Nella Napoli del dopoguerra, quella raccontata dal Neorealismo, per sbarcare il lunario le donne si cimentavano in vari mestieri: uno di questi consisteva nel friggere la pizza in strada per i passanti. Così, ad esempio, iniziò la storia professionale della famiglia Piccirillo, la cui insegna, La Masardona (dedicata al soprannome della nonna), è oggi arrivata alla terza generazione, con due punti vendita, quello storico nei pressi della Stazione Centrale e l'altro sul lungomare. La tecnica di Enzo Piccirillo si basa sul doppio disco di pasta, con la doppia possibilità di scelta tra pizza e battilocchio (la classica mezzaluna). La Completa è con provola, pomodoro, ricotta, cicoli, pepe e basilico, poi c'è la deliziosa Veganina, con scarole, saltate in padella e olive nere. Anche Gino Sorbillo ha intitolato a sua Zia Esterina, che friggeva in strada, le tante sedi della sua friggitoria (non solo a Napoli), con pizze a base di farina bio e in vari gusti (la Tarallo, ad esempio, con provola, tarallo mandorlato sbriciolato e pepe), pure dolci. Continua la linea femminile del mestiere Isabella De Cham, con una pizza fritta da manuale, proposta in tante versioni, anche aperte, nel suo locale di Rione Sanità. La famiglia Apetino, della pizzeria De' Figliole, vanta 150 anni di attività e una pizza fritta che è una vera celebrità, per gusto e leggerezza, a Forcella. E, nello stesso quartiere, agli anni '40 che diffusero la pizza fritta a Napoli è dedicata l'insegna di Vincenzo Durante, "1947 pizza fritta".