Ecco la dieta dell’uomo di Neanderthal, che era ghiotto di pesce. Il suo “menu” scoperto in una grotta portoghese

30 Mar 2020, 14:58 | a cura di
Cozze e vongole, granchi, anguille, orate, persino foche e delfini. E poi cacciagione, frutti mediterranei, pinoli estratti con abilità. Il menu mare e monti dell’uomo di Neanderthal ci dice molte cose sulla sua evoluzione. La scoperta inedita in Portogallo.

L’uomo di Neanderthal in Portogallo

Centomila anni fa, la grotta portoghese di Figueira Brava, in località Setubal, non distante da Lisbona, non era a picco sul mare, come si presenta oggi. Circa un chilometro, o poco più, la divideva dalla costa atlantica, in un’area comunque caratterizzata da clima temperato, all’epoca non dissimile da quello attuale. È questo il contesto ricostruito dagli studiosi per cui la grotta in questione si è rivelata tanto preziosa per ricostruire abitudini inedite dell’uomo di Neanderthal. Recentemente pubblicata sulla rivista Science, la ricerca guidata dall’archeologo Joao Zilhao è frutto del lavoro di un team internazionale, che coinvolge anche l’italiano Diego Angelucci, dell’università di Trento. A loro si deve una ricostruzione precisa delle abitudini di vita dei neandertaliani tanto curiosa, quanto essenziale per avanzare con la conoscenza scientifica di quelli che sono considerati i diretti antenati dell’uomo Sapiens, i nostri avi. Tra 106mila e 86mila anni fa, infatti, la grotta portoghese era frequentata abitualmente da comunità di neandertaliani, che hanno lasciato traccia evidente della propria permanenza nell’ambiente rimasto protetto fino a oggi; e lo scavo del gruppo di ricerca, a partire dal gran numero di reperti materiali rinvenuti, ha portato a formulare ipotesi molto fondate sul livello di evoluzione dell’uomo di Neanderthal, e sulle sue capacità cognitive, che lo confermerebbero anello di congiunzione essenziale nella sviluppo della civiltà umana.

La grotta di Figueira Brava vista dall'alto

Lo studio. Ecco la dieta dell’uomo di Neanderthal

Anche per merito della sua dieta, che qualcuno ha già ribattezzato “mare e monti”. “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, recita il motto attribuito al gastronomo francese Brillat Savarin. Ed è vero nel caso del gruppo che all’interno della grotta ha lasciato resti di banchetti particolarmente ricchi per varietà delle pietanze gradite: non solo cacciagione, bacche ed erbe selvatiche, ma soprattutto molluschi, crostacei, pesci, uccelli acquatici e marini. Persino foche e delfini. Gusci di vongole e cozze, resti di granchi e di anguille, orate, cefali, germani reali dimostrano che l’uomo di Neanderthal aveva grande familiarità con le coste, e possedeva uno sviluppo tecnologico non inferiore alle comunità di uomini Sapiens stanziati nello stesso periodo in Africa Australe, ritenuti finora i principali fautori dell’evoluzione dell’uomo. Una riflessione coerente con gli altri rinvenimenti registrati in grotta, come tracce dell’uso del fuoco, strumenti in pietra scheggiata e gusci di pinoli, che con molta probabilità il gruppo si procacciava nelle sue spedizioni lungo la costa, che ora si rivela fondamentale per l’approvvigionamento di cibo di una comunità evidentemente abituata a consumare soprattutto cibi provenienti dal mare e dal litorale.

L’importanza di Omega 3 e acidi grassi

Una scoperta che, al di là della curiosità, è importante per avanzare una correlazione diretta tra le abitudini alimentari dell’uomo di Neanderthal e la sua intelligenza: ricchi in Omega 3 e acidi grassi, infatti, gli alimenti “marini” avrebbero favorito la sviluppo dei tessuti cerebrali, incentivando quell’aumento delle capacità cognitive finora evidenziato solo nell’ambito delle popolazioni Sapiens africane, peraltro grandi consumatrici di prodotti del mare e ritenute finora uniche depositarie di progressi evolutivi fondamentali, come lo sviluppo del pensiero astratto, la comparsa del linguaggio articolato e la capacità di dare un significato simbolico alle cose. E invece, proprio le nuove evidenze sulla dieta delle popolazioni neandertaliane europee le riabilitano al cospetto dell’Homo Sapiens, dimostrando come fossero perfettamente in grado di sfruttare le risorse disponibili in ambienti dal clima temperato e mediterraneo.

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a cura di Livia Montagnoli

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