Quando si parla di una città turistica come Firenze, dove ogni anno arrivano turisti da tutto il mondo, è facile cedere alla tentazione di piegarsi alla domanda, senza valutare le conseguenze. Non ci sono abbastanza hotel? Vuotiamo gli appartamenti e rendiamoli Airbnb. Non ci sono abbastanza bistecche di Chianina? Chiamiamo Fiorentina ogni taglio di manzo. Ma l’obiettivo di chi fa qualità dovrebbe essere un altro, ovvero quello di salvaguardare (anche rinnovandoli) i simboli cittadini, senza snaturarli in nome di un becero turismo di massa.
Perché tutta questa premessa? Perché nelle ultime ore si è molto scritto della riapertura del Caffè Giacosa, la cui storia abbiamo riassunto in questo articolo. Quello che non abbiamo scritto, e che invece è stato riportato da molte testate, è quanto segue: “Quando riprende vita uno dei locali più antichi e importanti del panorama italiano è sempre un evento da celebrare e festeggiare. Ed è certamente questo il caso di Giacosa, che riapre oggi grazie alla nuova proprietà del Gruppo Valenza. Lo storico locale, all’angolo fra via Tornabuoni e via della Spada, intreccia infatti in modo indelebile le sue vicende con la Storia del bar mondiale. È qui infatti che nacque, nel 1919, quello che è, ancora oggi, il cocktail più venduto del mondo, il Negroni.”
Il Negroni non è nato nel caffè Giacosa
Leggendo le prime righe di accompagnamento del comunicato di lancio di Giacosa, è impossibile non porsi un paio di domande sull’esattezza storica delle informazioni in esso contenute: nonostante quanto scritto, è fatto accertato che il Negroni non nacque nel caffè Giacosa, bensì da Casoni, come ampliamente raccontato nel libro "Negroni cocktail. Una leggenda italiana" di Luca Picchi, che tra le altre cose a tutt’oggi lavora per il gruppo Valenza. Si legge a pagina 45: “La Drogheria e Profumeria Casoni fu probabilmente fondata intorno al 1820 e chiuse i battenti, per essere rimpiazzata da Giacosa, nel 1932. Il locale, come abbiamo già accennato, era situato a cavallo tra via Rucellai-Navone, e aveva un'enorme insegna a guisa di scudo araldico proprio sull'angolo delle due vie. All'epoca dei fatti che ci interessano, cioè sul finire degli anni Dieci del Novecento, il proprietario Gaetano Casoni, discendente della famiglia che aveva aperto "l'appalto" e che aveva una succursale a Roma in piazza di Spagna, puntava con decisione sulla qualità dei prodotti, selezionandoli personalmente. Tra i fornitori di Vermouth, come Cinzano e Cora, c'era anche la Martini & Rossi, che approvvigionava regolarmente l'esercizio”.
Una comunicazione che “gioca” su un trasloco
Come ben spiega Picchi, è vero che Giacosa si trasferì negli stessi spazi (all’epoca non era cosa strana che un locale cambiasse sede, lo stesso Gilli, così come lo conosciamo oggi, si trova nella sua terza location in città), ma dire che il Negroni sia nato a Giacosa non è corretto. Anche perché tecnicamente il bartender che lo inventò, Fosco Scarselli, non ha mai lavorato per questa insegna, come spiega sempre Picchi: “Tra il 1932 e il 1933 la Drogheria Profumeria Casoni cessò di esistere e quel fondo fu occupato dal Caffè Giacosa, che vi si trasferì nel 1934. Nel frattempo, si era costituita una nuova società di nome STAR (acronimo di Società Toscana Aziende Riunite) che aveva rilevato lo stesso marchio Giacosa, andandolo ad aggiungere ad altri importanti esercizi, fiorentini e no, precedentemente acquisiti: tutti quelli con marchio Doney (Firenze, Roma, Ancona) e Torricelli (Firenze, Livorno), oltre alla famosa fabbrica fiorentina di biscotti Digerini & Marinai. La nuova società non riassunse Fosco, che però fu chiamato a gestire il bar di una nuova e prestigiosa struttura poco fuori Firenze: il Golf Club dell'Ugolino a Impruneta, dove la famiglia Scarselli si trasferì”
Una questione di lana caprina? Non proprio
Potremmo dunque sostenere che ci troviamo “negli stessi spazi” oppure “tra le mura ” che ospitarono la nascita del Negroni? No. Anche questo sarebbe inesatto, in quanto lo storico Giacosa si trovava dall’altra parte della strada, a qualche porta di distanza, dove oggi sorge Armani e prima sorgeva Cavalli, come tutti i fiorentini ben ricordano. Non a caso è lì che nel 2019 il Comune ha collocato la targa celebrativa del centenario del Negroni, proprio basandosi sugli scrupolosi studi storici di Picchi. Dunque: se da un lato Firenze non può che essere grata alla famiglia Valenza, capace di preservare e addirittura migliorare caffè storici come Gilli e Paszkosky, tra le assolute eccellenze cittadine e italiane sia per la pasticceria che per la miscelazione, dall’altro risulta un po' difficile da capire questo tentativo di accaparrarsi la paternità del cocktail più bevuto al mondo. Crediamo non ce ne sia bisogno, non per un progetto così ben realizzato.