Un locale che andrebbe messo sotto teca, anzi clonato, un prototipo di trattoria che riassume al meglio la tradizione milanese più colta e autentica e che per questo è di una contemporaneità naturale che non ha bisogno di slogan, uffici stampa e social media manager. L'ambiente ricorda un vecchio circolo ferroviario, leggermente polveroso (e del resto la Stazione Centrale non è lontana), l'atmosfera è calorosa, il menu fa commuovere i nostalgici e gli amanti delle ricette di una volta, con numerosi classiconi meneghini che non è più così semplice trovare in giro. Per incominciare si possono scegliere dei mondeghili, un patè di fegato alla milanese o una delle generose selezioni di salumi e formaggi (c'è anche un misto Presidi Slow Food). Quindi via a primi sontuosi, come un grande e confortante risotto giallo comme il faut (volendo, ovviamente, con l'ossobuco di vitello in salsa gremolada), e a secondi importanti come la cassoeula, se è stagione, un trionfale bollito misto, o ancora le lumache alla lombarda (da amatori). E se di solito i contorni sono trascurabili e trascurati, qui pure loro sanno conquistare (provare per credere le cipolline in agrodolce e l'indivia saltata), mentre i dolci sono quelli della nonna, come altrimenti non poteva essere, vedi la sfogliatina di ricotta con crema Chantilly all'arancia. A pranzo c'è una scelta più minuta per pause meno impegnative. L'anima di tutto questo è l'oste Angelo Bissolotti, uno che conosce davvero il ventre di Milano e che se opportunamente stimolato non esita a sfoderare saporosi aneddoti. Il servizio è affettuoso, la carta dei vini ben calibrata con una buona rappresentanza del territorio. C'è infine una sala Liberty per chi non sa fare a meno di un po' di pompa. E persino l'asporto, per fare il tuffo nel passato comodamente a casa propria. Evviva.
Le migliori trattorie sono contraddistinte da 1,2,3 gamberi, a seconda del grado di "eccellenza".