Da cantina dell’Unione Sovietica a stella nascente dell’Europa enologica. La Moldavia del vino è così, sospesa tra due mondi, ma con il bicchiere sempre più rivolto a Occidente. Il piccolo Paese incastrato tra i Carpazi e il Mar Nero spera presto di avviare i negoziati con Bruxelles per fare il suo ingresso nell’Unione Europea, e conta che un buon bicchiere dei suoi vini robusti e alcolici possa favorire la trattativa. A che serve altrimenti il vino se non ad avvicinare le persone e i Paesi?
La Moldavia, il vigneto dell’URSS
La Moldavia è il tesoro nascosto dell’enologia europea. Un piccolo Paese di circa 34mila chilometri quadrati, compresa la regione ribelle della Transnistria: praticamente come Lazio, Marche e Umbria assieme, con una superficie vitata di circa 112mila ettari (poco più di un sesto dell’Italia) che ne fanno il Paese con il maggiore export vinicolo in rapporto all’estensione del territorio. Il vino moldavo ha viaggiato a lungo in direzione del colosso russo, eredità questa di quando la Moldavia e la Georgia erano le due delle quindici repubbliche sovietiche demandate a rifornire di buon vino il resto del grande impero sovietico.
Stop all’export in Russia
Poi quando l’orso è morto, la Moldavia ha continuato a mandare i suoi vini nella vicina Romania, in Polonia, nella Repubblica Ceca e certo, in Russia. Fin quando la faccenduola della Transnistria, la provincia indipendentista e filorussa che Chisinau non vuol mollare, ha inasprito i rapporti con Mosca, che ha chiuso i rubinetti delle importazioni facendo barcollare l’intero comparto vitivinicolo moldavo. Per questo da qualche anno la Moldavia guarda all’Europa, con cui già nel 2014 ha stretto un accordo di associazione che prevede, tra l’altro, l’allineamento con le rigide norme fitosanitarie comunitarie. Quanto al regime biologico, il Paese – sempre diffidente nei confronti del nuovo – è piuttosto indietro.
Biodiversità all’italiana
La Moldavia ha una biodiversità notevole considerando le sue ridotte dimensioni. Una varietà di climi, di terroir e di terreni che hanno favorito una produzione enologica assai varia. Oggi circa tre quarti della produzione prevede l’utilizzo di vitigni internazionali, mentre il resto è diviso tra i caucasici e gli autoctoni, tra i quali i Feteasca (Alba, Neagra e Regala), il Rara Neagra e la Vioirca.
La cantina dei record
Il registro dei vigneti è in mano all’ONVV (Oficiul National ai Viei si Vinului), che con il marchio Wine of Moldova promuove le etichette nazionali alle fiere internazionali. Le regioni vinicole sono tre, oltre alla piccola Balti, nel Nord. La regione di Codru, al centro del Paese, è la più grande e copre oltre la metà della superficie vitata nazionale: la produzione è molto varia, anche se si sofferma soprattutto sui bianchi. Qui si trovano le cantine più grandi e famose del Paese, da Milesti Mici, che vanta nelle sue sterminate cantine sotterranee ricavate da vecchie miniere di pietra calcarea la più ampia collezione di vini certificata dal Guinness World Records, con quasi due milioni di bottiglie, a Cricova, celebre per i suoi spumanti metodo classico, fino a Romanesti, la cantina dei Romanov.
Il Vallo di Traiano “rossista”
Più a Sud ecco la regione di Valul Lui Traian (il Vallo di Traiano), che ha il suo centro a Cahul, con circa 40mila ettari e una produzione orientata verso i rossi e i vini da dessert. Tra i vini più importante il Lupi della Gitana Winery, una delle cantine più illuminate del territorio, e il Saperavi dell’antica cantina Vinuri de Comrat.
Porcari, l’ambasciatrice del vino moldavo nel mondo
Ma la regione vintivinicola moldava più nota all’estero, ancorché ben più piccola delle altre due, è quella di Stefan Voda, nell’angolo sudorientale del Paese più vicino al Mar Nero, che comprende il villaggio di Porcari, dove il Rara Neagra raggiunge i risultati più notevoli anche per i raffinati gusti occidentali. Gran parte delle bottiglie moldave che possiamo trovare sugli scaffali delle più rifornite enoteche arrivano da qui.
Uno stile da modernizzare
Complessivamente la produzione moldava si accomoda su uno stile antiquato e poco dinamico, più spinto sul muscolo che sul nerbo, anche se non mancano giovani produttori più attenti alle tendenze e ai gusti internazionali e disposti a investire sulla tecnologia e su pratiche agricole più innovative. Il futuro europeo della Moldavia, dentro e fuori dal bicchiere, dipende anche da loro.