Salvare il pianeta dal tavolo di un ristorante: sei trucchi contro il climate change

17 Set 2023, 10:58 | a cura di
Si può praticare la lotta al climate change stando seduti al tavolo di un ristorante? Probabilmente no, ma un piccolo contributo lo si può dare anche dalle cucine e dalle sale dei locali pubblici. Ecco sei modi in cui chef e ristoratori si sono attrezzati per far fronte alle nuove crisi

Il pianeta brucia, i fondali ribollono e piante e fauna, le basi storiche della nostra dieta, non stanno troppo bene. La crisi climatica sta stravolgendo le catene alimentari ed è già arrivata all’ultimo anello, l’homo sapiens. E pure a quell’appendice, o sottoinsieme, che si chiama ristorazione. Sono sempre di più i ristoratori avveduti che stanno lavorando per adattare la dispensa alle nuove esigenze, evitando materie prime compromesse e abbattendo i consumi. Ecco alcuni esempi da seguire, magari anche nella cucina di casa.

Richard Nuttal chef a Next Door nel Cheshire: anche lui ha scelto le candele per le serate Back to Basics

Richard Nuttal chef a Next Door nel Cheshire: ha scelto le candele per le serate Back to Basics. Come lo chef di Creta Giannis Somarakis (in apertura la sua Taverna nel villaggio di Kyparissos)

Cene a lume di candela

L’atmosfera romantica è assicurata, il conto della bolletta abbattuto, ma è possibile in un ristorante fare a meno dell’elettricità? La risposta, affermativa, viene da Giannis Somarakis che nella sua taverna di Kyparissos, a Creta, ha deciso di riportare l’ospitalità al tempo che fu, con candele, cucina a gas o griglia, senza menù (si mangia ciò che esce dalla cucina) e vino, locale, spillato direttamente dalle botti. Prezzo politico, 20 euro a cranio. Una strada radicale, che è piaciuta, e che è stata adottata, anche se per una sola sera e per protestare contro i costi energetici alle stelle, dal ristorante stellato britannico Next Door di Frodsham nel Cheshire. Il nome della serata di chef Richard Nuttal? Back to Basics, ritorno alle origini, chissà.

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Chiara Pavan col granchio blu

Chiara Pavan, chef di Venissa, cucina un granchio blu. Foto Quotidiano del Piave (qdpnews.it)

Specie invasive

I fondali del Mare nostrum negli ultimi 100 anni sono profondamente mutati: fuori, o in grande sofferenza, tonni, pesce spada e sardine, dentro meduse, pesci scorpione e coniglio e molluschi provenienti da Oriente, attraverso il Canale di Suez, e dall’Atlantico, portati dalle navi. Complice anche il riscaldamento delle acque. Ormai, è questo che passa il convento e occorrerà adattarsi. Il granchio blu di cui tanto si parla è solo la punta dell’iceberg. Tra i primi chef ad affrontare la questione ci fu lo chef giapponese Bun Lai del ristorante Miya Sushi a New Haven (Connecticut), che ha pensato di trasformare la minaccia (delle specie invasive) in opportunità. Perché, in fondo, qual è la specie più invadente del pianeta se non l’uomo? Un approccio alla ‘Tu m'hai provocato e io me te magno’, insomma. In Italia campionessa del tema è invece Chiara Pavan, che con Francesco Brutto allo stellato Venissa presenta un menu realizzato solo con specie invasive marine (e vegetali dell’orto). Granchio blu, of course, ma anche Anadara inaequivalvis e Rapana Venosa. Più ostici da trattare, ma che nelle giuste mani possono donare sensazioni meravigliose.

Lo chef Douglas McMaster: un convinto sostenitore del no waste estremo

Lo chef Douglas McMaster: un convinto sostenitore del no waste estremo

No waste estremo

Da Silo, ristorante nato a Brighton nel 2014 e ricollocatosi nel 2019 a Londra, fanno una promessa impegnativa: da loro nulla, o quasi, viene sprecato. Chef Douglas McMaster dice di voler eliminare il bidone, “un’invenzione degli ultimi 70 anni, prima non ce n’era bisogno perché non si sprecava”. Il 95% di ciò che passa nelle cucine viene utilizzato o compostato, compresi i contenitori per le materie prime. Gli arredi sono realizzati con materiali naturali o riciclati, come le lampade fatte di alghe o bottiglie di vetro usate, che sono anche frantumate e fuse per creare piatti e oggetti vari. Ogni anno nella Ue vengono sprecate quasi 59 milioni di tonnellate di cibo (131 Kg per abitante). Oltre la metà (53%) dalle famiglie, mentre lo spreco dei ristoranti rappresenta il 9%. Ma si può sempre migliorare.

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La Bottega del Caffè di Millesimo (Foto Secolo XIX) annuncia lo sconto per chi porta la tazzina da casa

La Bottega del Caffè di Millesimo (Foto Secolo XIX) annuncia lo sconto per chi porta la tazzina da casa

Plastica, no grazie

Sacchetti per il sottovuoto, imballaggi dei macchinari nuovi, contenitori per il takeaway: la plastica è ovunque e ci sta soffocando. Una delle soluzioni che sta prendendo, faticosamente, piede è quella di chiedere al cliente di portare da casa contenitori o utensili per l’asporto. Come propongono il bistrò “sociale” milanese Rob de Matt e l’app che vende il surplus, scontato, di bar e ristoranti Too Good to Go. E come ha fatto, un po’ provocatoriamente nell’estate degli scontrini che caricavano i più bizzarri servizi, un bar di Millesimo (SV), la Bottega del Caffè, che ha applicato uno sconto sul caffè (70 centesimi contro 1,20 euro) a chi si fosse portato tazzina, cucchiaino e zucchero da casa. Le microplastiche dopo aver contaminato i suoli, l’aria, i corsi d’acqua e i mari, sono state riscontrate in polmoni, placenta, sangue, latte materno e nel cuore umano. Con conseguenze ancora tutte da studiare. Il Green Deal europeo punta a prevenire i rifiuti di imballaggio, promuovere il riutilizzo e la ricarica e rendere tutti gli imballaggi riciclabili entro il 2030.

La forza delle etichette

Le etichette che indicano l’impatto climatico di un alimento influenzano i clienti nei fast food, con una diminuzione del 23% degli ordini di carne rossa, secondo un recente studio della Bloomberg School of Public Health della Johns Hopkins University. Per contro, la scelta verso alimenti “a basso impatto” dotate di eco etichette come insalate, pesce e pollo aumenterebbe del 10%. Più in generale, aggiungere opzioni vegetali oltre la caprese (sembra scontato, ma solo 5 anni fa non c’era un gran che di più a disposizione) può essere la via, a tutti i livelli, dal fast food allo stellato, per abbassare l’impatto ambientale coinvolgendo un pubblico più vasto di quel 10% di vegetariani/vegani, percentuale ormai stabile da anni. Lo studio ricorda come la produzione di carne bovina è il maggior responsabile delle emissioni di gas serra nel settore agroalimentare.

Troppo caldo, cambia il turno

Ce l’ha insegnato, dolorosamente, quest’estate, che ha registrato il mese più caldo (luglio) di sempre in termini di temperatura media globale: se a casa vostra sudavate, immaginate come si lavorava in una cucina dove forni e macchinari sono sempre accesi, e non c’è aria condizionata che tenga. Le soluzioni a breve termine sono state spostare l’orario in cui si fanno le preparazioni alle prime ore del mattino e creare turni brevi in cui i lavoratori si davano il cambio per “scendere” nell’inferno delle cucine. Ma a lungo termine, come ha spiegato al New York Times David Pogue, autore di "How to Prepare for Climate Change: A Practical Guide to Surviving the Chaos", i ristoranti dovranno riprogettare sala e cucina aggiungendo più ombra, ventilazione e sistemi di condizionamento dell'aria più efficienti.

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