acile capire che differenza ci fosse tra un “foodie”, un “gourmand” o un “esteta del cibo”. Del resto in quegli anni andavano per la maggiore proprio i “gourmand”, figli putativi di Marie Antoine Careme (1784-1833), conosciuto come “il re degli chef, lo chef dei Re”.
Primo teorizzatore di questa filosofia e prassi che vede nella haute cuisine, la cucina francese, una forma d’arte, portata ai massimi livelli dal celebre Georges Auguste Escoffier (1846-1935), lo chef-scrittore che ha fissato i canoni della haute cuisine e ha dato vita al fenomeno dei “gourmand”: esperti di cibo e buon bere che fanno spesso della loro competenza una professione, “tenendo le distanza” – questo gli viene rimproverato dai foodies, rispetto agli altri, i non esperti.
Ma i tempi erano maturi – già nel 1981 e ancora più oggi - per rimettere tutto in discussione e per propiziare la carica dei dilettanti di food & drink: i foodies, appunto.
“Appassionati - recita Wikipedia - che semplicemente amano il cibo per consumarlo, studiarlo, cucinarlo e per saperne di più… desiderano apprendere ogni cosa sul cibo sia il migliore che quello quotidiano, sulle tecnologie, sull’industria e sui personaggi che ruotano attorno al mondo del cibo”.
Ecco la prima distinzione che emerge con chiarezza. I gourmand hanno come dimensione prioritaria - quella del mangiare, del degustare, dell’essere esperti - e come obiettivo il cibo migliore, i top restaurant.
I foodies sono curiosi, sono voraci di tutto ciò che c’è da sapere anche sul piatto pronto che portano in tavola, magari per scegliere il migliore o quello che gli dà maggiori garanzie di bontà e sicurezza…
Molto attivi sul web, i foodies sono “complici” di fenomeni come quello che ha caratterizzato la nascita della guida Zagat (la prima scritta con la collaborazione dei frequentatori di ristoranti e non dei critici gastronomici) ma anche dell’enorme diffusione di siti e blog dedicati al cibo e al buon bere su internet.
Il foodie non è interessato solo al sapore ma anche al colore e all’aspetto estetico dei piatti.
E’ un plurisensoriale…
“Per essere foodie – scrive Nicole Weston, altra profeta del termine – non occorre solo amare il cibo ma essere profondamente interessati ad esso”.
Il foodie vuole sapere, vuole imparare, essere informato. Non sa (come il gourmand) tutto, non è un esperto… ma è curioso e ambisce a diventarlo.
“Non è uno snob - conclude la Weston – che prende in considerazione un ristorante solo se ha il paté di tartufi nel suo menù… non acquista solo in fattoria o dal contadino, ma cerca semplicemente prodotti buoni e freschi”.
Insomma, una rivoluzione democratica che promette, anche in Italia, di portare aria nuova nel mondo degli appassionati di food & drink. E che sembra anche eticamente più compatibile con il senso di nuova austerità e semplicità portata dalla crisi.
30/09/2009