Un'enclave di ospitalità da più di 15 anni. Due livelli di design per un ristorante compiutamente metropolitano nel bel mezzo di un quartiere antico; un locale che ha fatto della cura e dell'accoglienza la sua stella polare e che spicca nettamente nella popolare e chiassosa Trastevere. Cristina Bowerman ha sempre avuto le idee chiare e grande personalità: la sua cucina è soltanto sua, la riconosceresti ovunque, così come Glass non è simile a niente altro. Merito suo, merito di una squadra impeccabile, solida, con professionisti come Edoardo Fortunato, il cuoco che garantisce la continuità nonostante la Bowerman si sposti in continuazione per impegni lavorativi e nel sociale nei cinque continenti. In sala c'è Riccardo Nocera, che fa gli onori di casa con un savoir-faire innato, riuscendo a trasmettere l'energia giusta ai colleghi del servizio e agli ospiti, che delizia con una cantina intelligente, illuminata su piccoli e valorosi vignaioli ma che non perde di vista i grandi, in Italia e in Francia. L'atmosfera è internazionale, come internazionale è il menu, anzi i menu: al degustazione Glass (8 portate a 125 euro) si aggiunge il Glass Verde, percorso vegetariano in 7 portate che ha smosso la creatività di questa cucina; non è la prima volta che in vicolo del Cinque ci si cimenta in un menu veg, ma quest'anno il fine dining di mezzo mondo sembra aver fatto un balzo sull'argomento. Il filo conduttore globale è sempre presente, con piatti che "contengono moltitudini" per citare Whitman: dalle istanze orientali della yuba di piselli a congiungere i romanissimi carciofi e vignarola, al gioco sulla pizza "quasi classica" di sedano rapa. E poi le consistenze stratificate e innamorate dei cavoletti di Bruxelles alla brace, yogurt home made al cappero, visciole e gelatina di olive taggiasche. Non mancano alcuni signature, come i ravioli di Parmigiano 60 mesi e funghi; chi opta per la carta ritroverà gli ingredienti feticcio della chef, come l'agnello (ora con sumac, carote e Gorgonzola) o la cagliata di latte di capra.