Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi

«Sulle peculiarità ambientali del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi si è scritto molto. Il motivo è presto detto: parliamo di un grande sito UNESCO, patrimonio dell'Umanità, nonché dell'unica area protetta istituita entro i confini della Regione Veneto - osserva il Presidente Ennio Vigne - Prima di approfondire l'argomento, però, vale la pena sottolineare che lo stato di salute del territorio dipende in gran parte dalla resilienza dei suoi abitanti, distribuiti fra 15 comuni e 5 piccole unioni montane: grazie a loro, oggi i visitatori hanno la possibilità di esplorare la natura a 360 gradi ricevendo un supporto turistico perfettamente integrato con il paesaggio circostante, dalla ristorazione all'ospitalità alberghiera. Ecco perché abbiamo voluto creare le Carte Qualità, apposite certificazioni con cui premiare (e segnalare al pubblico tramite un marchio registrato) le aziende e gli artigiani che da sempre valorizzano le eccellenze del parco quali il Formaggio di Malga o il Fagiolo di Lamon».

Una bella iniziativa a sostegno delle comunità locali, a loro volta impegnate nella tutela di un ecosistema dalle caratteristiche uniche. «La zona delimitata dal parco è quella meglio conservata sui gruppi montuosi delle Dolomiti - racconta Enrico Vettorazzo, responsabile dei settori di comunicazione, divulgazione, educazione ambientale e ricerca dell'ente - Proprio perché, durante l'era glaciale, sulle vette scampate all'ibernazione hanno trovato rifugio tantissime forme di vita cresciute in isolamento. È a loro, che dobbiamo la straordinaria ricchezza floristica dell'oasi. Del resto, già nel Codex Bellunensis -un erbario illustrato degli inizi del Quattrocento, oggi custodito presso la British Library di Londra- sono stati individuati i nomi di alcune specie botaniche locali quali l'arnica, il ginepro e l'abete rosso, insieme al primo disegno conosciuto della celebre stella alpina».

La fauna, poi, non è da meno: «Ad esclusione dello stambecco, nel parco si possono ammirare tutti gli esemplari tipici dell'arco alpino, fra cui 116 specie di uccelli nidificanti (aquila reale, fagiano di monte, pernice bianca, gallo cedrone), e diversi ungulati (cervo, camoscio e capriolo, solo per citare i più diffusi). Inoltre, stiamo effettuando degli studi sul gatto selvatico e il lupo, tornato spontaneamente a vivere nei nostri boschi con grandi benefici per la catena alimentare dei predatori. Ma potremmo fare altrettanti esempi di insetti, come le farfalle e i coleotteri. Ad ogni modo, sullo sviluppo della biodiversità incide anche il forte dislivello, che va dai 400 metri ai 2565 della cima della Schiara».

Come orientarsi, dunque, nel fitto dedalo di monti, valli, torrenti, conche e foreste che scandiscono il paesaggio dal basso verso l'alto? Il consiglio -sempre valido, nelle riserve naturali- è quello di valutare con attenzione il livello di difficoltà del tragitto. La Conca di Caiada, ad esempio, rappresenta una delle destinazioni preferite dalle famiglie, con le sue foreste popolate da picchi cenerini e i prati costellati dalle rarissime orchidee epipogio. Nella Valle dell'Ardo e nella Val di San Martino, invece, capita spesso avvistare merli acquaioli e camosci (anche a bassa quota!). E gli escursionisti? «Hanno a disposizione 6 rifugi, aperti soprattutto nel periodo estivo. I percorsi già tracciati si dividono tra sentieri naturalistici, tematici e CAI. Ce n'è per tutti i gusti!»

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