A guardarlo si fa un salto in un passato sconosciuto: ben 200 milioni di anni fa. Lo storione sembra essere apparso allora. Molto più vecchio degli ominidi che hanno più o meno due milioni di anni. È un pesce di epoca mesozoica, l'era considerata il medioevo della storia terrestre, e da allora è giunto fino a noi. Sebbene abbia un po' le sembianze di un dinosauro, è sopravvissuto ai dinosauri, ma non all'estinzione provocata dall'intervento umano - pesca eccessiva, sbarramenti fluviali, inquinamento delle acque - e così lo storione oggi è una specie che esiste grazie agli allevamenti, mentre da più di 10 anni è severamente vietata la pesca professionale e sportiva degli esemplari selvatici nel mondo. Ovviamente a essere ambitissime sono le sue uova che danno vita al caviale. Un prodotto fortemente evocativo che richiama a lusso, vodka, freddo. E soprattutto a territori come la Russia o il Mar Caspio. Ma è univocamente così? È per forza così? Non proprio: c'è infatti un sempre più fiorente made in Italy del caviale che per qualità e valore del prodotto non ha nulla da invidiare a quello delle più fredde latitudini.
Sergio Giovannini e lo storione del Ticino
Sergio dello storione sa tutto, lo trova perfino bello e ti mostra decine di foto sul telefonino, facendole scorrere come si farebbe con quelle della prima recita scolastica di un figlio.Siamo nel Parco del Ticino, a poco più di mezz'ora d'auto da Milano, zona Sud, primo parco istituito dal Ministero dell'Ambiente oltre 40 anni fa. Il che vuol dire che da oltre quattro decenni la zona è preservata da grosse industrie, smaltimento rifiuti e zootecnia invasiva. Le acque sono pulite, anche grazie al grande bacino di decantazione rappresentato dal Lago Maggiore. Fu il padre di Sergio, Giacinto, a comprare una cinquantina di storioni dai pescatori dell'Adriatico. Parliamo della metà degli anni Settanta e alcuni di questi sono ancora vivi: uno storione può arrivare anche a cento anni.
Sono i cosiddetti F0, i progenitori selvatici di tutti i pesci attualmente allevati nelle vasche.“Purtroppo non è stato possibile recuperare tutte e tre le specie viventi nei fiumi italiani – spiega Sergio – l'Huso huso, ovvero il Beluga, l'Arcipenser Sturio, meglio conosciuto come storione comune e l'Arcipenser Nacarii, il Còbice, che è il più “italiano” dei tre perché è sempre esistito solo nel Mar Adriatico e per la riproduzione risaliva il fiume Po ed alcuni suoi affluenti come l'Adda e il Ticino (ma anche Adige, Brenta e Tagliamento). Questa specie è salva grazie a mio padre: allevarli qui, nel parco del Ticino, è un po' come riportarli all'origine”. In effetti l'ambiente di Cassolnovo, dove ha sede la società dei Giovannini, la Storione Ticino, vanta acqua di fiume, di sorgiva e di pozzo. Qui c'è l'allevamento. La commercializzazione, gestita a Calvisano in provincia di Brescia, è affidata a Italian Caviar, società partecipata dal Gruppo Agroittica Lombarda (con le linee Calvisius e Ars Italica Caviar), che nel mondo vuol dire il 15 per cento del mercato totale di caviale.
Girando per le vasche di Cassolnovo ci si rende conto anche delle differenze tra una specie e l'altra, diversità che poi si ritroveranno anche nelle rispettive uova: esiste lo storione albino, ad esempio, che darà del caviale bianco; c'è poi lo Stellato da cui si ricava il "Sevruga" e quello russo da cui si ottiene l'"Oscietra". Beluga e Siberian invece sono presenti negli impianti di acquacoltura a Calvisano. “Fa una certa impressione – racconta l'imprenditore – pensare che qui, nel parco del Ticino, ci sono più storioni che in tutto il Mar Caspio”.
A far compagnia a Sergio molti altri produttori, scoprite le loro bellissime storie nel nuovo numero del mensile del Gambero Rosso, in questi giorni in edicola.
a cura di Francesca Ciancio
QUESTO È NULLA...
Nel numero di maggio del Gambero Rosso,un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate tutto il racconto, dove abbiamo coinvolto gli altri produttori italiani di caviale, da Matteo Giovannini (Adamas Caviar) a Jenny Giaveri (Caviar Giaveri), a Matteo Merlotti (Azienda Agricola Pisani Dossi). Non solo, abbiamo spiegato come avviene la produzione, quali sono le caratteristiche nutrizionali, quali chef lo apprezzano (Enrico Bartolini, Antonio Guida, Marcello Trentini) e come lo utilizzano in cucina. Un servizio di 9 pagine che include anche i suggerimenti per assaporarlo al meglio e un focus sulla bottarga più dolce, quella di Tromsø in Norvegia.
Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
Abbonamento qui