Extravergine. ImbrOlio al supermarket

22 Nov 2011, 17:19 | a cura di

Ecco cosa acquistiamo per Extravergine di Oliva quando andiamo al supermercato: olio muffo, rancido, da olive alterate, non italiano. Questo in una percentuale che per le muffe arriva al 40%, al 16% per le olive alterate, all’8% per il rancido. E per il 50% dei casi le bottiglie esaminate non sarebbero classificabili come Olio Extravergine

di Oliva. Mica male! Il dato è stato presentato da Coldiretti insieme a Symbola e a Unaprol. Le analisi sono state di tipo chimico eseguite in parallelo in tre laboratori: quello dell’Agenzia delle dogane, quello dell’Università di Perugia e una struttura terza. Le bottiglie acquistate dagli esaminatori direttamente dai banchi dei supermercati più presenti in Italia, sono le etichette più diffuse sul mercato da olive comunitarie da cui sono state escluse quelle con marchio Dop e quelli 100% italiano.

 

 

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Il che significa che la metà degli oli più acquistati dagli italiani non possono chiamarsi extravergine. Una truffa ai danni dei consumatori, della loro intelligenza e della loro buonafede.

Inoltre, da un’indagine Coldiretti, in 4 bottiglie di extravergine su 5 con miscele di diversa origine, non è possibile leggere la provenienza delle olive. Dato obbligatorio dal 2009. “Nelle bottiglie presenti sui banchi dei supermercati è pressoché impossibile leggere le dizioni “miscele di oli di oliva comunitari” o “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”. “Per questo – affermano Coldiretti, Symbola e Unaprol – il nuovo ministro dell’Agricoltura Mario Catania deve accelerare l’iter di un decreto sulle dimensioni dei caratteri e sul posizionamento delle diciture nelle etichette, firmato 4 mesi fa e non ancora pubblicato”.

 

 

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Per Ermete Realacci, presidente di Symbola, non ci sono dubbi: “Per l’olio è importante seguire la strada intrapresa con successo per il vino da anni. Trasparenza e legalità sono i due terreni da cui non si può prescindere nel parlare di qualità e nel presentarla. Fare l’Italia vuol dire difendere la qualità”.

E a proposito di trasparenza e legalità, gli fa eco la denuncia di Massimo Gargano, presidente di Unaprol. “In Italia – dice – produciamo 500mila tonnellate di olio di oliva che per il 60% (300mila tonnellate) è extravergine. Di queste, circa un terzo viene destinato all’autoconsumo dei produttori e alle vendite dirette. L’Italia è il maggiore importatore di olio di oliva (470mila tonnellate), ma in Italia il consumo di olio di oliva è di 700mila tonnellate e l’esportazione verso l’estero è di 250mila tonnellate: sono queste le cifre che danno l’idea di cosa alimenti i prodotti destinati al mercato interno e all’esportazione di un presunto Made in Italy”.

“E’ scandaloso – afferma infatti Sergio Marini, presidente di Coldiretti – che in un paese come l’Italia che ha conquistato primati mondiali nella qualità dell’extravergine, siamo costretti a consumare con l’inganno prodotti scadenti che potrebbero anche mettere a rischio la salute”.

Del resto, se produrre un chilo di olio extravergine di oliva costa al nord una media di quasi 6 euro – spiega Gargano – e al sud una media di 3,5 euro, come può costare un litro di olio al supermercato – imbottigliato, etichettato e trasportato – meno di 3 euro? In questo gap do prezzi e di costi, inoltre, non c’è anche una questione etica? Quanto lavoro nero si nasconde lì dietro?

E’ evidente che i conti non tornano. E che continuando così non potranno mai tornare.



Stefano Polacchi

novembre 2011

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