Per fare un buon cinghiale in agrodolce bisogna avere la scrofa, perché il maschietto è più tenace e la carne è più aromatica, più selvatica. Prepariamo la base: mettiamo in un tegamino due parti di aceto, una di vino bianco e due belle cucchiaiate di zucchero, poggiamo sul fuoco e facciamo bollire. Nel frattempo, in un'altra pentola, versiamo due becche d'aglio schiacciate, una bella manciata di pinoli, una cucchiaiata di uva sultanina, un nonnulla di origano, un pò di finocchietto selvatico, una grattatina di noce moscata, sale grosso e una "puncicatina" di zucchero. Mezzo bicchiere di vino bianco e poniamo sul fuoco senza olio, il tutto deve solo ammalvirsi. Appena l'uvetta si gonfia, aggiungiamo l'olio per fare il soffritto. Mettiamo la carne, un pò di sale grosso e smuciniamo. All'inizio il fuoco deve essere vivace, per far rosolare bene la carne, almeno per cinque minuti. Tritiamo finemente un pò di scorza di limone, facendo attenzione a non prendere la parte bianca amara. Spargiamolo sul nostro cinghialetto, darà un tocco di freschezza incredibile, e, dulcis in fundo, versiamo in pentola tutto il misto di vino e aceto dell'agrodolce. Con questo brodo di cottura il cinghiale deve cuocere per una ventina di minuti, con il coperchio. Passato il tempo giusto, scopriamo e controlliamo: l'aspetto è invitante e la consistenza sembra giusta. Non rimane, come sempre, che fare il doveroso test.