“I Franciacorta sono dolci, morbidi, dosati”, commenta il nostro compagno di tavola. “Non li bevo più da tempo”, aggiunge. “E si vede!”, replichiamo noi. La certezza del nostro commensale non è una voce fuori dal coro, ma il frutto di una percezione diffusa in alcune fasce degli addetti al settore. Non bevono Franciacorta per partito preso, non si capisce bene perché. Eppure le vendite di Franciacorta volano, mai abbiamo visto cantine così vuote come a fine 2022, con i Rosé a tirare la volata. La produzione ha raggiunto i 20 milioni di bottiglie annui. Dove il ragionamento non ha proprio ragione di essere è nel bicchiere.
La degustazione dice altro, tra Dosaggio Zero e perfezione tecnica
Quest’estate abbiamo degustato oltre 400 campioni in consorzio, appena 101 i Franciacorta Dosaggio Zero, prodotti senza zuccheri aggiunti in fase di sboccatura. Più che una moda, è un cambio netto, che ritroviamo a livello globale, di visione e di stile in risposta al mercato e al drammatico rialzo delle temperature. Oggi in Franciacorta, nel bicchiere, è più facile trovare vini sbilanciati sulla parte acida o, in alcuni casi, sull’amaro che sulla dolcezza. Vero, ci sono anche Dosaggio Zero che giocano molto sul carattere maturo del frutto, segnaliamo tra questi un paio di versioni elegantissime, giocate sull'evoluzione controllata e legni sempre più ben bilanciati rispetto al passato.
Quello che impressiona assaggiando tutti i Franciacorta alla cieca è il livello medio, difficilissimo trovare un vino con il minimo difetto. Allo stesso tempo, in più casi, la perfezione tecnica ci sembra quasi eccessiva, come se ci volesse un minimo d’imperfezione a dare più angolo, una qualche scapigliatura, un ‘effetto erasmus’ di mezzo. I dosaggi sempre più contenuti fanno bene anche alle versioni Extra Brut e Brut che sono sempre più centrate nella liqueur, per beve succose e piacevoli. In anteprima assoluta abbiamo assaggiato delle prime uscite di Franciacorta parcellari (dal monte Orfano) davvero molto promettenti.
Franciacorta. Il borsino delle annate: 2018 e 2016 super, male la 2017
La partita più importante si gioca sui millesimati e sulla Riserva. Rispetto a qualche anno fa abbiamo notato liqueur più aggraziate e cuvée meno ostentate e più fini, con maggiori attenzioni a un adeguato intervallo di tempo post-sboccatura prima della messa in commercio. Mettiamo in standby la valutazione dell’annata 2019, in attesa di assaggiare un numero maggiore di campioni. Cosa è emerso? La 2018 è una grande annata in Franciacorta, cuvée vibranti e sferzanti, dotate di ottima acidità naturale, stesso discorso per la 2016, anche sul terreno del Metodo Classico conferma le alte aspettative. Decisamente sottotono, mediamente, le cuvée targate 2017, annata complicatissima in Lombardia, tra gelate, grandini e siccità. I 2015 non brillano, sono più lenti e maturi nello sviluppo, non si fanno notare per fragranza e tensione. Capitolo Rosé: abbiamo assaggiato una versione 2007 letteralmente emozionante, da sussulto. La troverete raccontata in guida.
Con in mente tutti questi ragionamenti rispondiamo al nostro compagno di tavola, puntualizzando un atteggiamento diffuso soprattutto nella categoria dei naturalisti più intransigenti: “perché parli male di vini che non conosci?”.