Pamela Anderson censurata al G20 per i manifesti vegani

11 Set 2023, 13:38 | a cura di
Censura al G20 nei confronti della campagna di comunicazione dell'organizzazione animalista PETA. Via tutti i cartelloni che sollecitavano una dieta vegana, anche se poi in una delle cene ufficiali è stato scelto un menu stagionale vegetariano

Una campagna efficace, diretta e incisiva tanto che i cartelloni pubblicitari sono stati rimossi in modo fulmineo. Efficace, anche se non offensiva, tanto che le modalità di azione rimandano a uno stile censorio d'altri tempi o di salviniana memoria (come nel caso degli striscioni rimossi durante i comizi nella primavera 2019). Qui però la vittima è la ben più celebre attrice Pamela Anderson nel suo ormai noto ruolo di attivista e volto della PETA, la famosa organizzazione no-profit a sostegno dei diritti degli animali che in primavera si era riproposta di riscrivere la Bibbia in versione cruelty free.

La campagna di sensibilizzazione in occasione del G20 in India

"TROPPO CALDO? L’industria della carne è la causa della catastrofe climatica. G20: MANGIATE VEGANO!" Questo il messaggio impresso sui cartelloni affissi in tutta Nuova Delhi, dall'aeroporto alle principali arterie stradali, con a fianco una foto (questa volta non "hot") della famosa attrice americana. Una campagna di PETA India che voleva cercare di attirare l’attenzione sul ruolo dell’agricoltura animale nella catastrofe climatica globale, ed esortava i leader mondiali presenti al vertice del G20 a diventare vegani. Una vita breve quella di questi cartelloni che poco dopo l'affissione sono stati rimossi dalle autorità che non hanno fornito alcuna spiegazione all'organizzazione.

Peta Delhi

Peta punta il dito contro l'industria della carne come una delle responsabili del collasso climatico

“Questa campagna di cartelloni pubblicitari da capogiro invitava i leader del G20 a fare la cosa giusta e contribuire a salvare il nostro pianeta”, afferma Mimi Bekhechi, vicepresidente della PETA per Regno Unito, Europa e Australia. “Se i leader del G20 e coloro che partecipano alle conferenze legate al clima continuano a mettere gli interessi delle industrie della carne e dei latticini al di sopra dell’ambiente, possiamo aspettarci danni irreversibili al nostro pianeta”. La produzione di carne e latticini, infatti, rappresenta circa il 60% di tutte le emissioni di gas serra legate al cibo, rendendola uno dei principali fattori che contribuiscono al cambiamento climatico. I ricercatori dell’Università di Oxford hanno scoperto che non consumare carne e latticini può ridurre fino al 73% l’impronta carbonica di un individuo, derivante dal cibo, e che un passaggio globale all’alimentazione vegana potrebbe salvare fino a 8 milioni di vite umane entro il 2050, ridurre le emissioni di gas serra di due terzi e generare notevoli risparmi legati all’assistenza sanitaria.

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Il menu vegetariano dei capi di stato al G20

Che poi, in fondo, quei cartelloni forse si potevano anche lasciare viste le pietanze proposte nella cena ufficiale del G20 agli invitati della presidente Droupadi Murmu. Un menu che voleva rappresentare un percorso tra i profumi e sapori indiani tipici della stagione dello Sharad Ritu (una sorta di autunno indiano che parte da metà agosto fino a metà ottobre):

  • Paatram, Una boccata d'aria fresca, croccantini di foglie di miglio conditi con una sfera di yogurt e chutney speziato
  • Vanvarnam, gallette di frutta di jackfruit servita con funghi di bosco glassati, croccantini di miglio e riso rosso del Kerala saltato con foglie di curry
  • Mumbai Pao, panino morbido aromatizzato ai semi di cipolla
  • Bakarkhani, focaccia dolce aromatizzata al cardamomo
  • Kashmiri Kahwa, caffè filtro e tè Darjeeling
  • Foglie di cioccolato aromatizzate al paan

Un menu interamente vegetariano (addirittura vegano se non fosse per quella sfera di yogurt!). L’India, infatti, è un paese con una lunga e radicata tradizione culinaria veg, ben prima che diventasse argomento di sostenibilità ambientale. Sorge quindi il dubbio che un sequestro così repentino sia stato, forse, il frutto di una gara a chi riusciva ad accaparrarsi più poster dell'idolo di Baywatch.

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