“L’azione, l’operazione di recuperare, il fatto di venire recuperato, soprattutto con riferimento a cose disperse, rubate, o di cui si temeva la scomparsa, la perdita, la distruzione”. È la definizione data dalla Treccani del termine “recupero”. Ed è proprio così che lo ha inteso Carlo Catani quando ha dato vita al progetto Tempi di Recupero, un'idea nata anni fa, concretizzatasi alla fine del 2012 e diventata anche un libro.
La genesi del progetto Tempi di Recupero
Era il 2003, Carlo aveva appena lasciato un lavoro in banca - “mi chiedete perché? Ma voi avete presente che cosa pensa la gente delle banche?” - quando fu subito chiamato da Slow Food per seguire l'apertura dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha ricoperto la carica di Direttore fino al 2012. “Ma io non avevo lasciato il lavoro in banca per stare fermo in un solo posto, volevo toccar con mano le attività che avevano a che fare con il cibo e con il vino, così mi sono lanciato in molteplici progetti, dalla rassegna Cinemadivino, a tutti gli appuntamenti dell'associazione Chef to Chef, alla bella iniziativa di An so miga Fora dove abbiamo coinvolto produttori di vino italiani e georgiani in una sorta di scambio culturale, invitando a vinificare i nostri vitigni autoctoni nelle tradizionali anfore georgiane”.
Quando è nato Tempi di Recupero? “A fine 2012, con una serie di cene all'Osteria della Sghisa di Faenza. È qui che abbiamo ambientato le prime cinquantacinque cene! L'idea di base era molto semplice, partiva da tre tracce possibili di recupero: il riuso di avanzi da altre preparazioni, il quinto quarto (ossia frattaglie e parti meno nobili di carni, pesci e verdure) e il recupero della tradizione o di piatti della memoria che rischiano di essere dimenticati per sempre”. Durante queste cene hanno partecipato più di 40 tra chef, osti e razdore - “la figura mitica romagnola, la regina del focolare domestico” - tutti ai fornelli per proporre ricette originali seguendo le tre tracce di cui sopra.
Perché l'avete chiamato così? “Il tempo di recupero è, in gergo calcistico, il tempo stimato che serve al giocatore infortunato per rientrare in campo. Un nome evocativo per alludere, nel nostro caso, al lungo infortunio che ci ha colpito dagli anni Ottanta, quando l'ostentazione del proprio status si è concretizzata spesso nell'imbandigione di tavole sproporzionate, eccessive e sprecone, il cui mancato recupero non è più eticamente accettabile”. Ed ecco che i tempi di recupero sono, di fatto, l'interpretazione, conviviale e giocosa, dell’attenzione alla sostenibilità.
L’obiettivo di Tempi di Recupero
“Oggi, troppo spesso scartiamo cose che, attraverso vecchi e nuovi saperi, possono essere preziose per il nostro gusto e anche per il nostro portafoglio. Il risultato è una varietà più ampia di ingredienti e quindi maggiori occasioni di mescolare e incrociare sapori e creare nuove possibilità per il palato”. L’obiettivo di Tempi di Recupero è proprio quello di sensibilizzare verso i temi dello spreco in ambito alimentare e di come, anche attraverso delle buone pratiche domestiche, il cibo possa venire riciclato, riusato e non gettato.
Le altre iniziative contro lo spreco alimentare
Questa rinnovata sensibilità ha visto protagonisti anche nomi assai noti della cucina come per esempio Massimo Bottura, ideatore del progetto Food for Soul, con iniziative concrete in tutto il mondo come ad esempio i Refettori, da quello Ambrosiano a Milano al Felix in Brasile, o alle più recenti esperienze a Parigi e a Napoli, dove la cucina del recupero si sposa perfettamente con la vocazione sociale. Ma c’è anche l’esperienza di Norbert Niederkofler con il progetto Care's o la nota Cucina circolare di Igles Corelli. Ad ogni modo, oggi, sono moltissimi gli chef sensibili a questa tematica.
Come si è sviluppato il progetto Tempi di Recupero
Dalle cene conviviali, nel tempo, il progetto si è sviluppato, è cresciuto e ha cambiato forma, diventando addirittura un libro, edito da Quinto Quarto Edizioni, “una nuova realtà editoriale con sede a Faenza”, che riassume l’esperienza di Tempi di Recupero raggruppando in un unico manuale le ricette degli chef intervenuti durante le varie cene all'Osteria della Sghisa, da Gianluca Gorini a Massimiliano Poggi, da Pier Giorgio Parini a Franco Cimini. Il libro, però, non è una semplice raccolta di ricette, include anche una serie di testi di approfondimento, con la complicità di Martina Liverani, Lisa Casali, Massimo Montanari, Franco Fassio e Laura Pozzato, e le fantastiche illustrazioni di Andrea Zoli.
Progetti futuri?
“Stiamo lavorando a Tempi di Recupero Week, si tratta di una settimana, dal 16 al 24 novembre dove chiediamo a tutti i ristoratori d'Italia e del mondo di cucinare secondo i nostri tre temi: gli avanzi dei piatti del giorno prima, il quinto quarto e i piatti della memoria. A chi vuol far parte della nostra squadra chiediamo una piccola quota che sarà in parte devoluta a due progetti: Food for Soul di Massimo Bottura e Lara Gilmore, e Food for Change, la campagna internazionale di Slow Food per proporre soluzioni che rafforzino economie locali pulite, filiere eque e tutelare le produzioni che fanno parte del nostro patrimonio. Ed è probabile che da questo progetto tireremo fuori un altro libro di ricette di recupero”. Coerentemente con il significato intrinseco del termine.
a cura di Annalisa Zordan