Susumaniello Torre Testa Tenute Rubino. I primi 17 anni e il nuovo progetto

24 Feb 2022, 17:10 | a cura di
La Casa del Susumaniello – nuova cantina di Tenute Rubino - sarà presto pronta e fa parte di un progetto di accoglienza e di ospitalità incentrata sul vino e sull’oasi di Torre Testa, che dà il nome all'etichetta storica degustata.

Come una sentinella di pietra l’antica Torre Testa si erge sul litorale di Brindisi – siamo a pochi chilometri a nord dalla città – in uno scenario naturale di suggestiva bellezza. Ci troviamo in una zona umida costiera protetta, dove la macchia mediterranea contorna la foce del canale Giancola, proprio accanto alla torre. Di fronte a noi le onde dell’Adriatico si infrangono sulle rocce. Alle nostre spalle, a poche centinaia di metri, il verde intenso dei vigneti. «È un posto magico – ci racconta Luigi Rubino Qui la mia famiglia ha iniziato a fare vino a metà degli anni Ottanta. Qui abbiamo la tenuta di Jaddico e la masseria Giancola, e un nucleo di vigne vecchie quasi cent’anni. Negroamaro, malvasia nera e susumaniello. E proprio su quest’ultimo vitigno abbiamo iniziato a lavorare e sperimentare alla fine degli anni Novanta».

Susumaniello Torre Testa Tenute Rubino. Vent'anni fa le prime bottiglie

Le prime bottiglie di Susumaniello in purezza etichettate Torre Testa sono del 2001. Luigi e il padre Tommaso avevano intuito, allora, che quell’uva rossa, tradizionale complemento del negroamaro e della malvasia nera anche nel blend del Brindisi Doc, poteva avere una sua dignità, essere protagonista assoluta, e regalare un rosso intenso e ricco di carattere. La Rubino oggi si estende per 200 ettari di vigne tra Brindisi, Taranto e Lecce, per oltre un milione di bottiglie l’anno che per il 60% prendono la via dell’export e raggiungono ben 30 Paesi. Ma la grande scommessa di questi ultimi anni è stata proprio quest’uva quasi dimenticata, che era confinata ormai in poco più d’un ettaro.

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«Il susumaniello è un vitigno affascinante, ma con qualche problema – spiega Luigi – È una varietà molto produttiva nei primi dieci anni di vita, come testimonia uno dei suoi numerosi sinonimi, “somarello nero”. Poi pian piano è sempre meno produttivo, e con gli anni arriva a produrre meno di un chilo d’uva per pianta. In epoche in cui contavano produzione e grado alcolico quest’uva ha lasciato il posto a varietà più affidabili e generose. Un peccato, perché i suoi grappoli, con acini piccoli e buccia spessa, ricchi di colore e tannino danno un vino di struttura, ricco di frutto e di toni speziati, che con il giusto invecchiamento arriva a esprimere complessità vera ed eleganza. Ma era stato relegato al ruolo di vitigno complementare del negroamaro e della malvasia nera.

Noi e pochi altri, anni fa, abbiamo voluto esplorarne le potenzialità da solista. È stato un lavoro complesso: dalle vecchie vigne ad alberello abbiamo effettuato una selezione massale, e abbiamo reimpiantato – e stiamo continuando a farlo – ettari su ettari di susumaniello: siamo oltre i venti ormai, solo sulla costa ma anche e rigorosamente ad alberello. In cantina abbiamo continuato a lavorare su diversi registri espressivi. Oggi abbiamo Torre Testa, l’etichetta storica, che è diventato la nostra bandiera: un vino caldo, armonico, complesso, ricco di toni di frutti rossi, dalla marasca al melograno, con un tocco di boisé dei legni nuovi e piccoli, che può invecchiare per anni. Dalle vigne giovani arriva invece Oltremé, un Susumaniello più fragrante, vinificato in acciaio, sapido fruttato,  fresco e scorrevole; da una vendemmia anticipata nasce il Torre Testa Rosato, dai bei toni minerali e iodati, dalle fragranze di lampone e melograno, e infine il Sumarè, un Brut Metodo Classico Rosato da susumaniello in purezza».

Susumaniello Torre Testa Tenute Rubino. Verticale

Abbiamo provato alcune delle migliori annate di Torre Testa dalla sua comparsa all’ultima commercializzata dall’azienda. Ci è servito per saggiare il potenziale di longevità di questo vino, ma soprattutto per verificare il lungo e tenace lavoro di messa a punto di tecniche colturali e di vinificazione portato avanti nei vigneti e in cantina dalla Rubino.

  • 2001
    Primo Susumaniello immesso sul mercato, erano appena 7.000 bottiglie. Vino glocal. Raccolto inizio ottobre, maturato 18 mesi in barrique. Un vino denso, fitto, caldo di alcol, dalle note di frutto maturo, prugna e mora, cioccolato e note fumé. Bei richiami mediterranei, lungo al palato, ad oggi vigoroso e piacevole.
  • 2002
    Vendemmiato qualche giorno in anticipo rispetto al 2001, ha toni ancora freschi di melograno e venature agrumate. È giocato sull’acidità, ed oggi mette in mostra toni di mora selvatica, poi note autunnali di tartufo nero e terra, ravvivati da nuance vegetali. Tannini ancora indomiti.
  • 2003
    Vino ricco, maturo, dai toni di confettura di frutti rossi che virano poi su note di torrefazione. Al palato è alcolico, sapido, ricco di tannini ma meno boisé delle precedenti annate. Finale di erbe della macchia mediterranea, pepe nero e liquirizia.
  • 2004
    Iniziano ad arrivare i contributi delle vigne più giovani. Il colore è rubino granata, al naso offre note balsamiche, un tocco di confettura di mirtillo. Struttura più filante ma ricco corredo tannico. Finale balsamico e su note di liquirizia.
  • 2010
    Cambia qualcosa nella vinificazione. Una sorta di spartiacque. Etichetta nuova, macerazione breve, fermentazione a bassa temperatura, matura in legno per 11 mesi. Il colore è intenso, con unghia granata, il naso è dolce e ricco di frutti neri, fragoline, cannella, cacao. Al palato corposo ma morbido, dal bel finale mentolato.
  • 2011
    Una delle annate più coinvolgenti. Un vino ricco, complesso, morbido e fresco allo stesso tempo. Al naso mora matura e ribes nero, e belle note speziate. Il palato è asciutto, solido, polposo e di bella verticalità. Tannini ben risolti, bella struttura, elegante finale speziato e di liquirizia.
  • 2016
    Rubino intenso, è dinamico e vitale nei toni di piccoli frutti rossi e neri e d’agrume. Al palato mostra equilibrio, finezza e sapidità, ha un taglio morbido e avvolgente, con mora e ribes in risalto che sfumano su menta e cioccolato. Tannini vellutati, tanto frutto e un finale energico, dinamico, lungo e armonico.
  • 2017
    Ottima prova per il frutto d’una annata complessa, caratterizzata da eventi climatici avversi, soprattutto dalla siccità estiva. Ma in riva al mare… Il Torre Testa ha un colore rubino cupo, senza cedimenti. Il vino è ancora in evoluzione: ha un frutto nero in primo piano e note iodate al naso, poi struttura, densità e corpo importanti, con tannini ancora in evoluzione che abbisognano di vetro per trovare l’armonia finale. La materia è ottima. Il tempo farà il resto.

La Casa del Susumaniello. Il progetto legato all'enoturismo

I vini di Luigi nascono su suoli dalla forte componente sabbiosa, che in qualche modo stempera e ingentilisce questo rosso che altrimenti rischia di esprimere tannini difficili da domare in gioventù, uno dei motivi per cui in passato non si vinificava in purezza. Le brezze marine poi gli conferiscono quel tocco iodato e mediterraneo che ne fa un vino solare, di grande fascino. Etichette di successo, vini fragranti e versatili a tavola, che raccontano il Salento enologico da un’altra prospettiva. Siamo “oltre” il classico binomio salentino di Primitivo e Negroamaro. Da povero somarello nero oggi quest’uva è “the next big thing” dell’enologia pugliese, e sono pochi i produttori che non si stanno cimentando nell’impresa. La nuova cantina – la Casa del Susumaniello – sarà presto pronta e fa parte di un progetto di accoglienza e di ospitalità incentrata sul vino e sull’oasi di Torre Testa, che prevede anche il restauro delle masserie all’interno dei vigneti.

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Susumaniello. L'origine

Sappiamo ancora poco di quest’uva. Tradizionalmente si trovava soprattutto nel brindisino, ed è nota anche con i sinonimi di zingariello, cuccipaniello, cuccimaniello, somarello… Questo ci dà l’idea di una varietà produttiva e di bella croccantezza che non si ammostava quando veniva trasportata nelle ceste portate dagli asinelli. Una cosiddetta uva da cesta. Quanto all’origine, oggi si
pensa che sia probabilmente un incrocio tra garganega e uva sogra (o uva sacra), vecchio vitigno da tavola, fondatore di tante varietà, anche se – come molti vitigni rossi meridionali – mostra una notevole affinità genetica col sangiovese. E ci sono parentele complesse anche con vitigni bianchi come albana, catarratto, malvasia di Candia, dorona, marzemina bianca, montonico e trebbiano. Quanto all’origine potrebbe aver varcato il mare, come il primitivo, e provenire dalla costa dalmata. Il nome infine riporterebbe ad una divinità ctonia dell’Olimpo etrusco e poi romano, Summanus, dio dei fulmini e dei fenomeni atmosferici notturni, venerato come signore della pioggia sull’altra sponda dell’Adriatico. Sulle terre rosse e sui suoli argillosi produce vini alcolici, molto tannici e colorati, e un tempo era la base per i filtrati dolci venduti alle aziende vinicole di altre regioni, ingrediente di vini da taglio, ma marginale – per la sua intensità e la notevole tannicità – nei blend con le altre uve rosse salentine.
Attilio Scienza (professore universitario, agronomo ed enologo)

Tenute Rubino – Brindisi – via E. Fermi, 50 – 0831571955 – tenuterubino.com

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