Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena e Parco dell'Asinara

Acque incontaminate, macchia mediterranea e una barriera corallina che da sola vale il prezzo del traghetto. Avrete letto decine di volte parole simili, su qualche dépliant illustrato con le immagini della costa sarda. Ma siete proprio sicuri di conoscere bene questo piccolo eden gremito di biodiversità? Per approfondire il discorso, abbiamo deciso di esplorare da vicino le due oasi naturalistiche della Maddalena e dell'Asinara. Iniziamo dalla prima. «Non è un mistero, che il nostro arcipelago ospiti alcune delle località costiere più rinomate del Mediterraneo come la Spiaggia Rosa, la Spiaggia del Cavaliere e la Spiaggia di Cala Napoletana», esordisce Emanuela Rio, collaboratrice amministrativa e responsabile della comunicazione del Parco Nazionale dell'Arcipelago della Maddalena.

«Eppure, pochi sanno che la riserva offre anche la possibilità di effettuare visite culturali. A Caprera, per esempio, sono presenti alcuni musei dedicati alla figura di Giuseppe Garibaldi, mentre il Centro di Educazione Ambientale custodisce due spazi espositivi dedicati alle tradizioni marinaresche e alla geomineralogia». Fra le calette e l'entroterra, poi, c'è tutta la fascia di vegetazione tipica dei terreni sabbiosi, pervasa dal profumo di ginepro, mirto ed erica, che a ridosso delle acque cedono il passo alla ginestra di Corsica, la borragine di Sardegna e il limonio delle Bocche di Bonifacio. «Impossibile non addentrarsi nel fitto della macchia per respirare a pieni polmoni l'area salmastra mista all'odore intenso degli arbusti. Di tanto in tanto, però, alzate lo sguardo verso il cielo, dove svolazzano il gabbiano corso, la berta maggiore e il marangone dal ciuffo». Inutile dire che il mare dà altrettanta soddisfazione: «Durante le gite in barca si avvistano balenottere, capodogli, delfini e tartarughe; nelle immersioni, invece, capita di incontrare soprattutto cernie e molluschi come la patella ferruginea».

Una varietà faunistica del tutto analoga a quella dell'Asinara, dove però troviamo una maggior quantità di grandi invertebrati come asinelli bianchi (affetti da una particolare forma di albinismo), capre, cavalli e mufloni. «Solitamente, quando visitiamo un posto nuovo, siamo abituati ad aguzzare la vista nel tentativo di individuare le specie selvatiche rare», osserva il Direttore del Parco Nazionale dell'Asinara Vittorio Gazale. «Qui, invece, accade esattamente il contrario: sono loro che ci spiano di nascosto, mimetizzandosi con l'ambiente. Premetto che, essendo stata sede di una struttura carceraria dal 1885 al 1997 (l'anno di istituzione del parco, ndr) la nostra isola ha sempre potuto beneficiare di un'azione di tutela indiretta, per via degli scarsi contatti con il mondo esterno; questo il motivo per cui il suono della natura prevale sulle voci umane, le strade sono prive di asfalto e le fonti luminose si limitano ai punti d'approdo delle navi».

Vanno in questa direzione anche le misure restrittive finalizzate alla conservazione dell'ecosistema, primo fra tutti il divieto di ancoraggio e pesca sportiva. «Inoltre, per salvaguardare le creature marine abbiamo creato il Santuario dei Cetacei, alcuni osservatori scientifico-divulgativi ricavati da ex strutture carcerarie abbandonate, un centro internazionale di inanellamento degli uccelli migratori e un ospedale per le tartarughe marine». Ma sull'Asinara si può fare sport? «Assolutamente sì. La costa è ricca di centri di immersioni o per l'affitto di barche a vela e canoe. Sulla terraferma, invece, largo a mountain bike, trekking e birdwatching».

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