Mikako Fujita è una barista di 51 anni che soffre di sclerosi laterale amiotrofica, ma nonostante questo riesce a lavorare in un cafè nel Nihonbashi District di Tokyo. Com’è possibile tutto questo? Merito di Kentaro Yoshifuji e dell’Ory Laboratory, che hanno messo in piedi un progetto sperimentale con un doppio obiettivo: da un lato alleviare la solitudine delle persone che sono costrette a letto da malattie invalidanti e dall’altro permettere loro di avere un lavoro e sentirsi parte attiva della società nonostante la loro condizione. Lo ha raccontato il Tokyo Weekender in un articolo che parla dell’Avatar Robot Cafè Dawn (Diverse Avatar Working Network) il locale della capitale giapponese in cui i camerieri robot sono comandati a distanza dai cosiddetti pilot.
I robot camerieri comandati dalle persone disabili
L’Avatar Robot Cafè Dawn ha aperto nel giugno del 2021 dopo una serie di pop-up in cui è stato sperimentato il sistema. Gli androidi si chiamano OriHime e OriHime-D e possono essere controllati attraverso device da casa, anche semplicemente con il movimento degli occhi. Oltre all’area ristorante, il locale ha anche un lounge con wifi e prese dove si può andare a lavorare bevendo un caffè. All’ingresso ad accogliere i clienti c’è un androide bianco delle dimensioni di un bambino che dice “ciao” e saluta con la mano, mentre la sala è popolata da altri esemplari che circolano con piatti e bevande per i tavoli, dove c’è una versione in miniatura dei robot che mostrano il menu e prendono gli ordini.
Al bancone invece c’è un altro tipo di androide, chiamato Tele-Barista, che prepara bevande e cocktail ed è comandato a distanza proprio da Mikako Fujita, che prima della diagnosi di SLA era una barista professionista. Quando si è rivolta a Dawn – che al momento ha uno staff di settanta persone che vengono chiamate pilot – non esisteva ancora il Tele-Barista, ideato e progettato proprio grazie all’esperienza di Mikako. Nella sua casa nella prefettura di Aichi – a circa 300 chilometri di distanza da Tokyo – la barista assaggia le diverse varietà di caffè disponibili nel locale per poter consigliare al meglio i suoi clienti, che serve muovendo le mani del robot come fossero le sue.
Le altre iniziative di inclusione
Secondo il Ministero della Salute giapponese, oltre il 7% della popolazione vive con una disabilità. La mission di Dawn è quella di creare e condividere opportunità per coloro che vogliono lavorare, ma non possono farlo a causa delle loro condizioni mediche o fisiche. Durante l’adolescenza Kentaro Yoshifuji è stato ricoverato più volte in ospedale e non ha potuto frequentare di persona la scuola per lunghi periodi di tempo. Questa esperienza lo ha ispirato a studiare robotica e a usare la tecnologia per aiutare le persone che non sono in grado di partecipare alla normale vita sociale o lavorativa. Yoshifuji e l’Ory Laboratory stanno lavorando alla creazione di un ufficio virtuale per lo staff in cui i piloti possono incontrarsi e scambiarsi informazioni ed esperienze, oltre che addestrare i nuovi arrivati.
"Il nostro obiettivo finale è quello di utilizzare la tecnologia come mezzo per ridurre i molti ostacoli che impediscono alle persone di partecipare in modo equo alla società, creando una società più inclusiva in cui i robot avatar sono la norma" si legge sul sito dell’azienda, che è un esempio di come l’inclusione dei robot nella ristorazione può portare anche a iniziative inclusive che generano posti di lavoro, oltre a creare preoccupazioni per il ruolo dei camerieri. Tramite Dawn, circa trenta piloti sono stati assunti in grosse compagnie come Microsoft e NTT Group.
Nel locale c’è spazio anche per altri progetti che hanno come fil rouge quello di tentare di alleviare la solitudine delle persone. Per esempio, in qualche occasione il cafè si è trasformato in un campo da calcio per bambini allettati che utilizzavano gli androidi come giocatori, altre volte i piccoli robot attraverso cui si ordina ai tavoli si sono trasformati in avatar con cui le persone hanno visitato Tokyo in videoconferenza con i loro familiari.
a cura di Maurizio Gaddi