Avanzano al grido di We want plates e sono uno schieramento (agguerrito) sempre più numeroso: 27mila adepti su Facebook e 75mila follower su Twitter in soli sei mesi. Mesi che sono serviti al “movimento” popolare per raccogliere le forze contro un unico, infido nemico che furoreggia nei ristoranti inglesi e -ahimè – non solo: l'impiattamento creativo. Che non sarebbe sbagliato ribattezzare impiattamento selvaggio, a ben guardare alcuni degli oltre settecento scatti raccolti a testimonianza dei voli pindarici di chef che aspirano a lanciare tendenze gastronomiche di dubbio gusto.
A mostrare quanto sia deleteria la deriva centrata sull'apparenza a discapito della sostanza sono, per una volta, proprio quelle foto che dovrebbero perpetrarne memoria ai posteri, sugellando sul web l'ispirazione creativa. E invece la campagna è sì diventata virale sui social, ma con intento tutt'altro che lusinghiero: il manifesto ideologico è stato concepito dall'inglese Ross McGinnes, stanco di ritrovarsi a tavola circondato da vasetti da marmellata di riciclo, cortecce d'albero, lampadine porta spritz e ogni sorta di bizzarria che possa contenere il cibo mandando in pensione il caro, vecchio piatto di porcellana.
Un giorno dopo l'altro il fronte di “giustizieri gourmet” è cresciuto, sostenendo con ironia lo slogan “Vogliamo i piatti”. E mentre in Inghilterra già si registra qualche caso di pentimento (ma non sono mancate le polemiche da parte dei sostenitori della libertà espressiva degli chef), il risultato è esilarante. E sotto gli occhi di tutti. Eccone qualche esempio.