Una soluzione potrebbe essere quella di fare il lievito madre in casa, così da potersi dedicare alla preparazione di pizza, focacce, pane e brioche, ma per chi non ha molta dimestichezza, ci sono anche tante ricette che tradizionalmente non prevedono l’uso del lievito di birra. Sembrerebbe infatti che quest’ultimo sia attualmente introvabile nei supermercati, complici gli assalti alle scorte degli ultimi tempi e una ritrovata voglia di impastare. Come rimediare? Sperimentando con prodotti diversi che non ne hanno bisogno. Ecco quali sono.
Il pane senza lievito nel mondo
Pane azzimo
Il più conosciuto e popolare è senza dubbio il pane azzimo, dal graco azymos, “privo di lievito”. Si prepara con farina di frumento e acqua, e per molto tempo è stato l’unico tipo di pane conosciuto dall’umanità. In passato cotto su pietre arroventate o cenere calda, nel tempo la lavorazione si è evoluta, dando vita a diverse tipologie. Fra le prime testimonianze scritte, quella del bannock, un tipo di azzimo documentato fin dall’anno 1000 in Scozia e diffusosi poi anche in altri Paesi. Ma il pane azzimo è soprattutto una specialità della cultura ebraica, che lo celebra durante la settimana pasquale in ricordo dell’uscita del popolo israelita dall’Egitto.
Pane esseno
Comunità ebraica vissuta nel II secolo a.C., gli esseni preparavano un pane che tecnicamente può essere considerato crudo, fatto con cereali germogliati, in modo da preservarne tutte le sostanze nutritive. Il grano germogliato viene ridotto in poltiglia e steso a forma di galletta, essiccata al sole. Per realizzarlo, oggi basta frullare i germogli, aggiungere un po’ di acqua e altri ingredienti a piacere come spezie o erbe aromatiche, e far asciugare il tutto in un essiccatore. Una ricetta molto in voga fra chi ha scelto di seguire una dieta crudista, alimentazione basata su ingredienti scaldati fino a un massimo di 40°C.
Soda bread
Ovvero pane fatto con bicarbonato di sodio. Prelibatezza immancabile nel giorno di San Patrizio in Irlanda, ma che affonda le proprie radici nella cultura degli indiani d’America. Sono stati loro i primi a utilizzare una sorta di bicarbonato di soda naturale ricavato dalle ceneri del legno per far lievitare il pane. A promuovere e diffondere il consumo di questa specialità, però, furono gli irlandesi, che la realizzarono per la prima volta a inizio Ottocento, con l’introduzione del bicarbonato nel Regno Unito. Una ricetta nata per necessità per via del conflitto finanziario che a quel tempo limitava l’accesso agli alimenti, costringendo il popolo a fare affidamento su una cucina povera, di recupero, che fra i suoi prodotti simboli annoverava anche il soda bread, fatto con farina, bicarbonato, sale e latticello (o, più semplicemente, latte acidificato con limone).
Lavash
Dal 2014 patrimonio immateriale dell’umanità per l’Unesco, il lavash è una sorta di piadina fatta con acqua, farina e sale, diffusa soprattutto in Armenia e in Artsakh, ma consumata anche in Iran, Turchia, Georgia e in tutto il Medio Oriente. Una sfoglia che risulta morbida appena sfornata, da farcire e arrotolare, ma che diventa croccante man mano che si raffredda, perfetta per essere consumata come snack, base per crostini o accompagnare i pasti. Il lavash può essere conservato a lungo se mantenuto in un contenitore a chiusura ermetica.
Chapati
Anche nel Punjab, al nord ovest dell’India, si usa un pane senza lievito dalla forma piatta e tonda che ricorda quella della piadina, a base di acqua, farina semi-integrale e sale. È il chapati, cotto sulla tawa, la tradizionale padella di ferro che consente una cottura uniforme, viene consumato anche nell’Asia meridionale, nell’Africa orientale e in alcune zone del Medio Oriente. Ne esistono diverse varianti, fra cui il guirathi phulka, stesso impasto ma cotto per qualche secondo direttamente sulla fiamma viva, che fa gonfiare il pane. Si usa per accompagnare verdure, legumi e curry, e viene generalmente arricchito con il ghi, burro chiarificato tipico della cucina indiana e, più in generale, dei paesi asiatici, privato dell’acqua e della sua componente proteica.
Papadum
Chiamate anche pappadam, si tratta di un’altra specialità della ricca gastronomia indiana, stavolta in versione croccante, simile a delle cialde da spezzare con le mani e gustare come snack, spezzafame o base per accompagnare salse e intingoli. Solitamente preparate con farina di fagioli mungo neri, possono essere realizzate anche con farine di lenticchie, ceci, riso o tapioca, alle quali vengono aggiunte varie spezie, a cominciare dal cumino. Infine, vengono fritte o essiccate, consumate insieme alle portate principali oppure servite come antipasto, con chutney di mango, cipolle e carote tritate, salsa alla menta e altri condimenti.
Piadina
Il primo documento storico che parla di “piada” è del 1371, ma l’uso della sfoglia rotonda risale a molto tempo prima, già in epoca romana. Semplice, popolare, democratica ed economica, la piadina romagnola si presta a tantissime ricette e rivisitazioni: nella versione classica si farcisce con prosciutto crudo, rucola e squacquerone, ma qualsiasi ingrediente diventa goloso e irresistibile all’interno di una buona piadina sfogliata. Salumi, formaggi, verdure, salse, anche pesce o ricette più elaborate: proprio come nel caso dei panini, non c’è limite alla fantasia. La ricetta tradizionale prevede l’utilizzo dello strutto nell'impasto, ma la si può preparare anche con olio extravergine di oliva, usando farine integrali oppure senza glutine, a seconda delle esigenze, insieme ad acqua e un pizzico di bicarbonato.
La ricetta della piadina
a cura di Michela Becchi