Bagheria: viaggio enogastronomico nella città delle ville

9 Feb 2023, 10:26 | a cura di
Dopo la moda del Barocco e della Villa, che la resero famosa nel secolo dei Lumi, oggi Bagheria è meta golosa: per i suoi cuochi, ma anche per i suoi artigiani

Bagheria è sempre stata famosa e meta di turismo per le sue ville, alle porte di Palermo e per le inquietanti statue volute dal principe di Palagonia che la portarono a essere considerata il luogo “più originale che esiste al mondo e famoso in tutta Europa”. Oggi, però, la cittadina di quasi sessantamila abitanti ad est di Palermo, deve usare un nuovo pay off: “Città delle ville e del gusto”.

Bagheria: una rete golosa e gourmet per la Piana d’Oro

Così, anni e anni di lavoro sottotraccia per mettere in rete produttori, artigiani e cuochi e altrettanti per prendere consapevolezza delle ricchezze di un territorio, stanno cominciando a dare i loro frutti. Se ne sono accorte le guide gastronomiche più prestigiose, se ne sono accorti i viaggiatori appassionati di storia e di buon cibo. Bagheria è sempre più una meta per gli amanti del mondo enogastronomico che vogliono vivere e portare con sé, nel loro ricordo ma anche nelle loro sporte, un’esperienza che metta insieme gusto e identità territoriale.

La cittadina ad una ventina di chilometri da Palermo, scelta nel XVII secolo come luogo preferito per le vacanze dei nobili palermitani che qui fecero costruire le loro dimore di villeggiatura, sorge in quella che un tempo era identificata come la Piana d’Oro, per via del colore dei limoni che qui si coltivavano numerosi e che per decenni hanno dettato le regole economiche di questi territori. Bagheria è famosa per avere dato i natali al pittore Renato Guttuso, del quale a Villa Cattolica si conservano le spoglie, al regista Peppuccio Tornatore che alla sua cittadina natale ha anche dedicato il film Baaria, al fotografo Ferdinando Scianna, al poeta Ignazio Buttitta, al matematico Giuseppe Bagnera.

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Bagheria terra di nobili e artisti e terra di mostri

È terra di ville e palazzi nobiliari che l’aristocrazia palermitana fece costruire lontano dal frastuono della città. È terra di mostri, qui conosciuti come pupi: le statue grottesche raffiguranti satiri, mori, mendicanti e nani deformi che ornano il muro di cinta della più celebre tra le dimore nobiliari bagheresi, Villa Palagonia, che ogni anno richiama migliaia di visitatori.

Ma è anche terra di sfincione – una sorta di pizza alta con cipolla, tuma e alici – alla quale ogni anno viene dedicato un festival; è terra dove regna il concentrato di pomodoro che qui per tutti è l’astrattu, fatto ancora come si faceva una volta, mettendo a essiccare la passata di pomodoro al sole su tavole di legno; è terra di alici sotto sale e sott’olio, lavorate nella frazione marinara di Aspra ed esportate in tutto il mondo. Ed è, naturalmente, il territorio dei limoni, in particolare i verdelli: dal profumo intenso e molto richiesti dall’industria dolciaria e cosmetica.

Tavole per palati esigenti e buongustai

È meta di palati raffinati con due ristoranti blasonati, I Pupi gestito dallo chef Tony Lo Coco e dalla moglie Laura Codogno e il Limu, dello chef Nino Ferreri acclamato dalla critica gastronomica ad appena un anno dall’apertura del suo locale. Due ristoranti che nulla hanno da invidiare a locali giovani di Palermo, come Gagini o come il Mec, che hanno messo in moto per Bagheria una vera e propria rimonta nel mondo della cucina gourmet in Sicilia dopo anni di militanza in serie minori.

“Bagheria di oggi, rispetto a quando ho aperto il mio ristorante, nel 2009, è un altro mondo”, racconta Tony Lo Coco. Questa cittadina, che gli aveva dato i natali, era in tutto e per tutto una tela bianca su cui lo chef ha potuto incidere una sua visione di cucina e di promozione del territorio. “All’inizio eravamo senza linee guida – ricorda – perché Palermo e la provincia non godevano di grande considerazione dal punto di vista della ristorazione. Io avevo però una visione del mio lavoro che è poi quella che mi ha sempre guidato e mi sprona tutt’oggi: la cucina di qualità è un volano importante per far crescere il territorio. All’inizio è stata dura. Con mia moglie abbiamo anche pensato di mollare dinnanzi a certi sabati sera con zero coperti. Ma il sogno è stato più forte e ci ha permesso di andare avanti fino a quando non abbiamo trovato la quadra con la clientela locale: allora abbiamo capito che era quella la strada giusta. La stella Michelin, che ci è arrivata nel 2014, è stata solo una conseguenza del lavoro fatto per soddisfare i clienti. Lo stesso è avvenuto con il Gambero Rosso: siamo passati da 1 a 2 Forchette proprio in quegli anni”. Nei piatti de I Pupi, nome scelto in omaggio ai mostri della adiacente Villa Palagonia, emerge l’amore di Lo Coco per la sua terra, il rispetto per il lavoro di pescatori e agricoltori locali, vero valore aggiunto. La dicotomia tutta bagherese tra cultura contadina propria della Piana d’oro e cultura marinara dell’adiacente borgata di Aspra, nelle sue creazioni è invece fusione che dà vita a piatti iconici come la “stigghiola di tonno” o il “ricordo di sfincione”. “Senza le acciughe non esisterebbe la mia cucina”, ricorda spesso Lo Coco.

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Nel solco tracciato dallo chef de I Pupi, appena un anno fa, ha trovato spazio il talento dello chef Nino Ferreri che, benché originario della vicina Trabia, ha scelto Bagheria per dar vita al suo ristorante. Il nome scelto, Limu, limone in persiano, è già una dichiarazione di intenti, omaggio a uno dei prodotti principe di questa terra, l’agrume preferito dallo chef. “La mia è una cucina che al 95 per cento si basa sul territorio – dice Ferreri – la mia idea è di trasformare i prodotti siciliani utilizzando al meglio le tecniche apprese nel corso degli anni ma senza esasperazioni e solo per esaltarne le caratteristiche organolettiche”.

La tradizione: uovo sodo e zibibbo

Ma a Bagheria il racconto del territorio passa anche da seconde e terze generazioni di famiglie di ristoratori che nelle potenzialità di questa cittadina hanno sempre creduto, come la storica Trattoria Don Ciccio, aperta nel 1943 e tramandata di padre in figlio, mantenendone inalterata l’essenza. Qui, ancora oggi, al commensale viene servito come benvenuto un uovo sodo accompagnato da un bicchiere di zibibbo, un rito che invita alla convivialità e apre il palato alle esperienze gastronomiche della tradizione: bucatini con le sarde, pasta con ragù di tonno, involtini di pesce spada, brociolone al sugo, bistecca alla palermitana.

Tradizioni di famiglia che si rinnovano anche per lo chef Claudio Oliveri, titolare di Oliveri 1964, ristorante nato nello stesso locale che ha ospitato una storica trattoria bagherese, quella di Franco il Conte, papà dello chef. La cucina di Claudio è un racconto della storia della sua famiglia, rivisitata nelle preparazioni e nelle cotture. Tra i piatti più rappresentativi, il risotto alla carrettiera, la versione secondo Oliveri del più classico piatto di spaghetti.

a cura di Clara Minissale

QUESTO È NULLA…

 Insomma, Bagheria città delle ville e del gusto ha tante storie da raccontare e oggi ne è più consapevole, a cominciare dall’arte, sì, l’arte dell’acciuga: un museo in cui i fratelli Girolamo e Michelangelo Balistreri, nell’industria ittico-conserviera da generazioni, tengono ben viva la memoria di Aspra e la rinnovano con nuovi, preziosi e a volte rari pezzi suddivisi in sei stanze interamente dedicate all’acciuga. Parliamo anche di vino, le Cantine Duca di Salaparuta, e tavole da scoprire. Non solo, nel nuovo numero di Gambero Rosso anche la ricetta dello sfincione bagherese secondo il Panificio Conti.

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