Cosa puรฒ insegnare il vino al mondo del food?

24 Nov 2021, 15:15 | a cura di
In un mondo in cui si mangerร  sempre meno e con una maggiore attenzione ai valori nutrizionali, la differenziazione sarร  la condizione necessaria per il successo. Lo afferma Francesco Minetti, ceo dellโ€™agenzia di comunicazione Well Com.

Con un export lanciato verso quota 7 miliardi di euro e una crescita e un valore alla produzione pari a 9,2 miliardi di euro, il vino si รจ affermato nellโ€™agroalimentare come un fuoriclasse, capace di imporsi sul mercato in termini di prezzo, riconoscibilitร  e valore aggiunto. Quali prodotti del food hanno saputo fare altrettanto? E quale potrebbe essere il โ€œvinoโ€ del nuovo millennio, in termini di risultati? Ne abbiamo parlato con Francesco Minetti, che conosce molto bene entrambi i settori, in quanto ceo di Well Com, lโ€™agenzia italiana di comunicazione food&wine con una trentennale esperienza di settore.

Seguiamo un processo hegeliano, mettendo subito in dubbio la nostra tesi: il mondo dellโ€™agroalimentare ha davvero da imparare dal vino?

I dati a nostra disposizione dicono che il vino oggi pesa il 10% della produzione totale agricola come fatturato e il 20% come valore aggiunto. Quindi รจ inconfutabile che รจ il comparto in grado di creare surplus. E lo รจ perchรฉ รจ riuscito a passare dalla commodity - ovvero prodotto fungibile e perfettamente sostituibile - alla differenziazione. Pensiamo che, fino agli anni โ€™50, un litro di vino era semplicemente un litro di vino, che veniva per lo piรน dato come compenso in natura ai braccianti agricoli. Oggi il consumatore โ€“ anche quello meno informato - non chiede piรน un vino generico, ma chiede il vino di un vitigno, di un territorio, di una denominazione, addirittura di una menzione geografica aggiuntiva o di un marchio specifico.

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Solo merito del prodotto o cโ€™รจ di piรน?

Per capire il cambio di rotta dobbiamo tornare indietro nel tempo, agli anni โ€™80, quando cโ€™รจ stata una spinta propulsiva, che risponde al nome di โ€œscandalo del metanoloโ€. Da quel momento รจ iniziata la risalita. Paradossalmente, infatti, lo scandalo รจ stato un vero boost per la legislazione a tutela del consumatore con la proliferazione di denominazioni di origine, disciplinari di produzione rigidi, strumenti di verifica e controllo sempre piรน sofisticati. La legislazione รจ stata poi interpretata come una vera opportunitร  di marketing per legare il prodotto a un territorio, trovando degli asset differenzianti e non trasferibili, impossibili da riprodurre in ogni luogo.

Quindi ci vorrebbe uno โ€œscandaloโ€ anche per i prodotti del food per riuscire a raggiungere gli stessi traguardi del vino?

Non cโ€™รจ bisogno di arrivare a tanto. Basterebbe avere una legislazione piรน restrittiva. Pensiamo che se oggi del vino sappiamo tutto (denominazione, regione, vitigno, luogo di produzione, storia di chi lo produce), per un prodotto come lโ€™olio, la legislazione permette di scrivere in etichetta, come elemento differenziante, โ€œda olive italianeโ€. Mi pare evidente quanto siamo indietro anni luce!

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E questo, va da sรฉ, si evince anche dal prezzo โ€ฆ

Il vino รจ stato uno dei pochi settori in cui i produttori hanno osato chiedere e proporre un prezzo completamente disancorato dal costo di produzione: non un prezzo semplicemente agricolo, ma legato adun elemento intangibile che รจ la mano dellโ€™uomo. รˆ stato un atto di coraggio e consapevolezza che difficilmente si vede con altri prodotti. Vi immaginate una bottiglia di olio a oltre 50 euro?

Quindi, differenziazione e prezzo sono i punti di forza del settore vitivinicolo. Ma cโ€™รจ altro per cui il vino puรฒ essere considerato un modello?

Direi la ricerca: sia quella agronomica sia quella enologica. Non ci sono altri prodotti cosรฌ avanti per studi e dati su composizione del suolo e fasi vegetative, recupero di varietร  dimenticate e genetica delle piante. Il livello รจ alto anche in cantina. Pensiamo ai contenitori: se negli anni โ€™90 il tema era legno grande o legno piccolo, oggi la ricerca si รจ di molto allargata fino ad arrivare, ad esempio, a recuperare la tradizione delle anfore. Sfido gli altri settori ad avere un dibattito cosรฌ approfondito sui contenitori. Diciamo che a oggi questi temi sono in gran parte assenti dal dibattito del food mainstream.

Ma ci sono oggi dei prodotti agroalimentari diciamo piรน โ€œvirtuosiโ€ rispetto ad altri?

Stanno lavorando bene sia il settore caseario โ€“ pensiamo a prodotti come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Asiago - sia quello dei salumi, dal San Daniele al Prosciutto di Parma. Da tempo queste produzioni hanno iniziato a marcare le differenze di zona di produzione, di filiera e di affinamento trainato da denominazioni di origine forti e qualificanti. Quel che manca รจ lโ€™approccio al mercato, che di solito viene demandato al Consorzio, senza la volontร  di affermare brand aziendali, cosรฌ come invece fa il vino. Certo il cooperativismo fa un pezzo della strada, ma non puรฒ fare lโ€™ultimo miglio.

Anche il settore della trasformazione dei cereali in farine e pasta ha fatto molto: qui la riscoperta di varietร  antiche e un forte legame con la ristorazione di qualitร  ha portato lโ€™attenzione su aspetti differenzianti. Pensiamo che oggi in tanti non comprerebbero piรน farine raffinate senza interrogarsi sulle alternative disponibili.

Guardando avanti: quale potrebbe essere il prodotto agroalimentare da cui aspettarci grandi novitร  nel prossimo futuro?

Scommetterei sul settore dei coloniali: cioccolato e caffรจ che allโ€™inizio furono senzโ€™ombra di dubbio pure commodity. Qui va sottolineato il grande lavoro di tracciabilitร  di filiera che si sta portando avanti, che porta per esempio al fenomeno dei monorigine. Il risultato รจ che nelle grandi cittร  stanno nascendo sempre piรน microtorrefazioni e luoghi dove degustare diverse tipologie di caffรจ. Certo siamo ancora allโ€™anno zero: al momento non cโ€™รจ lโ€™abitudine di chiedere al banco del bar la tipologia di caffรจ desiderata, il blend, la tostatura, lโ€™estrazione. Ma se ci pensiamo รจ la stessa cosa che 50 anni fa succedeva con il vino, quando chiedevamo semplicemente un bianco o un rosso.

Tra i prodotti che stanno crescendo di piรน negli ultimi anni cโ€™รจ, poi, la birra. Basti pensare alle tante micro-brevery che nascono in tutto il territorio nazionaleโ€ฆ

Senzโ€™altro il settore ha fatto tanti passi in avanti, nonostante in Italia non siamo dei grandi bevitori di birra. Probabilmente si tratta del comparto che piรน di tutti sta prendendo spunto dal mondo del vino. Ma qui รจ curioso che manca un elemento fondamentale che รจ la legislazione, tantโ€™รจ che sono molteplici gli esempi di fake legati al territorio, lรฌ dove la territorialitร  la si vede solo nel nome. Un fenomeno per cui nel vino si rischierebbero serie conseguenze giuridiche.

Fin qua, perรฒ, abbiamo dato per scontato che il vino sia lโ€™esempio da seguire. Eppure, cโ€™รจ un elemento di cui bisogna tener conto: tranne casi particolari di cui sopra (birra, caffรจ, cioccolata) e al contrario del vino, i prodotti agroalimentare sono beni di prima necessitร  e non commodityโ€ฆ

Era vero un tempo: per un milione e mezzo di anni si รจ mangiato per un bisogno fisiologico, secondo la piramide di Maslow, ma a poco a poco si รจ passati da un consumo alimentare a uno edonistico, che poi si รจ trasformato in culturale. Adesso, perรฒ, le cose stanno cambiando nuovamente. Viviamo in mondo di grande sovrapproduzione e concorrenza. Inoltre, piรน si andrร  avanti, piรน il nostro fabbisogno calorico diminuirร  progressivamente, visto che ci muoveremo sempre meno e i lavori pesanti saranno sempre piรน eseguiti da macchine e intelligenze artificiali.

Quindi si mangerร  sempre meno?

Una cosa รจ certa: il nostro corpo avrร  bisogno di meno cibo. E questo ci porterร  nel prossimo futuro verso un altro tipo di consumo, che definirei nutrizionale, aprendo la frontiera a due gruppi polarizzati: da una parte i cosiddetti disinteressati, dallโ€™altro i feticisti. I primi rinunceranno sempre piรน ai cibi cotti, per fare ricorso agli integratori (i cosiddetti nutraceuticals).

I feticisti (di cui faccio parte) svilupperanno unโ€™ammirazione quasi fanatica ed esclusiva verso il prodotto alimentare o il produttore. Saranno molto piรน esigenti rispetto alla tracciabilitร  lungo tutto la filiera, vorranno sapere tutto di ciรฒ che mangiano, visto che mangeranno molto meno. In questo mondo futuribile, i nuovi guru saranno i contadini (come fino ad ora lo sono stati gli chef) e il cibo non sarร  piรน una necessitร , ma sarร  a tutti gli effetti un bene di lusso. Come giร  oggi lo รจ il vino. Con la differenza che questโ€™ultimo ha giร  superato la sfida, il food ha ancora tanto da scrivere.

a cura di Loredana Sottile

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