La pastiera, dolce simbolo della Pasqua
Cremosa, profumata, irresistibile: è nata a Napoli ma la pastiera è ormai onnipresente sulle tavole di tutta Italia durante il periodo pasquale. Frolla, ricotta, grano cotto, canditi e aroma di fiori d’arancio: gli ingredienti li conosciamo tutti, ma ogni pastiera è diversa dalle altre, più o meno soffice, compatta o aromatizzata, il gusto cambia a seconda dei canditi usati – mai come in questo caso, la qualità fa la differenza – della tipologia di ricotta (di pecora, secondo la tradizione) e della proporzione tra la frolla – fatta con strutto o burro a seconda delle variazioni locali – e crema di ricotta. Ognuno ha la sua versione, ma quel che certo è che ogni ingrediente ha un suo significato. Le uova, per esempio, fondamentali sia nel guscio che nel ripieno, sono emblema della rinascita e della protezione, e poi la ricotta, latticino simbolo della primavera, il grano che nasce in questa stagione e che a sua volta racchiude in sé il significato di una nuova vita.
Il mito della pastiera: la sirena Partenope e le offerte per il Mare
Proprio attorno a questi ingredienti ruota una delle più famose leggende circa l’origine del dolce pasquale. È la storia di Partenope, la sirena di Napoli protagonista della fontana di Piazza Sannazzaro, figura mitologica che ogni primavera emergeva dalle acque per offrire canti alle popolazioni locali. Per ringraziarla, gli abitanti incaricarono sette tra le più belle ragazze dei villaggi attorno al golfo di consegnarle alcuni doni. Grano, per l’appunto, e poi farina, ricotta, uova, acqua di fiori d’arancio, zucchero e spezie: Partenope ringraziò e portò le specialità agli dèi, che le mescolarono insieme creando una torta deliziosa. Ma le storie che riguardano il dolce di Pasqua sono tantissime. C’è, per esempio, quella della “regina che non sorride mai”, soprannome di Maria Teresa d’Ausrtia, moglie del re Ferdinando I di Borbone. Goloso di natura, il re convinse la consorte ad assaggiare la torta di primavera, che riuscì a strapparle il suo primo sorriso. Già, ma come è nata? Secondo molti furono le mogli dei pescatori a crearla per sbaglio, lasciando durante la notte ceste cariche di ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d’arancio, come offerta per il Mare affinché facesse tornare i loro mariti sani e salvi.
La pastiera della Chiesa di San Gregorio Armeno
Tante leggende, ma anche molte certezze: i simboli della festività ci sono tutti e non sono casuali. La versione attuale della pastiera, comunque, sembra essere stata messa a punto nella cucina della Chiesa di San Gregorio Armeno nel corso del Cinquecento. Una teoria piuttosto plausibile considerando che moltissime specialità dolciarie italiane – napoletane in primis – hanno avuto origine nei conventi: si narra che in questo caso l’intuizione fu di una suora che voleva unire i simboli cristiani per eccellenza con le spezie provenienti dall’Asia, profumando il tutto con i fiori d’arancio del bel giardino conventuale. Erano famose, le pastiere di San Gregorio Armeno, e durante la Settimana Santa venivano offerte ai signori dell’alta borghesia dalle suore stesse, che ne preparavano in grande quantità per poter soddisfare il desiderio di tutti. Un dolce, dunque, inizialmente accessibile solo alle famiglie più in vista, ma col tempo diventato simbolo e orgoglio di tutta Napoli.
La ricetta per la pastiera
La preparazione della pastiera richiede un pochino di pazienza – specialmente se si sceglie di utilizzare il grano crudo da cuocere in casa – ma l’attesa verrà ripagata dal gusto impareggiabile della torta. È importante servire la pastiera una volta che si è raffreddata per bene, ancora meglio se preparata con un giorno o due di anticipo: per sprigionare al massimo tutti i suoi profumi, gli ingredienti hanno bisogno di riposare e amalgamarsi per bene. Ecco la nostra ricetta.
Ingredienti
Per la frolla
- 300 g farina
- 150 g burro
- 150 g zucchero
- 2 uova
- 1 pizzico di sale
Per il ripieno
- 1 scatola da 400 g di grano cotto
- 500 g ricotta di pecora
- ½ bicchiere di latte
- 200 g zucchero
- 3 uova intere
- 3 o 4 cucchiai di acqua di fiori d’arancio
- 100 g scorza di arancia candita
- Sale
- Cannella
- Scorza di arancia
- Burro e farina per la tortiera
Iniziate dalla frolla. Setacciate la farina con un pizzico di sale in una ciotola larga, fate la fontana e mettetevi il burro morbido a pezzetti. Amalgamate burro e farina sfregandoli con la punta delle dita fino ad ottenere delle grosse briciole. Fate nuovamente la fontana, metteteci i tuorli e lo zucchero e impastate rapidamente, quel tanto che basta per ottenere un impasto omogeneo. Raccoglietelo a palla, avvolgetelo con la pellicola trasparente e lasciate riposare nella parte meno fredda del frigorifero per almeno un'ora.
Passate ora alla crema. Fate bollire il latte in una piccola casseruola quindi, fuori dal fuoco, unitevi il grano e lavoratelo un po' con la forchetta per scioglierlo e ammorbidirlo (aumentate leggermente la dose di latte se necessario). Aggiungete anche lo zucchero e mescolate bene. Passate la ricotta dal setaccio lasciandola cadere in una ciotola. Unitevi il composto di grano ormai freddo, le uova intere, l'acqua di fiori d'arancio, il candito tagliato a dadini e la scorza grattugiata di mezza arancia. Amalgamate il tutto con cura.
Assemblaggio
Imburrate e infarinate la tortiera. Stendete i due terzi della pasta frolla a uno spessore di circa mezzo cm e foderate la tortiera, ritagliando l'eccesso di pasta tutto intorno. Versatevi il ripieno quindi stendete il resto della pasta e, con la rotella dentata, ritagliate delle strisce larghe un paio di cm che disporrete a griglia sulla torta, formando dei rombi. Mettete la pastiera nel forno precedentemente scaldato a 180° lasciandola cuocere per circa un'ora, fino a quando il ripieno sarà rassodato. Sfornate e lasciate raffreddare la torta senza toglierla dallo stampo. Preparatela con un giorno o due di anticipo, conservandola in frigorifero e servitela nello stesso recipiente di cottura.
a cura di Michela Becchi