Cosa è l'acrilammide, la sostanza studiata dalla nutrizionista Chiara Manzi

14 Mar 2023, 17:41 | a cura di
L'acrilammide si sviluppa all’esterno dei cibi (pane, pasta, patate, caffè) cotti a temperature elevate ed è assai cancerogena. Poche le notizie in rete e pochissimi ne parlano. Ecco la storia di Chiara Manzi, nutrizionista, minacciata e diffidata perché ha osato insegnare a come riconoscere e a non produrre la pericolosa sostanza.

Acrilammide: le ricette per i bebè

Cosa pensereste se vi dicessimo che il 94% dei bimbi in età da biberon sono a rischio tumore? Ci prendereste per divulgatori di panico e per un esibizionista in cerca di clamore. E se a dirlo fosse l’Università di Napoli Federico II dopo una ricerca su una selezione molto ampia di biscottini per neonati? Sapete, di quelli che le mamme sciolgono nei biberon. Ecco, supponendo che ogni mamma mediamente ne sciolga tre al giorno nel latte dei bimbi, la stima del rischio tumore da acrilammide calcolato in base ai parametri e ai dati forniti dagli studi dell’Efsa (Agenzia europea sulla sicurezza alimentare) arriva appunto al 94% dei neonati.

Ricerche & ricette. L’acrilammide

Ma cosa è l’acrilammide? Provate a googlerare la parola su internet: esce una pagina dell’Airc (autorevole, dunque) che spiega: è una sostanza utilizzata in diversi processi industriali e anche contenuta nel fumo di tabacco. Si può formare nella cottura di alimenti che contengono amido (patate, biscotti, pane, eccetera) e nella tostatura dei cereali e del caffè, ma solo ad alte temperature. E avverte: studi su animali di laboratorio hanno dimostrato il legame tra l’aumento del rischio di sviluppare tumori e l’esposizione all’acrilammide, a dosi molto elevate. Negli esseri umani mancano studi sperimentali che possano confermare questo risultato.

Acrilammide: i dati Efsa

Beh, peccato sia un documento del 2018. Oggi lo stato delle conoscenze è ben diverso: nonostante digitando su google “acrilammide efsa” il primo risultato è una pagina ben più preoccupante della precedente, non ci sono gli ultimi risultati del 2022 in cui, in base a studi specifici sugli esseri umani, l’Efsa esprime un forte alert sull’acrilammide. In sostanza, tutte le fasce di età della popolazione sono interessate dai rischi di tumore legati all’acrilammide (mentre, per esempio, a proposito di olio di palma le fasce di età a rischio erano solo i bambini o i grandi consumatori) e che la dose di rischio è di 20 microgrammi al giorno. Che vuol dire? Che c’è una incidenza dell’1% (uno su cento) di tumori legati all’acrilammide con quel livello di consumo. In soldoni: bastano 50 grammi di biscotti troppo cotti o 10 caffè per arrivare a quella soglia. Bastano 70 grammi di patatine fritte e dal colore bello scuro per assumerne 35 microgrammi.

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chiara manzi. acrilammide

L’acrilammide e la preoccupazione di Chiara Manzi

Ecco, tutto questo ha scatenato la curiosità professionale di una nutrizionista bolognese che si occupa in particolare di medicina culinaria. Chiara Manzi, presidente dell’Accademia Europea di Medicina Culinaria e titolare di Libra – il primo ristorante anti-aging in Italia – nel 2007 per caso incontra l’acrilammide: era stato scoperto 5 anni prima. Da quel momento, la nutrizionista anno dopo anno trova e studia documenti che portano ad aumentare sempre più in lei le preoccupazioni su questa sostanza. “Tanto che nel 2016 ne faccio il protagonista di un capitolo del mio libro di cucina anti-aging. Spiego come evitarne la formazione in cucina, come fare e quali accortezze seguire per evitare ogni rischio senza rinunciare al gusto”.

chiara manzi. acrilammide

Acrilammide: si riconosce dal colore

Chiara però continua a studiare e spulciare documenti, sempre più incuriosita e preoccupata per questo elemento cancerogeno di cui – a parte gli studi accessibili a pochi addetti ai lavori, spesso in inglese e in genere comprensibili solo agli esperti – nessuno parla. E decide di scrivere un libro. Il percorso è difficile, studia e studia, mentre va avanti nella conoscenza e nella scrittura produce una serie di video che pubblica sui suoi social: come riconoscere l’acrilammide. “Che è molto facile” sorride lei “basta vedere il colore del cibo. Parliamo di prodotti da forno e patatine fritte, sostanzialmente. Ma insomma, il colore scuro, bruno, è indice di pericolo per la presenza di acrilammide. Meglio: se per esempio un pane, un panettone, un biscotto sono decisamente scuri, bisogna valutare due alternative per capire se quel colore dipenda dalla cottura o da altre sostanze come cacao, segale o farina integrale, cannella… Quindi: se il colore esterno è simile a quello dell’interno, non c’è problema, sarà dovuto a ingredienti scuri in partenza. Se invece il colore dell’esterno è sostanzialmente molto più scuro dell’interno, allora il colore è legato alla cottura e siamo in presenza di acrilammide. Molto semplice, no? Non solo: è molto più facile da individuare rispetto ad altri elementi che invece non si riconoscono alla vista. Ma è anche molto facile da evitare in fase di produzione: basta cuocere meglio e diversamente senza rinunciare al gusto e senza produrre acrilammide”. In effetti, sembra una cosa abbastanza semplice e di facile soluzione. Mentre però negli anni passati si scatenò una bagarre mediatica sull’olio di palma (molto meno pericoloso) e una sua messa all’indice, non si è mai parlato dell’acrilammide.

Cambiare cottura: ricette semplici

“Se un gruppo industriale utilizza olio di palma e possiede piantagioni e magazzini di stoccaggio pieni di olio di palma” spiega Chiara “allora sì che sarà difficile superare il problema. Ma se si tratta solo di accorgimenti in cottura per produrre un cibo buono e non nocivo, sarà molto più semplice, no?”. Eh no. O almeno, così non sembra proprio.

Quando, prima dell’uscita dell’ultimo libro, vengono diffusi i video in cui Chiara insegna a riconoscere dal colore l’acrilammide, a Bologna, nella sede della sua Accademia, arriva una lettera. “Mi scrive l’amministratore delegato di un importante gruppo industriale di cui non voglio fare il nome che mi diffida dal continuare a sostenere che l’acrilammide si riconosce dal colore. In caso io insista, promette denunce e richieste di danni enormi”. La paura di farsi la nuova Davide contro il Golia dell’industria frena un po’ Chiara. “Se anche di fronte a una denuncia del genere avessi dovuto anche solo difendermi prima di vincere, sarei rimasta decisamente in mutande”, fa lei.

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Però poi il successo dei suoi video la spinge ad andare avanti. Ed esce il libro: Acrilammide. Il cangerogeno tabù. Nessuna denuncia, per ora. Chiara, così, continua a lavorare: ha una consulenza con un gruppo di industrie che realizzano prodotti da forno e gelati. Li aiuta a migliorare la salubrità e anche il gusto dei loro prodotti: meno zuccheri, piccoli accorgimenti in fatto di fibre e simili. E soprattutto insegna a cuocere a temperature e umidità tali da evitare completamente la formazione del famigerato acrilammide. “Tutto procede” racconta Manzi “Addirittura riesco a portare nei loro laboratori anche una troupe Rai per realizzare un video che mostrasse quanto fossero virtuosi a preoccuparsi nell’evitare l’acrilammide”. Per esempio, nei coni dei cornetti, meno scuri e croccanti allo stesso modo. “A un certo punto, però, mi si avvicina un dirigente e mi fa: 'Non puoi dire che il colore scuro è indice della presenza di acrilammide. Altrimenti la gente non vuole più i cornetti scuri'. Beh, rispondo io: sono qui apposta, per evitare che i prodotti siano scuri, ovvero che siano sani e ugualmente buoni. Che problemi avete? 'No, Chiara – mi avverte – o la smetti di dire queste cose o noi rompiamo la collaborazione'. Decido di non assecondarlo. E nel giro di una settimana mi arriva una PEC con la rescissione de contratto. Senza motivazione alcuna”.

Ormai l’acrilammide fa (giustamente) paura

Insomma: chi tocca l’acrilammide muore! A quanto pare, sia in senso letterale che in senso figurato! “Quelle che vi ho raccontato non sono le uniche cose che mi sono successe” sorride Chiara, rassegnata “Lo scorso gennaio mi invitano a partecipare a un evento sul porro. C’era anche Luigi Pelazza (Le Iene): ci conosciamo e penso che sarebbe il tramite perfetto per riuscire a parlare di acrilammide in tv. Così gli chiedo se in quanto a sponsor sono molto condizionati o no. Lui mi rassicura sulla loro indipendenza e sulla libertà della redazione. Beh, gli propongo: parliamo dell’acrilammide, allora. Lui rimane colpito da tutto quello che gli racconto, dei dati reali sull’acrilammide e gli dà il mio libro. Dopo un po’, mi chiama e si presenta a Bologna: si piazza per tre giorni da me, mobilitiamo il laboratorio, il ristorante resta chiuso due giorni per le riprese, facciamo tutto quello che c’è da dire, da fare e da sapere sull’acrilammide. Invitiamo anche il Direttore dell’Istituto Ramazzini di Bologna, oltre ad altri ospiti anche dall’Università di Ferrara. Abbiamo fatto anche esami specifici e analisi sui prodotti realizzati per misurare l’acrilammide. Conclusione: Publitalia li ha bloccati. Quel servizio non andrà mai in onda”.

C’è da dire, comunque, che invece ne parla la Rai: con trasmissioni interessanti e seguite su Rai3 e in Medicina 33. E i suoi video totalizzano un milione di visite a settimana. Ora la “bomba acrilammide” è esplosa e speriamo che faccia vittime solo tra le abitudini, le convinzioni e tra i sistemi di cottura sbagliati e non tra chi continua a pensare che nero (anzi, scuro: sul pane, sui biscotti o sulle patatine) sia meglio.

Cucina acrilammide free: istruzioni per l'uso

Come cucinare, allora? Ecco i consigli di Chiara Manzi

È opportuno prediligere cotture più lunghe a temperature più basse: l’acrilammide si forma a partire dai 120°C e si produce più velocemente a temperature superiori a 180°C. Cotture al di sotto dei 160°C ritardano la formazione dell’acrilammide. Quando è necessario disidratare i prodotti (per esempio crackers e biscotti), è meglio iniziare la cottura per 2-3 minuti ad alte temperature e poi proseguire a 130-140 °C. Aggiungere vapore saturo durante le cotture in forno permette una migliore idratazione del prodotto e riduce la formazione di acrilammide. Esistono forni in grado di immettere vapore saturo anche ad alte temperature. Precuocere i cibi, abbattere rapidamente la temperatura (anche sotto ghiaccio) e finirli di cuocere successivamente riduce la formazione di acrilammide.

Nella frittura, invece, è meglio utilizza sempre una friggitrice con termostato per mantenere la temperatura costante e friggi a 150-160 °C. Tenere sotto controllo la colorazione: le patate, ad esempio, devono rimanere appena dorate. Bastano 30 secondi di distrazione per raddoppiare l’acrilammide.  Friggere in olio addizionato di estratti di rosmarino (1g/l) diminuisce del 26% la formazione di acrilammide, menyre aggiungere all’olio di frittura foglie fresche di origano al 5% riduce la formazione di acrilammmide nelle patate del 93% Durante la frittura eliminare briciole o frammenti di cibo che cadono nell’olio. Evitare tassativamente la pratica della “ricolmatura” (aggiunta di olio fresco all’olio usato). L’olio fresco si altera molto più rapidamente a contatto con l’olio usato.

https://www.chiaramanzi.it/

Fondazione Veronesi

a cura di Stefano Polacchi

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