La verità sulla peste suina africana: "Ecco perché potremmo essere sull'orlo di una crisi senza precedenti"

31 Ago 2023, 17:42 | a cura di
Dopo le ultime notizie sui focolai di Pavia abbiamo provato a fare chiarezza su quello che sta succedendo in Italia in merito alla peste suina africana. Ecco cosa ci ha raccontato l'esperto

Ha un periodo di incubazione di venti giorni circa, non esiste un vaccino e la morte è certa. Stiamo parlando del virus appartenente alla famiglia degli Asfarviridae, meglio conosciuto come peste suina africana (PSA) – che colpisce specie animali suine domestiche (di allevamenti) e selvatiche (cinghiali) – che sta mettendo a dura prova il comparto agroalimentare italiano.

Negli ultimi giorni le notizie sul tema corrono. L’arrivo del virus anche in Lombardia, in particolare nella zona del pavese, ha messo tutto il comparto di allevatori, addetti sanitari in stato di massima allerta: la situazione è grave se anche la Lombardia viene colpita, giacché come l’Emilia-Romagna e altre regioni limitrofe rappresenta lo zoccolo duro della produzione italiana di carne e prodotti trasformati (salami, prosciutto crudo, pancette, coppa, etc) esportati anche all’estero come eccellenze del Made in Italy.

Esistono misure di biosicurezza obbligatorie che vengono adottate da allevatori di suini domestici, la questione si fa più intrigata quando si tratta di cinghiali selvatici che escono fuori dall’area del controllo umano.

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Cosa ne sarà, dunque, del comparto se la piaga della peste suina africana non si arginerà? Abbiamo parlato con Antonio Sorice, Presidente della SIMeVeP, Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva, che ci ha chiarito le idee sulla questione spiegando cosa sta succedendo, quali sono le conseguenze.

Alert imprescindibile prima di leggere questa intervista: la peste suina non è trasmissibile all’uomo e non crea problemi di salute di nessuna sorta.

Quando è arrivata la peste suina africana in Italia?

Al di là della situazione in Sardegna, dove la malattia è stata eradicata da qualche anno ma era confinata dato che si parla di un’isola, da gennaio 2022 ci sono stati i primi casi di positività in Italia su carcasse di cinghiali rinvenute in Piemonte e Liguria, e da quel momento sono state avviate le prime misure di contenimento della malattia.

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Dal 2022 a oggi come si è evoluta la situazione?

Sono stati accertati altri casi di positività sempre in animali selvatici tra Calabria e Campania, nel basso salernitano.

Da circa un mese e mezzo, più o meno, si è riscontrata la prima positività in un allevamento di Pavia, il passaggio dall’ambiente selvatico al domestico era proprio quello che si cercava di evitare. Qualche giorno fa c’è stato il secondo caso e poi il terzo.

Com’è arrivata la peste suina africana in Italia?

Da dove arriva non si è potuto accertare. La peste suina africana era già presente in Est Europa, Polonia, Germania e molto probabilmente è da quei paesi che si è veicolato il virus, arrivato in Italia in Liguria e Piemonte diffondendosi inizialmente tra le specie selvatiche.

Come avviene il contagio e la trasmissione del virus?

Il contagio avviene con contatto diretto tra animale e animale. Il virus, inoltre, si trasmette tramite ingestione di prodotti di origine animale suina, scarti di cucina che possono essere contaminati perché hanno origine da animali affetti da peste suina africana.  Il virus è molto resistente in organi e tessuti.

Nonostante i processi di stagionatura e lavorazione dei prodotti?

Sì, nel prosciutto resiste circa 180 giorni, nei salami 60,70 giorni circa, nella carne affumicata fino a 90 giorni e nelle carcasse in decomposizione resiste anche per molti mesi.

Ci sono ulteriori vie di trasmissione del virus?

Sì, il virus si può veicolare attraverso indumenti, mezzi che transitano in sentieri di montagna giacché potrebbero esserci carcasse di cinghiali in decomposizione nascosti alla vista umana. In Piemonte e Liguria era stato introdotto anche il divieto per i biker di percorrere alcune zone per evitare che le gomme delle biciclette diventassero un mezzo di trasporto del virus.

Negli allevamenti le misure di biosicurezza prevedono la netta separazione tra la cosiddetta zona “sporca”, e la zona “pulita” dei locali di stabulazione degli animali, separate da un’area filtro in cui si entra per cambiarsi totalmente vestiti o indossare indumenti dedicati come calzari, tuta, prima di andare a contatto con i suini; misure che servono a evitare di introdurre nell’allevamento domestico il virus, oltre a un rigoroso controllo della movimentazione dei mezzi e delle persone negli allevamenti.

Quali danni comporta chi non rispetta le norme di biosicurezza?

Per gli animali la peste suina africana è una malattia molto grave, che provoca la morte certa di tutti i soggetti affetti. Dunque, la possibilità di contagio attraverso comportamenti non corretti, provoca danni sanitari al patrimonio zootecnico enormi.

Quali altri danni provoca questa epidemia?

Oltre a questo, il problema riguarda la commercializzazione dei prodotti di origine animale (salami, prosciutto crudo, pancette, coppa, etc). E l’export dei prodotti agroalimentari italiani è uno dei punti di forza della nostra economia: basti pensare ai prosciutti di Parma, San Daniele, ma anche altri prodotti derivanti da carne suina richiesti in tutto il mondo.

Per essere esportati nei paesi dove la peste suina africana non esiste, è richiesto che i prodotti debbano partire dal territorio italiano indenni da malattie, nel momento in cui la patologia si diffonde negli allevamenti, altri paesi del mondo impongono il divieto di importazione di prodotti dal nostro Paese con un danno economico enorme.

Quali sono i controlli che si fanno?

La sorveglianza è attiva e passiva. Fino a prima del 2022 i controlli di sorveglianza passiva si attuavano con analisi su carcasse di cinghiali rinvenute sul territorio, venivano prelevati gli organi, e si verificava la presenza o meno della malattia. La sorveglianza attiva, invece, veniva fatta sugli allevamenti ma con prelievi randomizzati su campioni di suini, e c’era sempre stata la negatività. Dal gennaio 2022 i primi casi sono stati riscontrati grazie a questi monitoraggi.

Come mai adesso si è calamitata tutta questa attenzione?

Il carico maggiore di allevamento e trasformazione e produzione dei prodotti di origine suina avviene soprattutto in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli. Oggi non abbiamo una diffusione importante della malattia, ma con gli ultimi focolai l’allerta è massima proprio per evitare la diffusione. Adesso abbiamo solo questi tre casi, che in senso assoluto sono solo tre, ma in riferimento alla questione dell’economia agroalimentare italiana e del comparto degli allevatori allarma tutti.

Qual è la procedura che si attua se siamo di fronte a un sospetto di peste suina africana?

Nel momento in cui siamo in sospetto di morti anomale in un allevamento, c’è l’obbligo per allevatori e veterinari e liberi professionisti di avvisare il veterinario dell’ASL competente per territorio per attivare le procedure d’indagine, vengono fatti prelievi per avere conferma o esclusione della malattia o di altre malattie.

L’animale è destinato per forza a morire?

I trattamenti con i farmaci non sono efficaci, e questa malattia provoca alta mortalità, non esiste il vaccino e anche questo fa temere molto la malattia, oltre al rispetto rigoroso delle misure di sicurezza, a una corretta gestione dell’allevamento non c’è molto altro da fare se non intensificare i controlli.

Quali sono i sintomi per l’animale affetto da peste suina africana?

Per 15-20 giorni potrebbero non esserci sintomi, negli ultimi giorni si può avere un ottundimento generale, inappetenza, debolezza, astenia e con accelerazione dei sintomi fino alla morte.

L’animale in che condizione si riduce?

Lesioni, agonia, si hanno emorragie interne e morte in breve tempo.

In merito alla questione di abbattere gli animali, cosa mi dice?

La mortalità di animali affetti dalla malattia è talmente elevata che si è praticata eutanasia per evitare inutili sofferenze ai suini coinvolti: vivono in uno stato preagonico, l’abbattimento si è attuato per animali disvitali.

L’uomo deve preoccuparsi in merito alla malattia?

È una malattia che colpisce suini domestici e cinghiali selvatici, non colpisce altre specie e l’uomo è assolutamente refrattario alla malattia.

Ultime cose importanti da dire con alcune raccomandazioni?

  1. Si possono consumare tranquillamente tutti i prodotti alimentari derivati da carne suina senza alcun problema.
  2. Divieto di somministrare residui di cucina ai maiali: c’è il divieto e va rispettato, è bene evitare questa pratica dato che è una delle vie di trasmissione.
  3. Mai abbandonare scarti alimentari nei sentieri, nei boschi durante le escursioni in campagna ed in montagna e smaltirli correttamente nel primo paese che si incontra nella discesa in contenitori dedicati alla raccolta rifiuti.

 

 

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