Cesare Battisti è un "poeta" del cibo, interprete convinto della cucina milanese contemporanea che lui elabora come tradizione ravvivata da tocchi di genialità. In fondo si specchia nell'edificio che lo ospita, in stile postindustriale e che fronteggia con spavalderia il gigantismo dei vicini grattacieli. Interessante il suo lavoro sul pesce d'acqua dolce, come nel caso della trota dell'Adamello affumicata, insalata di rape bianche agre, rucola e tuorlo d'uovo di selva e del filetto di lucioperca, terrina di patate affumicate, fondo rosso, olive e capperi. Ma come resistere ai classici, vedi il risotto alla vecchia Milano e la trippa di vitello, ferma restando una carta sempre ricca di episodi avvincenti? A pranzo "schisceta" a prezzo fisso (24 euro). Cantina ben fornita di etichette di piccoli produttori, servizio oliato. Rimarchevole la scelta di non far pagare il buon pane e il coperto.