Non c'era e adesso c'è. E questo basta per farci esultare. Un piccolo spazio ricavato da Claudio Liu all'interno di Aalto (vedi scheda), con insegna e identità però da questo assai distinte, porta in Italia ai suoi massimi livelli il concetto di Omakase, che potremmo tradurre dal giapponese all'italiano in: "Chef, fai tu". Issarsi su uno degli otto sgabelli del bancone più ambito di Milano vuol dire vivere un'esperienza unica, assistere a una liturgia di gesti "bianchi" che fanno del pasto un continuum di pensiero (la preparazione) e azione (l'atto del mangiare). Il percorso (150 euro) prevede otto tappe con una griglia fissa (assaggio iniziale-antipasto-zuppa-sashimi-carbonaro nero-pesce con riso-dessert-tè Matcha) che viene riempito con il pescato del giorno. Il sushi master è Masashi Suzuki, che lavora a pochi metri da chi mangia e con questi condivide spazio, tempo, pensiero, emozioni. A vegliare sul rituale la grazia di Miwa Saito in veste tipica. Si beve pescando dalla carta di Aalto.