Non è da tutti - no davvero riuscire (per così dire) a parlar male di Garibaldi, e poi dedicargli un piatto che è una puntuale quanto sapida lezione di storia. Intendiamoci: il "Garibaldi" di cui - in metafora - il menu 2022 di Massimo Bottura un po' rovescia il mito è una delle icone (altro che il capo delle camicie rosse) più abusate nella letteratura spiccia degli ultimi anni: la parola Territorio. Che, giustamente risorta, correttamente rivendicata, ma poi declinata in ogni piega di terreno, ogni ombra di campanile e a ogni pie' sospinto, ha finito col bruciare gran parte del suo quid semantico. E che, con una sterzata secca, il tycoon della Francescana (e vari tentacoli esteri, da Dubai a Miami) riporta a valore riferendola all'Italia nella sua interezza. È l'assunto di un libro e del percorso ultimo: il "Vieni in Italia con me", sforzo gustabile, forchettabile (e memorabile) di iniettare nord nel sud ed est nell'ovest senza abiure o pasticci, e con la "concettualità" che tanto Bottura ama negli artisti del suo cuore e che applica al suo lavoro (i tre più recenti viaggi, fin dal primo commovente "With a little help", sorriso generoso e glorioso regalato in piena pandemia). Dell'ultimo fa parte, tra gli altri piatti un babà e un couscous (al gambero); il panettoncino "anche in agosto" con cotechino e lenticchie; la panzanella da bere; l'alice adriatica ex cenerentola e diva; i ravioli "contenitori di idee" e diversi uno dall'altro; la porchetta di rombo; la fiorentina senza carne (se non in fondi; e, a proposito, il menu si gusta senza mai usare il coltello); l'intero mondo del Po e il suo mare esaltati in un unico, ma superbo guscio d'ostrica anche il risotto-parmigiana, mimesi culinaria dell'incontro a Teano tra il Generale e Vittorio Emanuele.Talmente perfetta (solo un caso?) che, come nella storia vera, le polveri e il ricordo di parmigiana sono una tempesta garibaldina di sapori, ma vinta alla fine dalla solidità istituzionale (e la testura perfetta) del riso. Insomma, al governo andranno i Savoia Chiudono dolci "non dolci", eppure sì (super la caprese). Fa contorno un servizio impeccabile e corale e una cantina (e annessi) pilotata da capitan Palmieri su rotte sicure (e persin prudenti sui pairing). Insomma: un modo certo per riconciliarsi con un Paese che è, sì, meraviglioso, come da sottotitolo botturiano, ma quando non si è seduti qui a gustarselo sa farci spesso (e non poco) arrabbiare