Il prossimo 14 luglio Jannik Sinner, enfant prodige del tennis, si scontrerà con Novak Đoković nella seminfinale del Torneo di Wimbledon. È cosa nota che ogni sportivo abbia un suo rito prima di ogni gara, curioso quello di Sinner raccontato sulle pagine sport del Corriere della Sera: “Non cambierò di una virgola la mia routine. [...] E la sera prima del match, cucino io: pasta al pomodoro. Porta bene”.
Gli spaghetti al pomodoro, da ricetta bistratta a preparazione seria
Quando qualcuno non sa cucinare si dice che non è nemmeno in grado di preparare uno spaghetto al pomodoro (che va a braccetto con l’imperizia nel fare un uovo al tegamino). E da esperti del settore, dobbiamo ammonire tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno espresso questa frase. Sì, perché lo spaghetto a pomodoro è una cosa seria. E lo sanno anche i grandi cuochi, non sono pochi, infatti, che nel tempo si sono provati con questo piatto.
Spaghetti al pomodoro: le ricette degli chef
Incuriositi dalla citazione culinaria di Jannik Sinner, siamo andati a scavare negli archivi del Gambero Rosso e abbiamo ritrovato, con sorpresa, tre ricette d'autore per preparare questo piatto della tradizione italiana. Ci facciamo raccontare la storia dei loro piatti proprio dagli chef.
Elio Sironi, chef di Ceresio 7 a Milano
Nel 2004, all’apertura dell’Hotel Bulgari a Milano, la proprietà mi aveva chiesto di fare una cucina di casa ben eseguita. Per me lo spaghetto era - e resterà sempre - il rappresentante della cucina italiana, ma quando l’ho inserito in carta mi sono trovato tutti contro: uno spaghetto al pomodoro in un albergo a 5 Stelle? Mi davano del matto: era un piatto da room service, al massimo. E invece, la risposta del pubblico è stata travolgente: avevo ospiti che venivano apposta per mangiare gli spaghetti.
La mia versione somiglia molto a quella più basica della cucina italiana, a cui ho aggiunto la buccia di limone per dare una “spinta” e il formaggio di capra: insomma olio, uno spicchio d’aglio, quand’è stagione il pomodoro fresco – Pachino, datterino e San Marzano – ma li faccio anche d’inverno, con i pelati. Una volta cotti, manteco gli spaghetti fuori dal fuoco a 75°C, come fossero un risotto: un filo d’olio, formaggio di capra (in assenza del Parmigiano), succo e buccia di limone.
Paolo Lopriore, chef de Il Portico ad Appiano Gentile (CO)
Agli spaghetti preferisco i tortiglioni: il formato rigato trattiene meglio il sugo, che faccio tritando la cipolla con la grattugia di rame (così non si ossida), e cuocio il pomodoro nella pentola di coccio, che non fa attaccare ma invece riduce: aggiungo poco pomodoro alla volta, come se fosse un jus de viande; alla fine ci va mezzo spicchio d’aglio grattugiato alla pelle di squalo.
Peppe Guida, chef di Osteria Nonna Rosa a Vico Equense (NA)
Lo spaghetto al pomodoro, simbolo della cucina italiana del mondo, è il piatto più replicato, più bistrattato e rovinato che ci sia: fuori dal nostro paese, spesso non è altro che pasta pallida, bollita e precotta, con un po’ di sugo sopra. Perciò quando Giuseppe Di Martino del Pastificio Dei Campi mi ha proposto di cucinare per i giovani ristoratori che vengono a trovarlo da tutto il mondo, cos’altro avrei mai potuto proporre loro se non questa ricetta, che abbiamo preso a chiamare “la Devozione”, come a sottolineare scherzosamente la sua natura quasi religiosa?
Eccola qui: cuocio la pasta per 8 minuti in acqua, poi la scolo e la porto a cottura in una salsa di pomodoro crudo, senza soffritto: il risultato è uno spaghetto impregnato di pomodoro, profumato di sole perché cotto a malapena. L’amido che gli spaghetti cedono in cottura rende la pasta cremosa - sembra quasi ci sia del burro. Completo mantecando con un filo d’olio a crudo.
Foto by Francesco Vignali