Nati a fine ’800, i rifugi sono l'emblema delle nostre montagne: le Alpi in particolare, ma anche gli Appennini. Sono locali estremi, spesso a quote davvero elevate e sono gestiti da persone che quasi sempre hanno una bella storia da raccontare. Propongono cucina di montagna e del territorio che li ospita, ma anche piatti da chef. In inverno ospitano gli sciatori, ma l'estate è il periodo migliore per goderseli al massimo. Nel numero di settembre del Gambero Rosso trovate una piccola mappa dei più golosi. Qui un'anticipazione.
I rifugi in montagna
“Rifugio” è una parola bellissima. La definizione che ne dà la Treccani è “riparo, difesa, contro un’insidia o un pericolo materiale o morale”. Rifugio è dentro opposto a fuori, luce e calore opposti a buio e freddo. Rifugio è un guscio di protezione. E in quale luogo, più della montagna, c’è bisogno di protezione?
In Italia i primi rifugi sono nati verso la fine dell’Ottocento con l’inizio del turismo alpinistico ed escursionistico: punti di ristoro e di ospitalità, dove i viandanti in giro per le montagne potessero fermarsi la notte e godere di una cena, e una colazione, semplici e sostanziose, adatte a combattere il freddo e la fatica. Con il crescere del turismo di montagna i rifugi si sono moltiplicati, la proposta si è diversificata e alcuni di loro, specialmente quelli sulle piste da sci, si sono trasformati in veri e propri hotel-ristoranti.
La maggior parte dei rifugi italiani è di proprietà del Cai (Club Alpino Italiano) che li dà in gestione per una o più “stagioni”. Esistono equivalenti dei rifugi anche all’estero - le gîtes d’étape in Francia, le capanne in Svizzera… - ma è soprattutto nel nostro paese che i rifugi hanno finito per costruirsi un’identità gastronomica al di fuori del loro ruolo di protezione, di tappa lungo un percorso, per diventare essi stessi la meta.
Valle D’Aosta. Rifugio Torino
Il Rifugio Torino, aperto a inizio anni Cinquanta a quota 3.375 sul massiccio del Monte Bianco, dalle sezioni Cai di Torino e Aosta, è forse il più iconico della regione. Nel 2012 è stato preso in gestione da Armando Chanoine contemporaneamente all’inizio dei lavori per lo Skyway Monte Bianco - la funivia, inaugurata nel 2015, che permette di salire fino ai 3.462 metri della vicina Punta Helbronner in meno di mezz’ora. “Gli operai che la costruivano dovevano dormire e mangiare. E l’unico posto per ospitarli era il Torino - racconta Armando, guida alpina - Per quattro anni siamo rimasti aperti solo per loro. Le difficoltà erano tante: il freddo, la mancanza d’acqua, il poco ossigeno. Alla fine dei lavori abbiamo pensato che, se ce l’avevamo fatta, potevamo pur continuare!”.
E così ora il Torino è aperto 11 mesi l’anno (novembre escluso): a pranzo lavora con i turisti, che possono salire con lo Skyway a Punta Helbronner e da lì arrivare al rifugio tramite un ascensore e un tunnel scavato nella montagna; a cena invece è il regno degli alpinisti che da qui possono partire per diverse escursioni, compresa l’ascesa del Monte Bianco. “Serviamo le colazioni a quattro orari: mezzanotte, due, quattro e sei di mattina. Dopo le nevi si sciolgono e diventa pericoloso passare per determinati punti”.
In cucina c’è Chongba Sherpa, un nepalese che lavora per Armando da 12 anni, insieme alla moglie: “Sono nati a oltre tremila metri quindi non temono l’altitudine. Ha imparato la cucina valdostana - semplice eh: polenta, spezzatino, zuppa valpellinentze con pancetta, pane, verza e formaggio… - mentre i liquori li prepara mia moglie con le erbe che raccoglie in ghiacciaio”.
Valle D’Aosta. Rifugio Bertone
A quote più “normali” troviamo il Rifugio Bertone (2.000 m), raggiungibile a piedi dalla Val Ferret o da Courmayeur. È stato costruito da Lorenzino Cosson, ex guida alpina e uno dei primi valdostani a credere nel turismo di montagna, a inizio anni Ottanta, ed è dedicato all’amico e compagno di scalate Giorgio Bertone, morto in un incidente aereo. Ora “Renzino” guida il rifugio con la moglie Giovanna e la figlia Alice. Gli escursionisti vengono qui da tutto il mondo, mentre i prodotti sono rigorosamente locali - e arrivano a dorso di mulo. La polenta viene preparata con quattro farine e cotta a legna: tra le varianti da provare ci sono quella “con latte”, un autentico piatto della tradizione povera, e quella “alla valdostana” con la fontina che la famiglia Cosson prepara e stagiona in rifugio.
Piemonte. Agriturismo Alpe Burki
Ai piedi della parete est del Monte Rosa troviamo il comune con l’altitudine più alta dell’intera regione: Macugnaga. La storia dell’Agriturismo Alpe Burki comincia nel 1856, quando il trisnonno di Silvia Zanetta acquista un alpeggio dove offre polenta, latte e formaggio ai primi escursionisti che si avventurano su queste vette. L’alpeggio si è trasmesso attraverso le generazioni e nel 2013 è passato in mano a lei e al fratello: “Io lavoravo in un’agenzia di comunicazione, lui era insegnante e mia cognata biologa molecolare. Abbiamo tutti mollato i nostri lavori per trasferirci qui - racconta - Facciamo tutto in casa: confetture, salumi, insaccati, polenta rigorosamente nel paiolo. Tutti i nostri prodotti li chiamiamo "limited edition" per far capire che variano rigorosamente a seconda della stagione. Abbiamo un alpeggio in cui produciamo formaggi e latticini. Proponiamo anche una bevanda per i camminatori, chiamata scherzosamente B-Up, con siero di latte, limone e miele, un energetico naturale insomma. Il nostro scopo è far conoscere il nostro territorio attraverso le tradizioni legate al cibo”.
Nel numero di settembre del Gambero Rosso trovate tutti gli altri rifugi di Piemonte, Alto Adige, sull'Appennino Tosco-Emiliano e sulle Alpi Apuane.
a cura di Giorgia Cannarella
QUESTO È NULLA...
Nel numero di settembre del Gambero Rosso trovate la mappa dei rifugi di montagna completa, con in più le 10 specialità d'alta quota da non perdere.