Si inserisce pienamente nella tendenza dei gastromercati europei questo progetto che ha preso vita, appunto, in piazza Scammacca e che poggia sui concetti di integrazione e riqualificazione urbana attraverso la (buona) gastronomia. In una ex chiesa del 1643, poi tesoreria comunale, dal progetto di cinque giovani creativi, ecco un mercato urbano coperto - nell’isola che nei mercati e nel cibo di strada trova un simbolo - ma anche modello di ristorazione con missione sociale, in uno spazio da mille metri quadrati. La formula è interessante: la consumazione avviene al tavolo con servizio dedicato, la cucina è centralizzata a servire le preparazioni ordinate nei diversi format gastronomici.
Cosa si mangia a Piazza Scammacca, il mercato di Catania
Sei gli angoli del gusto proposti: Panem, viaggio nel panino italiano (che conosciamo già per la sede di Riva del Garda); Zio Enky, carni italiane ma con cotture ispirate al BBQ texano;
Ella e Illum, pasta di tradizione e pasticceria moderna; Mareide, piatti di pesce in proposte di cucina ideate con lo chef Joseph Micieli; Clara Bow, cocktail bar firmato dal bartender Domenico Cosentino.
Non solo cibo ma anche eventi e degustazioni
Un’offerta che mette d’accordo gusti e generazioni differenti, anche tramite gli eventi quotidiani nello spazio culturale e le degustazioni organizzate nella cantina, ricavata dall’accesso privato usato dai domenicani per entrare in chiesa, poi caveau di banca ai tempi della tesoreria: dentro centinaia di etichette da vitigni autoctoni italiani. Sul versante inclusione, il collettivo di persone che anima l’insegna si impegna a fornire opportunità lavorative per quanti, in arrivo da situazioni svantaggiate, abbiano bisogno di reintegrarsi nel tessuto sociale della città.