Come si fa un buon caffè?
La storia del caffè espresso ve l'avevamo già raccontata qui: una bevanda nata alla fine dell'Ottocento e diffusasi in breve tempo in tutto il mondo. Macchiato, ristretto, corretto: le varianti sono molteplici, ma come si prepara un classico espresso estratto a dovere? Con questa miniguida, realizzata con il prezioso contributo di Alessandro Galtieri del bar Aroma di Bologna vogliamo evidenziare, passo dopo passo, tutti i passaggi necessari per realizzare un caffè espresso d'autore. E non solo: l'obiettivo è anche quello di individuare e portare alla luce il livello medio dei bar italiani che, purtroppo, è ancora molto inferiore rispetto a quello delle caffetterie estere, ancorato a falsi miti e leggende che è tempo di sfatare. Una guida, dunque, che si propone di aiutare il consumatore a riconoscere un barista preparato da uno disattento. Ecco, quindi, quali sono le accortezze che un professionista del caffè deve avere e i vari passaggi da effettuare.
1. Il purge (o flussaggio)
Un'operazione fondamentale da effettuare prima di ogni espresso, per garantire massima igiene e pulizia della bevanda. Si sgancia il portafiltro (questo è il suo vero nome, non braccino) e si eroga acqua per eliminare i residui del caffè precedente e pulire le doccette della macchina. Questo passaggio va fatto sempre prima di ogni nuovo espresso.
2. La pulizia del portafiltro
Una volta sganciato il portafiltro, questo va pulito con appositi pennelli o panni, per eliminare i residui di caffè e tutta la polvere rimasta nel filtro. Una leggenda che da (troppo) tempo viene tramandata fra tanti baristi italiani narra che il caffè rimasto dall'estrazione precedente conferisca più “gusto” e “aroma” alla bevanda: in realtà, le uniche caratteristiche che si possono ottenere dal caffè esausto sono sgradevoli, come il sentore di bruciato. Dunque non basta sbattere violentemente il portafiltro su un asse per pulirlo, va accuratamente liberato da ogni residuo a mano, ogni volta. Il primo e il secondo passaggio possono essere invertiti: quello che conta è che entrambe le operazioni avvengano prima dell'estrazione.
3. La macinatura
Il caffè va macinato sempre al momento: dopo solo 15 minuti dalla macinazione infatti, il prodotto ha già perso circa il 65% degli aromi. In tanti bar si trova il caffè già macinato, che il barista si limita a prelevare prima dell'estrazione: questa abitudine comporta una perdita significativa di sentori, gusto e freschezza. Il prodotto deve essere sempre in grani, situato nelle apposite tramogge (le cosiddette campane), le cui pareti devono essere sempre trasparenti e perfettamente pulite. Capita, purtroppo troppo spesso, di trovare le campane ricoperte da un alone tendente al giallo: quella patina è dovuta all'olio contenuto all'interno dei chicchi di caffè che, col passare del tempo, ossida a contatto con l'aria e irrancidisce il tutto...
4. La pressatura
Una volta macinato, il caffè va pressato con l'ausilio di un pressino manuale, unico strumento in grado di garantire al barista la massima precisione. Tanti baristi si affidano ai pressini forniti in dotazione con i macinatori dalle aziende (per esempio quelli attaccati al macinacaffe), ma questi sono molto spesso di una conformazione sbagliata, solitamente più piccoli rispetto al diametro del portafiltro.
5. La pulizia del portafiltro – seconda parte
Si passa poi a pulire nuovamente il portafiltro, questa volta sui bordi, per eliminare la polvere in eccesso. Senza questo passaggio, la polvere di caffè finita ai lati del portafiltro andrà a bruciarsi durante il processo di estrazione, portando sentori sgradevoli alla bevanda. Non solo: questa polvere in eccesso rischia anche di rovinare le guarnizioni di gomma presenti all'interno della macchina.
6. La pulizia dei beccucci
Dopo aver pulito i bordi del portafiltro, si passa ai beccucci, le due estremità forate dalle quali fuoriesce la bevanda. Questi ultimi vanno sempre puliti prima di ogni nuova estrazione, proprio come tutti gli altri strumenti impiegati durante il processo.
7. L'estrazione
Si aggancia poi il portafiltro e, finalmente, si estrae la bevanda in un tempo previsto fra i 20 e i 30 secondi, stando ai parametri stabiliti dalla Scae (Specialty Coffee Association of Europe).
L'igiene in un bar è fondamentale non solo durante il processo di estrazione, ma anche a fine giornata lavorativa. La macchina per espresso, la tramoggia e tutti gli altri strumenti utilizzati vanno infatti puliti regolarmente con gli appositi prodotti igienici.
Come si fa un buon caffè macchiato
Per chi non riesce a rinunciare a un po' di latte, c'è un ulteriore dettaglio da osservare mentre si aspetta il proprio espresso macchiato al bancone del bar: la lancia vapore con la quale il latte viene montato. Questa deve essere sempre pulita dopo ogni utilizzo con un panno apposito. Diffidate, quindi, da tutti quei bar in cui le lance sono ricoperte da uno spesso strato bianco: quella patina non è altro che latte precedentemente montato, rimasto attaccato all'acciaio. Altra accortezza che il barista deve avere è quella del ricambio del latte: una volta montato, il liquido non può montare una seconda volta e, nel caso in cui il barista provi a farlo, il risultato sarà quello di ottenere del latte bruciato.
Come si fa un buon caffè lungo
Un'altra variante dell'espresso spesso richiesta è quella “lunga”, ovvero una tazza con maggior quantità di bevanda, più diluita. Un bravo barista realizzerà il caffè lungo sempre allungando un classico espresso con acqua calda e non prolungando l'estrazione. Questo perché i tempi di estrazione – che variano a seconda della varietà botanica, tipologia di caffè, grado e freschezza di tostatura – sono fondamentali per ottenere un buon espresso e, modificandoli, si andrà a mutare anche il gusto in tazza.
Caffè espresso. Dosi, tempi e temperature
Veniamo, dunque, ai numeri. Per quanto riguarda la quantità di caffè, i canoni dell'espresso italiano classico impongono 7 grammi di caffè. In realtà molti baristi – specialmente all'estero – ne utilizzano il doppio o il triplo. Bisogna specificare però che la dose varia in base al tipo di bevanda che si vuole ottenere, al tipo di tostatura e alla freschezza del caffè, per cui è pressoché impossibile stabilire una cifra precisa e fissa.
Per quanto riguarda i tempi, invece, quelli previsti dalla Scae sono compresi fra i 20 e i 30 secondi, ma l'espresso italiano classico ne impone 25. Le scuole di pensiero, anche in questo caso, sono diverse e si basano su tecniche e caffè differenti fra di loro, ma come influisce questo parametro? Il tempo di contatto fra acqua e caffè è ciò che influenza l'estrazione delle componenti aromatiche presenti all'interno del chicco. Maggiore è l'estrazione e maggiore è il numero di sostanze idrosolubili all'interno della bevanda. Questo però non è necessariamente un bene, perché alcune di queste sostanze non sono gradevoli, per cui l'obiettivo finale è quello di trovare il giusto equilibrio.
Come si riconosce un buon caffè espresso
L'espresso buono lo si riconosce proprio dall'equilibrio; naturalmente, possono esserci dei piccoli sbilanciamenti e ogni caffè può essere più o meno acido, più o meno dolce e via discorrendo, ma la bevanda non deve presentare dei picchi eccessivamente pronunciati.
E la tanto agognata crema? Anche in questo caso, sono scuole di pensiero diverse. In Italia si tende a ricercare una crema che copra tutto l'espresso e che sia persistente, mentre molti baristi all'esteroprediligono il gusto in tazza e si curano poco della crema. Alcuni addirittura la rimuovono.Ma che cos'è la crema? Si tratta di un'emulsione contenente anidride carbonica, che è maggiore quando il caffè è tostato fresco. In quanto emulsione, è un composto instabile ma tendenzialmente dovrebbe essere presente per almeno 1 minuto, 1 minuto e mezzo.
Parleremo di caffè, espresso e filtro, nella nuova manifestazione gastronomica b2b di Torino, Gourmet Expoforum. Di seguito gli appuntamenti:
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a cura di Michela Becchi