Il ritorno del Bue. Non solo a Carrù…

3 Feb 2012, 11:30 | a cura di

E’ bene dirlo subito, per non alimentare false speranze o inutili fraintendimenti. La Fassona, o Piemontese, è una razza a sé, a detta di molti superiore a tutte le altre che si possono trovare in Italia. E’ grazie a lei che a

p://www.comuni-italiani.it/004/043/" target="_blank">Carrù, località in provincia di Cuneo, è ancora oggi viva la tradizione del Bue Grasso (con tanto di eventi, passerelle, aste e tavole imbandite), orgoglio contadino e “trattore” ante litteram che ha rischiato l’estinzione, ma che nella prima metà del Novecento popolava stalle e campagne d’Italia.

 

Il Bue (castrato e invecchiato; diverso dunque dal bovino, che non è castrato e viene macellato giovane, dai 12 ai 18 mesi) è un animale dal fascino antico, dall’origine nobile. Una volta diventato troppo vecchio per il lavoro, finita l'ultima aratura, viene fatto mangiare molto e bene, facendogli così recuperare muscoli e peso. L’animale da lavoro diventava così il "bue grasso", che oggi sfila imperioso nell’annuale fiera di Carrù. Un bestione di circa 5 anni, alimentato con mais, crusca, fieno, orzo e fave e chi più ne ha più ne metta.

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La notizia è che anche altre regioni si stanno dando da fare per non far scomparire il Bue, anche se ancora i casi di ripopolamento sono decisamente isolati. In Umbria l’idea è venuta ad un piccolo ma straordinario allevatore di Perugia, Michele Sisani dell’azienda Agri Simba, che coccola i suoi animali a Ponte d’Oddi, appoggiato dai ragazzi della Macelleria Santa Croce di Elce, tra le migliori della città.

 

“Abbiamo avviato il progetto da oltre tre anni, castrando un puro vitello di razza Chianina di 5 mesi – sorride Michele - I risultati sono incredibili: l’animale ingrassa, cambia fisionomia, si trasforma. Per la mia azienda è un grande sacrificio economico, ma ne vale la pena e sono sicuro che in futuro ci darà grandi soddisfazioni”. Secondo i macellai di Santa Croce: “la carne di questo animale raggiunge livelli di gusto e sapore superiori, visto che il grasso si infiltra nei tessuti magri durante il lungo allevamento. Avremo così una carne succulenta, cremosa, tenera e allo stesso tempo saporita. Una sorta di Gran Riserva”.

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In Emilia - Romagna, nel 1940, c’erano più di 100.000 buoi e non ne è rimasto nemmeno uno. Anzi no, uno è tornato. Merito di Luigi Martini, un giovane che ha fatto della sua passione per la vita
in campagna una scelta di vita. Non ha abbandonato come tanti suoi coetanei la valle del Bidente, dove è nato, ed ha continuato ad allevare vacche e maiali e a gestire i terreni della sua famiglia. Qualche anno fa, insieme ad alcuni altri piccoli allevatori, ha deciso di dar vita ad un consorzio, “Il Magnifico”, per allevare la vacca romagnola secondo un disciplinare molto rigido: solo animali nati nella valle, solo foraggio e cereali coltivati nei loro poderi e un rispetto assoluto per gli animali. Questo gruppo ha ripristinato un vecchio macello a Santa Sofia e accompagna gli animali dal primo ad ultimo giorno con passione.

 

Qualche tempo fa l’idea di castrare e allevare un vitello ben oltre i tempi usuali pensando di mettere alla prova la razza romagnola e riscoprire la qualità di carni mature. Lo scorso 30 gennaio, presso la tenuta Pertinello (Galeata, Forlì) di Moreno Mancini, si è svolto un grande evento per il ritorno del Bue. La parte gastronomica è stata curata da Giacinto Rossetti, la testa e l’anima del Trigabolo, che ha accettato con entusiasmo di pensare ad un menù per l’occasione. Hanno cucinato con lui Remo Camurani della Trattoria di Strada Casale di Brisighella, Roberto Casamenti e Alessandra Bazzocchi dell’Osteria Campanara di Pianetto di Galeata e Giuliana Saragoni del Gambero Rosso di San Piero in Bagno. In abbinamento, ovviamente, i vini di del Pertinello. Ideali per festeggiare il ritorno del Bue!

 

 

Antonio Boco
03/02/2012

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