Luciano Monosilio e il ritorno al fine dining. A Roma arriva “Follie”, il ristorante di Villa Agrippina Gran Melià

10 Ott 2022, 13:53 | a cura di
Dopo gli inizi con i grandi chef, un passaggio oggi ben radicato di trattoria in centro a Roma, Luciano Monosilio torna al primo amore, il fine dining che si concretizza in Follie, il ristorante dell'hotel di lusso Villa Agrippina Gran Melià dove arte, storia e cucina si incontrano.

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Di belle follie Luciano Monosilio ne ha fatte nel corso della sua carriera. L’ultima? Il ritorno al fine dining in grande stile. Apre a Roma Follie il nuovo ristorante capitanato dallo chef romano nella splendida Villa Agrippina Gran Melià al Gianicolo a Roma.

Parliamo di una catena di oltre 400 alberghi e grand hotel di lusso in cui trovare relax e una cucina affidata alle mani sapienti dei migliori sulla piazza, si pensi che nelle cucine di altri grand hotel nel mondo figurano nomi come Ángel León e i Fratelli Torres. La scelta dello chef per il ristorante del Villa Agrippina Gran Melià è ricaduta sulla persona più adatta a questo progetto: “Per Roma la compagnia aveva pensato a uno chef romano che avesse un background importante, ben radicato al territorio”, racconta Luciano Monosilio, “così mi hanno contattato e io ho deciso di fare questa follia rimettendomi a fare una cosa che non avevo abbandonato, ma solo accantonato”. Per chi non lo conoscesse, Monosilio è il patron di Luciano – Cucina Italiana, un progetto più vicino a una trattoria che a un fine dining, nonché artefice della riqualificazione della storica Piazza del Teatro di Pompeo, adiacente il suo locale. Ora lo chef ritorna alle origini, quelle che ha praticato per anni con Fulvio Pierangelini, Enrico Crippa, Mauro Uliassi e al fianco di Alessandro Pipero (sodalizio terminato proprio per inseguire il sogno da singolista).  “Adesso ho una maturità diversa rispetto a 12 anni fa. Questo ti dà la possibilità di concentrarti, tornare a fare quello che sapevi fare ma in maniera più consapevole”.

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Il ristorante Follie: l’arte e la storia fra pareti e arredi

Follie è entrato (benevolmente) a gamba tesa nella storia dell’Impero Romano, tant’è che la villa che lo ospita era la dimora di Agrippina. In una sala con 25 coperti (aumenteranno nel corso dei mesi per la riorganizzazione degli spazi), il legno la fa da padrone in tutti gli arredi, con scaffalature alte fino al soffitto a ospitare, in esposizione, libri di architettura e design, e  il dorato dei tavoli (senza tovagliati) si sposa con i divani rossi in velluto che circondano tutta la sala, a testimoniare l’altezzosità del posto, superbo e grandioso come l’Impero Romano. A completare il quadro, i fantastici candelabri che diffondono luce soffusa che rende caldo, e allo stesso tempo, regio un posto che già di suo fa trasudare storia. “Il ristorante che c'era prima si chiamava Ossimoro” dice Monosilio. “Abbiamo estrapolato i significati della parola ossimoro e sono venuti fuori 'folle' e 'attento'”. Il passo per la decisione del nome, dunque, è stato breve: “abbiamo deciso di chiamarlo Follie data anche la presenza di un personaggio diverso all’interno”.

Cosa si mangia da Follie

Da Follie il menu “è stato studiato per stare dentro questo posto”, spiega Monosilio. Menu à la carte ma anche due proposte a degustazione con 5 portate - 100 euro - (4 calici di vino in abbinamento) in cui poter assaggiare le creazioni dello chef come Crudo d’oca, mela e senape, Agnello affumicato, lamponi ed emulsione di ostrica, Cacio, pere e noci; e 10 portate (150 euro: prezzo in possibile procinto di cambiamento) in cui farsi sorprendere alla cieca. L’intento è quello di tenere alto il nome della tradizione italiana riportandolo in chiave moderna come Monosilio sa ben fare. “La cucina italiana è una tradizione fondata sui sapori. Abbiamo ricordi palatali, ma non abbiamo ricette scritte e codificate. È più il sapore a identificare la ricetta, che il testo scritto e tramandato”. E a fare la tradizione, dunque, è il sapore non la forma. Tant’è che il riscontro pratico lo ritroviamo nel suo piatto Pizza margherita che ha tutti i sapori di una pizza, ma nella sostanza è un raviolo ripieno di crema di pomodoro. “La chiamo Pizza Margherita perché è un ricordo dei sapori. Un giorno avevo questo raviolo grande e non sapevo che farci. A quel punto l’ho scottato da un lato, l’ho assaggiato e ho pensato che il sapore fosse proprio quello della pizza. Da lì ci ho lavorato sopra ed è venuto fuori questo piatto” che ha, a tutti gli effetti, il sapore di una pizza con tanto di basilico (in emulsione), mozzarella di bufala e pomodoro.

Le affumicature di senso compiuto

Nel menu di 10 corse, le creazioni dell’estro di Monosilio che - grazie a ingredienti selezionati da fornitori locali come manzo di Marengo, il Pecorino di Viterbo, e le erbe aromatiche dei Castelli Romani cresciute in idrocoltura - passa attraverso sapori decisi e anche selvatici, e affumicature. È bastato poco allo chef unire le sue propensioni alla tostatura, alla brace, e portarle nei piatti. Il sapore affumicato, mai anacronistico e sempre ben centrato, lo troverete in Variazioni di porro in prospettiva, un piatto unico che ha come ingrediente principale il porro cotto a bassa temperatura e poi scottato, acidificato con aceto di mele e ricoperto, poi, da un’emulsione di porro e foglie di porro essiccate in forno, quasi bruciate, e poi grattugiate.

 

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O ancora nell’Uovo al tea Lapsang Souchong con misticanza, aceto di lamponi e bottarga di coratella dove l’affumicatura è data dal tè in cui è marinato l’uovo che si sposa bene con la bottarga di coratella realizzata in loco da Monosilio con una procedura lunga qualche giorno (5 giorni in salamoia e poi essiccatura di 12 ore a 45 gradi). L’elemento tostato, poi lo ritroviamo nei fondi, come quello di Piccione, carote, ananas e zafferano (40 euro) o anche nell’estratto di peperone arrosto che va a condire le Fettucce di kamut con limone, uovo al miso e foglie di cicoria fresca (35 euro). E per i nostalgici, nessun timore: nel menu non manca la Carbonara di Luciano Monosilio.

Il team e la cantina del ristorante Follie

Ad affiancare lo chef, una grande squadra di professionisti che nel pieno della loro carriera hanno abbracciato un progetto che si prospetta già grandioso. In sala, il restaurant manager Francesco Minotti, Sergio Frasca è il Food& Beverage Director; a fare gli onori di casa al cocktail bar “Amaro”, il bar manager Daniele Valeri. La cantina ospita già oltre 400 etichette e il progetto prevederà, in futuro, anche uno spazio in esposizione nelle immediate vicinanze dello chef’s table di fronte alla cucina.

Arte e cucina nel progetto di Follie a Villa Agrippina Gran Melià

Il progetto Follie non si ferma qui. Il concetto di cucina e di arte si uniscono in un ulteriore sviluppo: la Villa che fu di Agrippina rivivrà nei ricordi moderni di un artista spagnolo (il nome resta ancora top secret) che porterà da Follie le sue opere contaminate di colori e storia. L’artista andrà a creare delle tele attraverso l’utilizzo di colori artificiali uniti a tinte organiche ricavate dalle preparazioni (per lo più scarti) di Luciano Monosilio. Un connubio di cucina e arte che raccontano il progetto Follie in toto, ovvero storia, arte e cucina insieme al servizio di una clientela che ama il fine dining, apprezza l’arte e dà valore alla storia.

a cura di Antonella Dilorenzo

Follie - Villa Agrippina Gran Melià - Roma – via del Gianicolo, 3 – 0692590830 - aperto dal martedì al sabato solo a cena

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