Il rituale della moka
Un po' di acqua, caffè macinato, il gesto manuale ripetuto nel tempo, giorno dopo giorno, un gioco di polso in cui gli italiani sono campioni assoluti. Poi si accendono le fiamme. L'attesa trepidante, spesso accompagnata da movimenti lenti, ancora intorpiditi dal sonno, e poi finalmente il risveglio: il borbottio che accomuna tutte le case della Penisola al mattino, quel gorgoglio che evoca ricordi familiari, ambienti domestici, premure e le tante meritate pause dal lavoro o lo studio. Certo, spiegare a un italiano come si prepara una moka ad arte sembra un'impresa inverosimile: ognuno ha la sua ricetta, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione. E il suo caffè di fiducia, la miscela che più si avvicina al suo gusto, i trucchi e segreti per ottenere la bevanda perfetta. Imprecisa di natura, la moka è uno strumento difficilmente ammaestrabile, eppure qualche regola – se di regola si può parlare – c'è. E, proprio come nel caso dell'espresso, non è sempre così scontata.
Una storia d'amore lunga 85 anni
Montagnetta di caffè, sì o no? Polvere livellata o pressata? Acqua sotto o sopra la valvola? Fiamma media o bassa? E poi le guarnizioni: ogni quanto vanno cambiate? E la caffettiera, invece? C'è chi afferma, ancora oggi, che la migliore sia quella un po' sporca di caffè vecchio, ricca di sapore e aromi ormai andati. Fare chiarezza sulla preparazione casalinga del caffè, è necessario? Sì, perché la tradizione, antica e affascinante, da preservare e rispettare con cura, non sempre è sufficiente per ottenere bevande di qualità. Emblema dello stile di vita di ogni famiglia italiana che si rispetti, la moka è stata brevettata 85 anni fa, dal famoso omino coi baffi, Alfonso Bialetti, che nel 1933 si ispirò proprio ai baffi del figlio Renato per creare quello che sarebbe diventato di lì a breve uno dei simboli più rappresentativi del made in Italy. Da allora, sono state tante le caffettiere casalinghe sviluppate dall'azienda e altre case di produzione, oggi disponibili in tante varianti: a induzione, colorate, di design.
Caffè in casa: esistono delle regole?
Il rituale, però, è cambiato ben poco. Anzi, è rimasto ancorato a idee e convinzioni non più applicabili al mondo contemporaneo. È per questo che abbiamo deciso di chiamare a raccolta gli esperti del settore per farci spiegare come preparare in casa un'ottima moka. Che resta un metodo casalingo e impreciso, artigianale nel senso più stretto del termine, ma che può essere comunque preparato con maggiore cura. Per capire l'intero procedimento, abbiamo chiesto aiuto a Lucio Del Piccolo, collezionante di caffettiere da anni impegnato nella promozione dell'utilizzo corretto della moka, attraverso conferenze, eventi e mediante il suo blog Caffettiere e Macchine da Caffè. Per la guida che segue, ci siamo affidati alle sue parole.
I 7 passaggi per una moka a regola d'arte
- L'ACQUA: È opportuno utilizzare acqua filtrata oppure una oligominerale, perché maggiore è la concentrazione di sali disciolti nell'acqua, minore sarà la quantità di sostanze grasse buone che verranno estratte. Sulla temperatura, due scuole di pensiero: a temperatura ambiente, come sostiene Lucio, o calda, come invece affermano altri professionisti del settore, compreso Alberto Polojac, campione italiano di moka e importatore di caffè crudo. A ogni modo, ciò che conta è la “pulizia” dell'acqua, ovvero la minor quantità di cloro possibile.
- Il LIVELLO DELL'ACQUA: Per quanto riguarda la quantità, è bene tenersi al livello della valvola della parte inferiore. Un livello che si può talvolta ridurre, ma mai superare. La valvola serve per sfiatare vapore: se la si copre con l'acqua, verrà otturata e farà fuoriuscire solamente acqua.
- LA MACINATURA: Non ci stancheremo mai di ribadirlo: a prescindere dall'estrazione scelta, che sia una “semplice” moka, una napoletana o un caffè filtro, i chicchi vanno macinati al momento. Dopo circa 15 minuti dalla macinazione, infatti, il prodotto ha già perso circa il 65% degli aromi.
- IL CAFFÈ: La miscela più classica e in voga in Italia, che varia a seconda delle zone, è la 30/70, con un 30% robusta e un 70% arabica. Ma una buona tazzina si può preparare (ed è consigliabile provare) anche con una singola origine o una miscela 100% arabica.
- LA QUANTITÀ DI CAFFÈ: Eccoci giunti, dunque, all'annoso quesito: montagnetta sì, montagnetta no? La risposta univoca è: no! Innanzitutto perché, nel momento in cui si avvita la caffetteria, la polvere va a depositarsi sui bordi e finisce sulla guarnizione: senza un'ottima tenuta tra le due parti, il caffè viene estratto male. E poi, per via della brew ratio, ovvero il rapporto tra acqua e caffè, che solitamente – per una moka da tre – è di 1 a 10. Quindi, circa 15 grammi per 150 millilitri di acqua. Se si aumenta la quantità di polvere, alcuni dei composti solubili - quelli più amari e sgradevoli che altrimenti perderemmo - vanno a finire in tazza.
- IL GORGOGLIO: Un po' di pazienza e finalmente inizia a borbottare, avvisandoci che l'estrazione è completa. Già, perché nel momento in cui il gorgoglio comincia, il nostro caffè si sta già rovinando, e quell'intrigante insieme di aromi che comincia a spargersi per casa non è altro che un amalgama di profumi che perderemo nella nostra tazzina. L'ideale, quindi, è interrompere l'estrazione un po' prima del gorgoglio, quando la bevanda arriva a circa tre quarti del bricco, in modo da trattenere la maggior parte degli aromi.
- LA FIAMMA: Per la preparazione della moka è ideale una fiamma media. Una volta spenta la fiamma prima del gorgoglio, si toglie la caffettiera dal piano cottura, per bloccare completamente l'estrazione.
La tecnica del “letto bagnato”
Per ottenere una bevanda quanto più precisa possibile, Lucio ha inventato poi una tecnica speciale, quella del “letto bagnato”, pensata per contrastare la temperatura troppo elevata che la bevanda raggiunge al momento del gorgoglio, “circa 100 gradi, mentre quella ideale si aggira attorno ai 92/93°C”. Il procedimento è semplice: basta rimuovere un po' di acqua dalla caldaia e, una volta inserito il caffè nel filtro, versarla sopra la polvere, “in modo che la temperatura si abbassi di almeno 6/7°C”. E poi procedere normalmente con l'estrazione.
La manutenzione
Come ogni strumento, la caffettiera va trattata con cura, lavata e tenuta in ottimo stato. A cominciare da un controllo costante della guarnizione, “che deve essere morbida ed elastica”, meglio se in silicone, “più durevole rispetto alla gomma, e anche più facile da avvitare”, e che va sostituita nel momento in cui inizia a seccarsi, “dopo circa 4 anni per quella in silicone, 2 per la gomma”. E la macchinetta, invece? “Quella in acciaio non si cambia mai. In alluminio, raramente. L'importante è trattare bene la macchina, pulirla dopo ogni estrazione”. Nonostante negli anni abbia attecchito sempre di più la teoria della moka “consumata” (e per consumata, in questo caso, si intende sporca), la verità sulla manutenzione è ben diversa: è buona norma, infatti, “lavare la macchinetta con l'acqua (e mai col sapone!) e poi strofinarla con della carta da cucina quando è ancora umida”. Soprattutto il filtro e la cuccuma – la parte superiore – che sono gli elementi in cui si depositano la maggior parte delle sostanze grasse del caffè, “quelle che una volta asciutte, irrancidiranno, andando a rovinare la nostra moka”.
Moka da professionisti
Per chi volesse tentare tecniche più specifiche, infine, i consigli di Alberto Polojac, che per la prima edizione della competizione Professional Moka Challenge, ha utilizzato un monorigine Etiopia Sidamo, “ma si può davvero preparare con qualsiasi tipo di caffè, a patto che sia buono. Non esistono prodotti più o meno adatti, ma solo chicchi di qualità estratti bene”. Per la sua estrazione, ha utilizzato un 10% di acqua – 30 grammi per 300 millilitri – e un bypass di 20 grammi della stessa acqua usata per l'estrazione. Ma cosa si intende con questo termine? “Si inserisce l'acqua nel bricco contenitore, perché la bevanda preparata in questo modo – ovvero bloccando l'estrazione prima del gorgoglio – risulta più densa, e ha quindi bisogno di una componente liquida aggiuntiva”.
Napoletana, il drip casalingo
Non solo moka, però: sono tanti gli italiani che scelgono di ricorrere alla napoletana, altro strumento domestico che funziona in modo completamente diverso. Si tratta di una caffettiera composta da un serbatoio d'acqua, un contenitore di caffè, un filtro, un serbatoio per la bevanda e il coperchio: quando l'acqua arriva a ebollizione, il vapore fuoriesce dal foro del serbatoio d'acqua e la caffettiera viene capovolta. In questo modo, l'acqua passa attraverso il caffè e viene raccolta nell'apposito contenitore. Proprio nello stesso modo del drip, il caffè filtro, metodo che prevede l'estrazione del caffè attraverso il passaggio dell'acqua calda per la polvere. “La napoletana è il perfetto drip casalingo”, spiega Alberto, “ancora una volta serve acqua calda e una proporzione classica da filtro, di circa 60 grammi di caffè per litro”. E non finisce qui: “La fuoriuscita di vapore dal forellino ci avvisa che siamo arrivati a una temperatura di 100 gradi”, aggiunge Lucio, “in quel momento, basta aspettare un paio di minuti per far abbassare la temperatura e poi girare sottosopra la caffettiera, così che l'acqua possa scendere e attraversare lentamente il caffè macinato”.
a cura di Michela Becchi