare della salute e del benessere delle persone. Sapere che vicino a noi esisteva Mi Coltivo mi ha subito acceso la lampadina. Siamo entrati in contatto con Maurizio, ho visitato i campi nella prima fase di lavoro, ho conosciuto i ragazzi e compreso il progetto. Dietro al prodotto ci sono delle persone, è importante conoscerle e valorizzarne il lavoro”. Da qui, l’idea di collaborare anche per impostare la linea produttiva: “Si punta a una produzione di grande qualità, e da subito c’è stata la volontà di modificare il piano agronomico anche in base alle necessità della nostra cucina. Così si collabora insieme concretamente”.

Raccolta dell'insalata nel campo di Mi Coltivo

Il lavoro in campo

Al momento, dopo un’accurata fase di preparazione e concimazione del terreno, l’orto, coltivato a regime biologico, è stato seminato a insalata ed erbe officinali, ma anche patate, zucchine, melanzane, cipolle, pomodori e altri ortaggi a ciclo breve. Un’altra porzione di terreno sarà presto piantata a leguminose, per attuare la pratica del sovescio, che dà modo alla terra di rigenerarsi, assecondando i cicli naturali. A prendersene cura ci sono 14 persone con fragilità e disabilità di età compresa tra i 21 e i 45 anni, seguiti dai responsabili del progetto Maurizio Passerini e Valentina Brentari, con il supporto del perito agrario Emilio Dalponte. La maggior parte della produzione sarà destinata alle dieci comunità alloggio della Cooperativa, ma il 40% degli ortaggi raccolti finirà sul mercato attraverso attività di vendita diretta e mercati che vedranno all’opera gli stessi ragazzi. “La ciclicità della natura e i suoi ritmi scanditi – spiegano gli educatori referenti del progetto – ci permettono di proporre ai ragazzi mansioni sempre diverse a seconda della stagione e anche di scorporare ogni lavoro in più sottocompiti in modo da permettere a tutti, anche a chi ha una mobilità particolarmente ridotta, di rendersi utile e avere soddisfazione”. Il merito di aver creduto nelle potenzialità del progetto va in primis a Trentino Sviluppo, che ha colto l’opportunità per curare i propri spazi verdi comuni sostituendo il più comune appalto di servizi con un progetto sperimentale di utilità sociale. Per completare il recupero dell’area a favore della collettività, non a caso, è in programma la piantumazione di aceri e faggi che dovranno costituire un parco pubblico a libero accesso, confinante con l’orto sociale, analogamente aperto a chi vuole visitarlo e scoprirne le attività.

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