Finalmente quest’anno siamo riusciti, grazie al Consorzio dei vini dell’Etna e al suo presidente Francesco Cambria, a degustare i vini del vulcano proprio nel suo territorio. Per noi è motivo d’orgoglio, giacché siamo stati i primi a scoprire, parlare e premiare i vini di questo straordinario distretto, ingiustamente (per un lungo periodo) caduto nell’oblio.
L’Etna: un territorio vitivinicolo straordinario
Cinque giorni di degustazione per assaggiare circa 350 vini. E pensare che sino a una quindicina di anni fa, se dall’Etna arrivavano 30 campioni in tutto era oro colato. All’epoca le aziende si contavano sulle dita di una mano: adesso quelle che aderiscono al consorzio sono circa 200. Nulla a confronto rispetto a quando sull’Etna, vitato dal livello del mare sino a oltre 1000 metri d’altitudine, prima della fillossera si producevano circa tre milioni di ettolitri di vino, facendone il polo vitivinicolo più importante della Sicilia, vino che prendeva la via del nord Europa e dei paesi anglofoni. Altri tempi; adesso, nonostante sul vulcano attivo più alto d’Europa siano arrivate cantine da tutta Italia, e persino dall’estero, la produzione si attesta intorno ai 5.800.000 bottiglie, poco più di 43.600 ettolitri.
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Ma lasciando da parte i numeri, importanti sì ma che raccontano poco, parliamo di questi cinque giorni di degustazioni, tra sorprese e conferme. La frase più ricorrente è stata una: “Sull’Etna bisogna proprio impegnarsi per fare un pessimo vino”, seguita a ruota da: “Il vulcano non racconta balle, le annate sono perfettamente leggibili”. Tra un vino e l'altro non possiamo non far caso all’aumento vertiginoso delle etichette che riportano il nome della contrada di produzione, una sorta di "borgognizzazione", peraltro ampiamente vaticinata da esperti del settore, primo tra tutti Giacomo Tachis. Noi ormai degustiamo tre, quattro e anche più vini provenienti da una stessa contrada, Santo Spirito, Rampante o Calderara solo per citarne alcune, avendo modo, visto che assaggiamo i vini rigorosamente alla cieca, di valutarli senza suggestioni di sorta. Le differenze ci sono e si percepiscono, rendendo ancora più affascinante il racconto che il vino fa di questo territorio. Ultima notazione: in una zona dove anche i vini base, o entry level che si voglia dire, costano molto più di altre zone della Sicilia e d’Italia, è molto piacevole scoprire come tante di queste etichette raggiungano punteggi molto alti, spesso da finale per i Tre Bicchieri. Questo dimostra quanto sia marcante questo territorio dalle caratteristiche uniche al mondo e come non sia proprio una boutade usare l’espressione “Sull’Etna bisogna impegnarsi per fare un pessimo vino”.