È uccello migratore e animoso il tarabusino dell'insegna, un volatore che va a svernare in Africa e torna quando il clima qui si rifà mite. Non ha certo intenzione di render nomade la sua cucina invece la chef che regola i fornelli di questo ristorante, inserito in una cornice amena e legato alla materia fornita da mare e laguna. Il viaggio, semmai, è quello del pensiero: la dose di creatività innestata a partire dalla stessa idea di menu, non diviso per portate ma per ingredienti o tipo di piatto. Ecco allora sfilare ai tavoli d'una sala mini e sorridente il saor ("soffiato" sulle sarde), lo sgombro (pomodori gialli, puntarelle, granita di ricotta), i tortelli (al ragù di cortile e Formadi Frant; e ai Formaggi spetta poi un ricco e goloso capitolo della carta). Cantina misurata, ma di qualità.