Tutte le volte che l’immunologa Viola ha attaccato il vino

6 Mag 2023, 13:58 | a cura di
A partire dalla proposta irlandese di introdurre gli health warning in etichetta, la scienziata non ha perso occasione di dire la sua su vino e salute. Adesso è uscito per Feltrinelli il suo nuovo libro, La via dell’equilibrio
  • Era il 12 gennaio di quest’anno quando sul profilo FB dell’immunologa Antonella Viola compariva il primo post contro il vino. Il motivo? Entrare a gamba tesa nella polemica sugli health warning che l’Irlanda aveva proposto e su cui la Commissione Ue aveva deciso di non intervenire, dando una sorta di silenzio assenso.

Nel polverone mediatico, la professoressa Viola aveva dato una posizione fuori dal coro che, senza giri di parole, appoggiava la decisione di Dublino, contro l’Italia: “La scelta dell’Irlanda, approvata dalla Commissione europea, di equiparare alcol e sigarette e di inserire nell’etichetta delle bevande alcoliche gli avvertimenti sui danni per la salute non è giusta: è giustissima!” aveva scritto nella sua pagina FB. Per poi continuare: “L’alcol è un cancerogeno, direttamente collegato al cancro del seno, colon-retto, fegato, esofago, bocca e gola. Non c’è una dose sicura: come per le sigarette, la dose sicura è zero!”. Parole poi ripetute con maggior vigore in varie interviste rilasciate al Corriere del Veneto e alla Stampa, in cui si finiva per sostenere anche che “le persone che bevono da uno a due bicchieri di bevande alcoliche al giorno hanno un volume del cervello inferiore”.

Perché sull’etichettatura irlandese Viola non ha ragione

Sulla dose sicura (o non sicura come scrive la biologa), tuttavia, si potrebbe citare il Cancer Plan approvato dal Parlamento Ue un anno prima che semmai ribadisce come non esista un livello di consumo totalmente sicuro e introduce una precisa distinzione tra consumo moderato e abuso di alcol. Citando testualmente: “Harmful alcohol consumption is a risk factor for many different cancers”. Quindi l’abuso (harmful) fa male e non il consumo.

Nel caso specifico di Dublino emerge, poi, un paradosso: l’Irlanda è proprio il Paese dove sul rapporto ossessivo tra alcol e società esiste tutta una letteratura. E questo la dice molto lunga e “scagiona” il vino dal ruolo di protagonista nei cosiddetti “heavy episodic drinking”.

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Secondo i dati Oms elaborati dall’Osservatorio Uiv, rispetto ai cittadini italiani, gli irlandesi consumano mediamente quasi il triplo degli spirits e il 250% in più di birra. Con il vino che incide per solo il 25% nel paniere dei consumi, contro il 63% del Belpaese. “Il caso irlandese è emblematico” osserva il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti “e riflette una condizione abbastanza comune nei Paesi del Nord Europa, dove i consumi compulsivi di alcol, che rappresentano una piaga sociale molto più pressante rispetto all’area del Mediterraneo, non sono certo legati al vino”.

“Rinunciare all’alcol”: l’immunologa appoggia la Francia

Caso irlandese a parte, Viola è poi andata avanti nella sua personale crociata contro il vino. Il 6 febbraio sempre sul suo profilo compare un’altra invettiva, ancora più dura della prima secondo cui la salute dei cittadini passerebbe senza se e senza ma alla rinuncia al vino, con tanto di elogio alla Francia e a un suo spot su vino e salute: “Mentre in Italia si negano le evidenze, il Governo e il Ministero della Salute della Francia mandano un messaggio chiarissimo ai cittadini: la salute si ottiene rinunciando all’alcol. Anche la Francia produce ed esporta vino, e ha enormi interessi economici nel settore. Ma non mente ai suoi cittadini. Perché da noi si mente?”. Sull’approccio della Francia alla comunicazione del vino si è tanto discusso in questi anni, dato che Oltralpe è ancora in vigore la legge Evin, che risale al 1991 e che vieta la pubblicità televisiva e cinematografica, diretta o indiretta, delle bevande alcoliche. Ma siamo davvero sicuri che quello sia il modello corretto da seguire?

Se davvero si vuol combattere l’abuso (e ribadiamo, abuso!) di alcol non sarebbero molto più efficaci campagne di sensibilizzazione tra i giovani e non solo, come da sempre propone l’associazione europea Wine in Moderation? Si ricordi a tal proposito, l’accordo, promosso da Unione italiana vini, tra Wine in Moderation e il Movimento turismo del vino stipulato lo scorso anno in occasione di Cantine Aperte, che prevede, tra le altre cose la distribuzione in cantina di un kit informativo con le linee guida sul consumo responsabile.

E arriviamo a questi ultimi giorni, in cui a prendere la parola è stato il marito dell’immunologa Marco Cattalini, ribadendo che anche lui, come la moglie, pratica il digiuno intermittente, salta la cena e considera il vino pericoloso (come abbiamo raccontato nell’articolo “Ecco perché l’immunologa Viola ce l’ha tanto con il vino”). Ma c’è di più, lui farebbe da cavia per la moglie: “Lei è una grande divulgatrice, parla di scienza in modo che tutti possano capire. Leggo le prime stesure dei suoi libri, se le capisco io vuol dire che le capiranno tutti”.

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Sicuramente prima di capirlo e di leggerlo, quei “tutti” l'ultimo libro di Antonella Viola lo hanno comprato, dal momento che la pubblicazione, appena uscita per Feltrinelli col titolo “La via dell’Equilibrio”, pare si sia piazzata al primo posto nella classifica dei libri più venduti su Amazon, ancora prima dell’uscita del 2 maggio.

Potere della promozione che, tra digiuno intermittente, succo di pomodoro per aperitivo e alcol nocivo, non è di certo mancata. “Sono molto felice per le vendite del mio libro perché significa che sarà letto da molte persone e ad alcune di queste il mio messaggio arriverà”, ha scritto nei giorni scorsi l’immunologa in un nuovo post su FB, dove ormai di vino non si parla più.

 

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