Potenza da bere e mangiare: la miniguida

Il centro storico è in cima, e sovrasta i vicoli antichi e i quartieri moderni edificati dopo il terremoto dell’Irpinia. Detto anche “città delle cento scale”, è il capoluogo più alto d’Italia, incastonato fra i monti e nel verde dell’alta valle del Basento e offre inaspettate perle di arte e cultura, ritmi lenti e una cucina di sapori forti e decisi ma aperta al nuovo. Come la sua gente.
A cura di Gambero Rosso
Pubblicato il 11:19 am, Lun, 20 Marzo 23
Tempo di lettura: 2 minuti

Dove mangiare e bere a Potenza

Potenza è il cuore della Lucania, con un centro storico popolato da decine di attività, spesso a gestione familiare, dove si esaltano le materie prime e si custodisce la tradizione, con la pasta fatta a mano, peperone crusco, baccalà o maiale nero. Ma la città, nonostante i suoi ritmi lenti e le sue abitudini radicate, ha tanta voglia di nuovo e un pubblico curioso e ricettivo. “Se prima il ristorante era un prolungamento del pranzo di famiglia” spiega Massimo Carleo, chef del Massimo Carleo Home Restaurant “oggi si vive come esperienza a sé, dove scoprire un ingrediente sconosciuto o un modo inedito di valorizzare le materie locali. L’approssimazione ha lasciato il posto a studio, ricerca, tanto impegno quotidiano, e i clienti lo capiscono. E dove prima c’era competizione, oggi tra colleghi si dialoga e si fa sistema, per crescere insieme, lavorando fianco a fianco con i piccoli produttori del territorio”.

Inoltre, Potenza ha sempre avuto un rapporto molto stretto con il vino: leggenda narra, come racconta il sindaco Mario Guarente, che ci siano più cantine che cantinieri perché la città fino ai primi decenni del Novecento era circondata da ulivi e vigneti e ogni famiglia disponeva di uno spazio dedicato alla produzione e alla conservazione del vino. Inoltre, essendo il capoluogo più alto d’Italia con inverni piuttosto rigidi, le cantine erano lo spazio sociale per eccellenza, dove si firmavano gli atti notarili e si registrava la maggior parte dei reati.

Potenza: 4 ricette tipiche con la pasta

Frizzuli con ‘ndruppeche: fusilli al ferretto di semola di grano duro e acqua conditi un ragù di braciole di maiale e bocconcini di vitello, completati con pane raffermo grattato e saltato in padella con polvere di peperone crusco.

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Lagane e ceci: dette anche “piatto dei briganti”, tradizionalmente a base di acqua e farina, sono piccole fettuccine condite con i legumi, una volta cotti un giorno intero nella “pignatta” con gli odori e il peperone crusco di Senise.

Raschiatelli con la mollica: sembrano gnocchi, in realtà sono a base di semola di grano duro e acqua tiepida, che dà morbidezza. Dopo aver diviso l’impasto in cilindri, si fanno a tocchetti e si “cavano” sulla spianatoia. Per poi “finirli” in un intingolo di aglio, olio, peperone secco dolce e mollica sbriciolata.

Strascinati co lo ‘ndruppeche: sorta di grandi orecchiette modellate a mano, tradizionalmente con quattro o più dita. Il condimento classico è col cosiddetto “ragù all’intoppo”, cotto lentamente e a base di manzo e salame pezzente, che conferisce il caratteristico aroma dato dal peperone secco.

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