Sostiene il blogger e giornalista neozelandese, Oliver Styles, che ormai i migliori vini del mondo siano roba da ricchi: “Nonostante tutte le nostre chiacchiere su quanto sia meraviglioso e sfaccettato il vino, non abbiamo trovato modo migliore per distribuirlo che attraverso il reddito. I migliori vini del mondo sembrano spettare solo al tuo capo. O al capo del tuo capo”. E difatti, consultando le classifiche di fine anno dei motori di ricerca internazionali o i report sui lotti più costosi venduti all'asta nel corso del 2021, l'inaccessibilità dei "grandi vini", è ormai diventata inarrestabile. Anche il Liv-ex, l'indice del mercato secondario dei fine wines, è cresciuto del 23,1% sui 12 mesi, confermando che l’incremento è costante. La conseguenza è che i grandi vini di riferimento del mondo, se li può permettere un numero sempre più limitato di persone. Non è una novità: anche in passato è stato così. Ma, sino a una trentina di anni fa, seppur a prezzo di qualche sacrificio economico, non erano così tante le bottiglie irraggiungibili per le tasche di qualsiasi appassionato. Se poi il prezzo era molto elevato, bastava mettere insieme due o tre amici per riuscire a condividere il vino o i vini da sogno, che si desideravano. Adesso, però, anche questa possibilità sta diventando sempre più remota.
La classifica di Wine Searcher
Secondo il sito Wine Searcher, che ha compilato la classifica dei 10 vini migliori del mondo, il secondo posto è stato conquistato da Romanée-Conti Grand Cru (97/100), che viene venduto ad un prezzo medio di 21.659 euro, quasi la metà (37.536 euro) del Domaine Leroy Musigny Grand Cru (98/100), giunto al terzo posto. È consolante – si fa per dire – che il primo in classifica, il Domaine Leroy Chambertin Grand Cru (98/100) non sia in assoluto il più costoso, visto che mediamente è stato quotato 13.818 euro. I prezzi, nel caso il particolare fosse sfuggito, sono riferiti a una sola bottiglia; quindi, visto che le confezioni più comuni sono da 6 o anche da 3, bisogna provvedere alla moltiplicazione.
Aste da record: come cambiano gli acquirenti dei grandi vini
La scarsità dell'offerta, d'altra parte, spinge verso l'alto i prezzi e ciò si è riflesso l'anno scorso in diverse aste da record da Bonham's, Christie's, Acker Merrall, Wannes, Cyrille Jomand, ceo e co-fondatore della francese iDealwine (aste e acquisti diretti) ha dichiarato che “Nel 2021, l’importo totale delle vendite si aggira intorno ai 41 milioni di euro con un +24% rispetto al 2020". In questo contesto, la Borgogna occupa 41 posti nella Top 50 dei lotti più costosi (contro i 36 del 2020) e ben 49 posti della Top 50 delle bottiglie aggiudicate (contro i 39 del 2020). Per quanto riguarda iDealwine, Bordeaux perde la sua egemonia nella Top 50, confermando la sua presenza con soli 10 posti all’interno della classifica grazie a dei lotti di Petrus, Cheval Blanc, Mouton-Rothschild e a delle casse da collezione (Duclot, Carré d'As).
Se in passato i vini "trofeo" appartenevano a numero limitato di acquirenti – per lo più inglesi, tedeschi e americani - da tempo sono entrati in lizza anche i miliardari russi, cinesi e di vari Paesi asiatici per contendersi le preziose bottiglie, surriscaldando il mercato e i prezzi. Anche il riscaldamento climatico sta contribuendo alla tendenza, causando una contrazione nella produzione di tutto il mondo.
Grandi vini: da bere o come investimento finanziario?
Buona parte dei grandi vini, di cui abbiamo parlato, non vengono consumati dopo l'acquisto ma vengono stivati in apposite cantine dove poi vengono riesumati, magari 10 anni dopo, per essere rivenduti a prezzo maggiorato, contando sull'incremento del valore dell'annata, ormai esaurita nel listino del produttore. Quando è così, a prevalere è l'idea di effettuare un investimento finanziario. In altri casi, semplicemente le bottiglie vengono stappate e bevute da chi le aveva acquistate, perché il valore e il piacere edonistico è superiore a qualsiasi altra considerazione.
Il rovescio della medaglia di questo fenomeno è che la spasmodica richiesta di grandi vini e i prezzi sempre più elevati, ha favorito lo sviluppo di un mercato di vini taroccati. A detta di molti esperti, i vini falsi rappresenterebbero il 20% delle vendite di vino a livello mondiale, prevalentemente legate ai top di Bordeaux e di Borgogna. Emblematica, in tal senso, la vicenda di Rudy Kurnawian, il più letale falsario di grandi vini dei nostri tempi, non a caso conosciuto anche come "Mr. Conti" per la sua abilità di creare dal nulla annate introvabili di Domaine Romanée-Conti, dal Duemila sino alla sua incarcerazione, è stato, a suo modo, un protagonista indiscusso del mercato. Nel 2006 nel corso di un’asta di Acker, Merrall & Condit, i vini presentati da Rudy furono aggiudicati per quasi 25 milioni di dollari, un record per l’epoca ma anche un'indicazione su quale fosse il suo giro di affari truffaldino che, con certezza, nemmeno l'Fbi è mai riuscita a quantificare. Dopo essere stato scoperto, processato e condannato - 7 anni in un carcere federale Usa- Kurnawian nel 2021 è stato deportato nella natìa Indonesia americano (vedi articolo Rudy Kurniawan espulso dagli Usa). Al momento non ci sono notizie sulle sue attività attuali.
L'inaccessibilità dei grandi vini è un problema?
Il lusso e l'esclusività riguardano tutti i settori merceologici, dall'orologeria alle automobili, dall'abbigliamento alla gioielleria sino al cibo e naturalmente al vino. Ormai è assodato che certe etichette - i fine wine - non sono nella disponibilità di tutti e oggi men che mai delle giovani generazioni, già poco attratte dal vino in generale e, ancor di meno, da vini talmente costosi da essere impossibili da acquistare: anche chi ci si vorrebbe cimentare, non ne ha le possibilità.
Moralismi (e pauperismi) a parte, la domanda del critico enologico internazionale Robert Joseph è quanto mai legittima, visto che restringe il campo non agli appassionati ma agli stessi dipendenti del settore vinicolo nel suo complesso: "Come possiamo rendere possibile, anche per i professionisti del vino, la stessa esperienza degli studenti d'arte, che visitano una galleria o degli attori in formazione che guardano un'esibizione dal vivo di Shakespeare”? Perché assaggiare e confrontarsi con i grandi vini è come avere la possibilità di visitare un museo ricco di capolavori o di assistere a una recita di un'opera di un grande drammaturgo. In questo modo, le capacità si affinano, le conoscenze si ampliano, si costruiscono degli ideali punti di riferimento, i sensi si arricchiscono di nuove sensazioni, la cultura del vino e della qualità diventa condivisione.
Il compianto Gianni Masciarelli aveva l'abitudine di coinvolgere tutti i suoi collaboratori in degustazioni di grandi cru di Bordeaux, Borgogna, Côtes du Rhône, che mai si sarebbero potuti permettere di comprare. Il confronto e lo scambio di opinioni che seguiva, era il modo che il produttore abruzzese utilizzava per far capire ai suoi operai di quali uve avesse bisogno per produrre i suoi vini.
Se vogliamo pensare al futuro del sistema vinicolo e dare una prospettiva, qualcosa dovrà pur cambiare nell'accesso ai grandi vini, sennò molto più semplicemente ci si rivolgerà altrove (vedi vini ancestrali o naturali, che seguono altre logiche), che è quanto sta già succedendo.
Italia-Francia. Un confronto
I numeri di Wine Monitor, illustrati a Verona nel corso di Visione 2030, hanno mostrato anche il forte gap, che “non si è ridotto”, nel prezzo medio dei vini italiani rispetto ai francesi: 3,76 euro al litro contro 6,6 euro, a ottobre 2021. E hanno evidenziato, a fronte di una riqualificazione dell’export nel decennio 2009/19 con meno sfuso (dal 33% al 22%) e con più confezionato, una minore differenziazione nel paniere dei mercati clienti (oltre il 63% delle vendite italiane fuori confine si concentra in 5 mercati, mentre i primi 5 sbocchi per la Francia pesano il 50%) e, infine, l’annosa frammentazione del sistema delle imprese (dall’eccesso di Dop alle fasi di trasformazione).
I grandi vini italiani? Un'alternativa accessibile
I nostri "fine wine", ma in generale il nostro vino, sono in grado di soddisfare qualsiasi esigenza: pensiamo ai più esclusivi cru di Barolo, Barbaresco, Brunello, Amarone, dai prezzi elevati (sebbene non stratosferici, se confrontati con buona parte del resto del mondo). Ma soprattutto sono vini in grado di far cogliere il senso di un'identità forte e con una caratterizzazione territoriale che non ha eguali.
Spesso di fronte a un vino italiano, ottenuto da un vitigno coltivato solo in una area delimitata, dai profumi e sapori inusuali, la domanda “a cosa assomiglia tra i vini conosciuti” misura la sua unicità. Come si può ben capire, non c'è bisogno di andare molto lontano per sognare e nemmeno di spendere una fortuna.
a cura di Andrea Gabbrielli
Questo articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 20 gennaio 2022
Per riceverlo gratuitamente via e-mail ogni giovedì ed essere sempre aggiornato sui temi legali, istituzionali, economici attorno al vino Iscriviti alla Newsletter di Gambero Rosso